Padre Giuseppe Tagliareni: “occorre accettare di soffrire per il Vangelo”

A Roma S. Paolo rimase prigioniero per due anni, in attesa del giudizio dell’imperatore. Nel frattempo ebbe modo di considerare la sua condizione di apostolo in catene per il Vangelo di Cristo, morto e risorto per noi. Scrisse diverse lettere e parlò liberamente di Gesù a tutti quelli che vennero a trovarlo, nella casa dove stava con un soldato di guardia. Vede l’azione potente di Dio, che nessuno può tenere in catene. A Timoteo, suo discepolo prediletto, scrive di non vergognarsi del Vangelo e di lui che ne è messaggero, apostolo e maestro.

Dio ci ha chiamati con una vocazione santa, secondo un disegno nascosto da secoli e ora manifestato alle genti: quello di darci la pienezza della vita in Cristo, che ha vinto la morte. Lo esorta ad essere forte nella fede, a ravvivare il dono ricevuto mediante l’imposizione delle sue mani, cioè il sacerdozio; ad accettare di soffrire per il Vangelo.

Molti come i Sadducei al tempo di Gesù, non credono nella risurrezione della carne, ma piuttosto nel nulla o nella reincarnazione. Non conoscono le Scritture, né la potenza di Dio.  Egli ci ha creati per l’eterno e gli eletti saranno come gli angeli di Dio. I corpi risorgeranno e si uniranno alla propria anima. “Con i miei occhi vedrò Dio”, dice Giobbe.

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