Ecco cinque vie che conducono a Dio e lo fanno conoscere

“Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora… poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti” (Os 6,3-6). La conoscenza di Dio è indispensabile per salvarsi e poco tempo abbiamo. Come si fa a conoscere il Signore? Ecco cinque vie che conducono a Dio e lo fanno conoscere.

La preghiera

Pregare è avere un contatto diretto con Dio, è aprirsi alla Sua presenza, che è dappertutto. Dio ama farsi conoscere e abitare nel cuore dell’uomo. Gesù pregava sempre, i Santi pregavano molto e raccomandavano di pregare: “Pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito” (Ef 6,18), dice San Paolo ai suoi discepoli.

Come pregare? Col cuore più che con le labbra, sintonizzando la propria anima con lo Spirito Santo. Si possono fare a Dio lodi, benedizioni, suppliche, ringraziamenti; si può pregare nel silenzio, nella meditazione, nella contemplazione, nel lavoro, di giorno e di notte. Nella preghiera Dio si comunica e si fa conoscere volentieri come Padre, come Amico, come aiuto potente. Egli legge nei cuori. La preghiera è Suo dono gratuito. Chi prega, è ammesso subito al cospetto di Dio.

La preghiera non è buona quando è fatta solo di parole, di riti vuoti di attenzione e di amore, fatta per farsi vedere o per tacitare la coscienza: una preghiera così non raggiunge Dio e non riempie la vita, né dà forza e non piace a Dio (vedi Mt 6,5-8). La preghiera dev’essere animata d’amore, da desiderio di piacere a Dio, di unirsi a Lui e di fare la Sua volontà sempre meglio.

La creazione

La prima rivelazione di Dio è la creazione: tutto l’universo nella sua immensità e bellezza parla di Dio e ne fa intuire la bontà, la potenza, la perfezione, la presenza provvidente e benigna. Egli è   – dicono tutte le cose create – Egli ci ha fatto e noi siamo Suoi.     “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento” (Sal 19,2): chiunque può ascoltarne la voce e capirne il messaggio: Io sono! – dice Dio – Io ho fatto tutte le cose ed esse sono quali le ho volute. Esse cantano la mia gloria. Anche tu, uomo, sei mia creatura: Io ti ho voluto e ti ho creato per amore, non per bisogno. Sono Io che do la vita. Cercami e mi avrai! Adorami! Solo Io sono Dio (cfr. Sal 103; Sir 42, 15-43,33).

La creazione parla di Dio solo a chi la sa guardare con meraviglia, con stupore, con amore. “Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore” (Sap 13,5). E quando si entra in risonanza con l’Autore, si sprigiona una gioia profonda: è come se l’anima arriva alle sorgenti della vita e della bellezza. Si scopre l’ordine delle cose, la loro bontà primigenia, la loro collocazione provvidenziale che permette all’uomo di vivere e operare. La creazione porta a Dio quando fa sgorgare la preghiera di lode, di contemplazione, di adorazione; non porta a Dio quando imprigiona nel finito; allora diventa ambiente selvaggio, preda, terreno di conquista, merce di scambio, discarica…

La Parola di Dio

Dio parla agli uomini: li chiama, si fa conoscere, si comunica a loro, indica il bene e il male, li avverte, dichiara i suoi giudizi e i suoi intendimenti, li avvisa, li rimprovera, predice il futuro, insegna loro a pregare, a pensare, a giudicare, ad amare, ad essere uomini veri e infine figli di Dio perfetti e santi. La Parola di Dio è rispettosa della libertà umana. Essa non violenta nessuno: viene pronunziata per trasmettere un messaggio a chi ascolta. Essa rispetta la mente e la coscienza dell’uomo: propone un contenuto che può essere rifiutato.

“Ecco, Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ode la mia voce e mi apre la porta, Io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con Me” (Ap 3, 20). La porta rappresenta il cuore: ogni uomo lo apre se e a chi vuole. Chi si apre a Dio, si salva; chi si chiude alla Sua Parola, si condanna da sé alla perdizione. Dio parla nell’intimo con parole, luci, ispirazioni, ma non sempre viene ascoltato. A volte parla con rimproveri che danno rimorso nella coscienza. A volte parla con i fatti della vita. La Bibbia è il libro sacro che riporta i fatti e le parole di Dio fin dai tempi antichi,  da Adamo ed Eva fino alle prime comunità cristiane. Ogni uomo che vuole salvarsi deve conoscere la Parola di Dio e perciò deve possedere, leggere, amare e praticare la Bibbia.

La Parola di Dio in persona è Gesù: Verbo fatto carne nel grembo della Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo. “A coloro che l’accolsero, diede potestà di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Il mistero cristiano sta tutto qui: “Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Si  tratta di saperlo accogliere e lasciare che operi dentro di noi. Il termine della sua operazione è renderci in tutto simili a Lui, Gesù Cristo, l’uomo-Dio. La divinizzazione dell’uomo comincia con l’ascolto della Parola di Dio, procede con la Liturgia eucaristica e col sacrificio concreto della vita e si consumerà nella gloria dei Cieli.

Lamore

L’amore, quando è puro e genuino, è la cosa che più parla di Dio, in un linguaggio che tutti possono capire. Dio è amore e chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio in lui” (1 Gv 4,16). Di quale amore si tratta? Non dell’amore interessato o di concupiscenza, ma dell’ amore oblativo, di carità, di donazione fino al sacrificio.  L’amore vero è gratuito, è una forza che nasce dal cuore e va al cuore della persona amata: la prende com’è, la rispetta, la colma di favori, di attenzioni, di benevolenza. “L’amore è paziente, è benigno; non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,4-7).

L’amore è una virtù unitiva: ha una carica stupenda che innalza a Dio, che è sempre primo nell’amore; porta a fondersi con la persona amata. Dalla comunione scaturisce la gioia, segno della presenza dello Spirito di Dio. “Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo” (Ct 8,7). L’amore è la potenza che trasforma il mondo e fonde l’anima con Dio. “Chi non ama, non ha conosciuto Dio” (1 Gv 4,8).

Il dolore

L’ultima via per conoscere Dio è il dolore. La sofferenza segna la vita dell’uomo dalla nascita alla morte e naturalmente invoca un sollievo. Ma vi sono occasioni in cui il dolore si fa più forte: un lutto, una malattia grave, un rovescio di fortuna, un’offesa, una ingiustizia, un incidente, una separazione coniugale subita, la mancanza cronica di lavoro e di sostentamento, un figlio drogato, una grave incomprensione, una persecuzione, una guerra…Quando la malasorte si accanisce come fu per Giobbe, si arriva al limite della pazienza e della resistenza umana; l’uomo sperimenta l’insufficienza delle sue forze a fronteggiare il pericolo o a uscirsene indenne. Allora spesso innalza lo sguardo e il grido a Dio per chiedere soccorso. È allora che sperimenta Dio come Salvatore, come aiuto potente che supera quello degli amici, quand’anche questi non ci condannano e non ci abbandonano. Nel momento estremo della vita, quando tutte le voci cessano e l’anima si trova sola davanti al mistero della vita che finisce sulla terra, Dio si fa presente e offre nuova vita avvolti dalla Sua Misericordia. Nel dolore profondo l’uomo trova Dio e trova anche il senso del dolore, il suo valore redentivo e di purificazione dell’anima, la somiglianza col Cristo crocifisso, la speranza certa di una Salvezza divina, di un frutto abbondante, d’un futuro beato in Cielo, se non sulla terra. La vicinanza di Gesù piagato nelle mani e nei piedi per nostro amore non si sperimenta mai così fortemente come quando si è a nostra volta trafitti. Ma è proprio allora che il più alto amore trionfa e si conosce veramente Dio: un Dio che si fa partecipe della nostra condizione umana fino a morire per noi e con noi, in Cristo.

 

PADRE GIUSEPPE TAGLIARENI

 

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