“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). In questa meravigliosa promessa si rivela il cuore del Creatore e il senso della vita. Ci sono due banchetti: uno sulla terra e uno nel Cielo. Il primo è quello preparato dalla persona umana nel suo cuore; il secondo è quello preparato da Dio nel Suo Paradiso. È Dio stesso che prende l’iniziativa di venire a chiamare l’uomo durante la vita terrena. Egli sta all’uscio e bussa, ma non sfonda la porta; chiama, si fa riconoscere come amico, anzi come il più grande degli amici e chiede di entrare. Se uno l’ascolta e gli apre, allora entra e rimane a dolce colloquio con la persona amata e le comunica tante cose importanti, da cui può dipendere tutta la sua vita terrena e la sua stessa eterna felicità.
Qual è la porta a cui Dio bussa? È la porta del cuore, cioè la coscienza, che è la cosa più intima dell’uomo, dove egli è presente a se stesso, controlla i suoi pensieri, i sentimenti e le decisioni sulle cose da fare. È la parte più alta e nobile dell’uomo, che lo distingue dalle bestie, le quali non riflettono su ciò che fanno né possono prendere decisioni libere. L’uomo invece, pensa e valuta ogni cosa, si dirige ad un fine, sceglie i mezzi, opera e fa tante cose belle o brutte, e quando fa il male prova rimorso e disgusto di sé; al contrario, quando fa il bene, sente pace e soddisfazione nel cuore. Ora, Iddio vuole entrare proprio nella coscienza dell’uomo, nel luogo dove egli è presente a se stesso e prende le sue decisioni, per aiutarlo a gestire bene la sua libertà, a ben vivere e condurlo dolcemente ad attuare il disegno divino che c’è su di lui, perché diventi un capolavoro d’amore, adatto al tempo e al luogo in cui gli è dato vivere fino alla morte. Allora gli sarà spalancata la porta del Cielo e sarà Dio stesso a farlo sedere a mensa con i Santi di Dio nel banchetto eterno.
Qual è il banchetto che l’uomo ha da preparare al Signore nel suo cuore? I “piatti” forti sono tre: i pensieri, i desideri, le decisioni. Occorre che questi siano secondo il gusto del divino Ospite: i pensieri devono essere secondo verità, non la verità degli uomini ma quella di Dio, quella che è espressa nelle sacre Scritture; i desideri devono nascere in consonanza col cuore di Dio, cioè devono corrispondere a ciò che Lui desidera per noi e per il prossimo; le decisioni devono promuovere almeno un passo verso il Regno di Dio e la Sua giustizia, che devono stabilirsi nel mondo. In tal modo l’uomo fissa in Dio intelletto e volontà, che sono le due facoltà dell’anima che l’innalzano sulle bestie e sul mondo materiale, destinato a passare. Così si realizza quel “cammina davanti a Me e sii integro” (Gen 17,1) a cui è promessa una alleanza perenne ed una abbondante Benedizione. Ciò che Dio fece con Abramo, Gesù lo fa con ogni uomo che gli è fedele e lo rende padrone del suo cuore. Egli è venuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza, cioè eterna e piena.
Il dolce colloquio che Gesù-Dio intavola con l’anima che lo accoglie equivale ad un vero fidanzamento. Egli, infatti, è lo Sposo promesso della Chiesa e dell’anima. La sua vita terrena fu una piena dichiarazione del suo amore per gli uomini e di grandi promesse per il futuro, promesse di felicità eterna nel suo Cielo. L’anima a sua volta promette eterno amore e fedeltà assoluta. Gesù dimostra il suo amore intervenendo in tutte le necessità dell’anima, molto spesso senza che questa se ne accorga. Ci vuole un occhio molto attento per vederlo all’opera. Essendo Dio, egli agisce in modo soprannaturale e onnipotente. È lui che dispone tutto: circostanze, incontri, aiuti, tribolazioni, successi ed insuccessi, tutto secondo la volontà del Padre. L’uomo deve essere messo alla prova, un pò come Giobbe; deve subire molte tentazioni e passare molte tribolazioni. In tutto deve dimostrarsi fedele nell’amore a Dio e al suo Cristo, quale Sposo promesso.
Durante tutto il suo percorso terreno l’uomo subisce le ripetute incursioni di Satana, che tenterà tutto per distoglierlo dal raggiungere Dio. Ad esso si associano il mondo e la carne: l’uno è totalmente sotto il Maligno, mediante il peccato imperante, le ingiustizie stabilite, le mode in voga, gli spettacoli scandalosi, la visuale di una vita senza Dio presente nei mass-media, etc.; l’altra è ormai corrotta e tendente alla soddisfazione delle sue passioni senza alcun freno né regola. L’insieme di questi tre fattori, (Satana, il mondo e la carne) procura una continua messa alla prova dell’anima amante di Dio, per non cedere al male. Tutto ciò rende difficile la vita, ma dà all’anima la possibilità di dimostrare il suo amore e la sua fedeltà al Signore. In verità tutto è dosato con sapiente mano e nessun uomo è tentato oltre le sue forze. Se l’anima vuole Dio, non peccherà e si allontanerà dal male, nonostante le molte occasioni di peccare. Il peccato è preferire le creature al Creatore e il secolo presente a quello futuro ed eterno; è esaltare l’io anziché sacrificarlo a Dio; è togliere Dio dal cuore per sostituirlo con altri amori illeciti ed adulterini (una persona umana fatta idolo, il denaro, la salute, la carriera, il divertimento, le cose del mondo, la ricchezza, etc.). Nelle varie prove l’anima deve dimostrare che ama Dio sopra ogni cosa, fin anche la propria vita terrena e per Lui è pronta a qualunque sacrificio, proprio come un amante innamorato.
Tutta la vita così è una ricerca dell’Amato perché diventi il padrone del proprio cuore e il signore delle proprie scelte. E l’amato può essere o Dio o ciò che si mette al posto di Dio, cioè Satana, a volte nascosto dietro i falsi beni della terra. Alla morte si vedrà a chi si è dato il cuore e si capirà anche il senso delle opere compiute finché si era in vita. Quanto sarà beato l’abbraccio dell’anima con Dio! E quanto sarà terribile la cacciata dal Cielo e la caduta nelle fauci del dragone infernale! E ciò per tutta l’eternità! Dopo la morte infatti, non si cambia più e ognuno avrà per sempre il padrone che si è scelto liberamente: Dio o Satana. La differenza è abissale, perché Dio è la felicità, Satana è la maledizione e la disperazione eterna.
Gesù, ospite divino che viene nell’anima, suole dare tre doni quali pegni d’amore: la Parola di Dio, il Pane Eucaristico, la sofferenza. La prima rivela ciò che pensa Iddio, ciò che Egli vuole e ha nel cuore. Il secondo è Lui stesso fattosi cibo e bevanda di salvezza eterna, anticipo del Cielo, Pasqua attuale per l’anima. La terza è, se accettata per amore, fonte di meriti e di ulteriori grazie, che abbelliscono l’anima fino a renderla degna di entrare nella Gloria, come il suo Signore crocifisso e risorto. Lì allora si consumerà il Banchetto promesso, che non avrà mai fine, come in una perenne festa di nozze, in cui Dio è lo Sposo dell’anima.
Il cammino della vita terrena dev’essere un continuo salire condotti per la mano invisibile di Dio, verso una piena assimilazione a Cristo, prima nella sofferenza d’amore e poi nella Gloria. I vari gradini sono: il superamento dei desideri carnali, il distacco dal mondo e dalle sue seduzioni (vanagloria, ricchezze, potere… ), il compimento del proprio dovere, la resistenza alle tentazioni del Maligno, l’accettazione serena e fiduciosa della volontà di Dio e della sofferenza giornaliera, l’offerta di sé fino al sacrificio compiuto per amore, in unione alla Vittima divina.
Bisogna saldarsi a Cristo nell’intenzione (dare gloria al Padre), nel cuore (amare solo ciò che piace a Lui), nelle decisioni (cercare il Regno di Dio e la sua giustizia), e nelle azioni (amare fino al sacrificio di sé). Bisogna fare tutto per amor suo, dirglielo ad ogni passo e seguirlo nel cammino. Bisogna cercarlo quando scompare e attenderlo con desiderio. Bisogna fargli festa quando viene e bussa: è lo Sposo divino, il più bello tra i figli dell’uomo.
Tra desolazioni e consolazioni, fughe e ricerche, desideri e promesse, appagamenti e slanci d’amore si snoda il dialogo che salva. (Cfr. Cantico dei Cantici). Bisogna interrogare i grandi mistici come San Giovanni apostolo, Santa Maria Maddalena, San Francesco d’Assisi, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce, Padre Pio e mille altri, per conoscere a quali altezze Dio solleva l’anima che si lascia trasformare dal Suo amore. Nel silenzio della preghiera o nella santa liturgia eucaristica, nella clausura del chiostro o tra i boschi e i monti, il dialogo tra Dio e l’anima amante di Lui non si interrompe mai, anzi si intensifica e nulla lo può impedire, perché l’Amato vive dentro il cuore dell’amante e tutta la vita diventa dono d’amore.
Gli appuntamenti più grandi sono i momenti di prova, di abbandono, di dolore, di morte. Come lo sposo e la sposa del Cantico, essi si perdono, si cercano, si ritrovano e il loro amore s’ingigantisce fino alla più perfetta fusione, che si consumerà nelle nozze eterne. I mistici ci dimostrano qual è il fine dell’amore e del dialogo tra Dio e l’anima: fondere i due in uno. Tutto comincia con la creazione della persona umana: fin da allora, nel seno materno, Dio comincia a bussare alla porta dell’anima e la tratta con ogni riguardo per la sua libertà. Egli “sta alla porta”, cioè rimane molto tempo lì a bussare; possiamo dire che Dio tenta per tutta la vita di entrare nel cuore dell’uomo, avvolgendolo con i raggi del suo amore, come fa il sole con i fiori, senza stropicciarli. Se l’uomo si apre all’amore di Dio, si salva e gusterà la Sua cena. Nel mistero sacramentale, questa viene anticipata nella Santa Messa: lì Dio parla con la Sua Parola eterna e sempre attuale e si dà in cibo e bevanda di salvezza. Durante la celebrazione avviene una progressiva assimilazione, fino al punto che il fedele amico di Dio può dire con San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,20).
PADRE GIUSEPPE TAGLIARENI