Se vendete aggeggi di qualsiasi tipo, anche di dubbia utilità, state tranquilli lo Stato aiuterà la vostra azienda a sopravvivere. Se invece per caso voleste offrire alle giovani generazioni quella strana cosa chiamata “educazione” – per altro in modalità pienamente riconosciuta (anzi “parificata”) per l’Italia e per l’Europa – allora niente da fare, la vostra azienda può morire. Anzi “deve” morire. Come è possibile tutto questo? Ce lo spiega Fratel Donato Petti, già direttore del trimestrale “Rivista Lasalliana”, presidente delle scuole Cattoliche della Fidae Campania e direttore dell’Istituto paritario Villa Flaminia di Roma.
Fratel Donato, qual è la situazione di questa pandemia che sta uccidendo le scuole paritarie, anche quelle cattoliche?
La situazione delle scuole paritarie in generale e delle scuole cattoliche in particolare è una situazione assai precaria in sé e per sé. Da che cosa è determinata questa precarietà? Dal fatto che in Italia – a differenza delle altre nazioni d’Europa tranne la Grecia – non esiste la possibilità data alla famiglia di scegliere liberamente il proprio percorso educativo per i propri figli. Chi desidera una scuola diversa da quella offerta per tutti dallo Stato – perché corrisponde al criterio filosofico o religioso o etico o di qualsiasi natura che ha scelto per l’educazione dei propri figli – deve pagare prima le tasse per mantenere la scuola statale e poi una retta scolastica per frequentare una scuola diversa da quella dello Stato. Ora tutto questo è precario, perché lo Stato non riconosce la libertà di scelta educativa e quindi lascia in balia di sé stesse le scuole paritarie. In realtà, c’è un riconoscimento giuridico: cioè queste scuole sono paritarie, vale a dire “pari” a quelle dello Stato, grazie alla legge 62 del 2000 che assegna la possibilità giuridica di emettere titoli uguali a quelli che emettono le scuole statali. Ma di fatto lo Stato non aiuta in nessun modo queste scuole non-statali, che si devono mantenere in vita con le rette pagate dai genitori che mandano i figli in queste scuole.
Questa è la situazione che c’è sempre, purtroppo, ma in questo momento le cose vanno ancora peggio. Perché?
La vita scolastica sic et simpliciter come è stata sempre fatta, cioè in classe con le lezioni, è sospesa perché quello che si può fare oggi – e lo fa egregiamente sia la scuola statale che la scuola paritaria – è venire incontro ai bambini e giovani in modalità on-line, dando il massimo che si può dare di cultura, di attenzione educativa e di supporto. Però, mentre questa sospensione per le scuole statali non comporta sotto il profilo economico nulla di particolare, perché i docenti sono pagati regolarmente dallo Stato anche se sono in casa a fare lezione on-line ai ragazzi e le famiglie non pagano; quindi tutto è abbastanza tranquillo. Per le scuole paritarie questo è totalmente diverso perché le famiglie ritengono di non dover pagare la retta per questo periodo, per cui, non incassando le rette e dovendo pagare i docenti… tutti capiscono che qualcosa non funziona più. Per cui i gestori siano essi laici o famiglie religiose o diocesi o istituzioni di natura morale a questo punto si domandano come fare ad andare avanti, perché si trovano di fronte a genitori che – non ritenendo di ricevere un servizio completo – non sono disposti a pagare la retta. E quindi molti di questi gestori di queste scuole si stanno seriamente domandando se chiudere definitivamente la scuola a settembre, per cui questi ragazzi dovranno per forza di cose andare in altre scuole o statali o paritarie che riescono a mantenersi.[…]
Per il testo integrale dell’intervista, pubblicata su Pepe online il 28 aprile 2020, CLICCA QUI