L’ultima “gaia” ideologia di Cuba

Come aveva visto molto bene prima dell’implosione del sistema comunista il filosofo cattolico Augusto Del Noce (1910-1989), la nuova sinistra è passata dalla lotta di classe al radicalismo di massa, dalla rigida “legalità socialista” all’opposizione ad ogni forma di “repressione” morale o sociale. Gli ex-, post-oneo-comunisti, insomma, si sono progressivamente acclimatati al libertinismo spinto, facendo propria persino la “liberale” agenda omosessualista.

In uno degli ultimi ridotti ufficiali del comunismo, l’isola di Cuba, ha destato per esempio notevole scalpore negli osservanti dell’obbedienza marxista-leninista-castrista il recente “Gay pride socialista”, organizzato dai maggiorenti del partito a L’Avana il 9 maggio 2017. Anche i più tardi della vecchia dirigenza politica cubana, infatti, sono entrati in crisi assistendo a questa clamorosa carnevalata e, pochi mesi dopo, sono caduti definitivamente KO con l’elezione (si fa per dire) del nuovo Capo dello Stato della Repubblica socialista Miguel Diaz-Canel, definito dal Corriere della sera«una figura particolare sotto diversi punti di vista. Da giovane ascolta musica rock, porta i capelli lunghi e inaugura un locale per la comunità gay dell’isola» (cit. in Miguel Diaz-Canel, ecco chi è il nuovo presidente cubano, Il Corriere della sera.it, 19 aprile 2018).

Dopo aver vissuto e applicato per molti anni le minacce e le sanzioni della “legge anti-sodomia”, abrogata dal regime solo nel 1979, l’antica guardia ha ceduto infatti definitivamente il passo ai nuovi dirigenti “rosso-arcobaleno” che, da parte loro, hanno visto solo nel 1997 la riforma del codice penale castrista che, fino allora, incriminava i colpevoli di atti sessuali compiuti tra persone dello stesso sesso.

La madrina del nuovo corso omosessualista cubano, a dire il vero, è stata già la nipote del Líder máximo Fidel, e figlia del fratello di questi, Raúl Castro, Mariela Castro Espín. Quest’ultima, classe 1962 e più o meno accreditati studi di psicologia alle spalle, sta promuovendo infatti da una decina di anni numerose campagne d’informazione ed“educazione”lgbt, grazie al “Centro Nacional de Educación Sexual de Cuba” (CENESEX), da lei diretto e abbondantemente finanziato dallo Stato comunista.  Lo stesso Raúl Castro, nell’agosto del 2014, è stato il latore di una sua proposta di legge sulle “discriminazioni di genere” clamorosamente bocciata dall’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, con il primo voto contrario nella storia del Parlamento cubano. Le pressioni sul papà, comunque, non sono cessate, tanto che Raúl ha dovuto per esempio officiare poco dopo all’assegnazione alla memoria del primo premio istituito dal CENESEX alla moglie Vilma Espín Guillois (1930-2007), ingegnere chimico, femminista e membro del Comitato centrale dell’Ufficio politico del Partito comunista cubano dal 1980 al 1991, madre appunto di Mariela Castro. Tutto in famiglia, quindi, nel più classico stile nepotistico già inaugurato dalla “monarchia comunista” Nordcoreana…

Detto questo non poteva quindi sorprendere(almeno gli osservatori più attenti) la designazione del successore di Raúl, il quale ha realizzato la perfetta e acriticamente raccontata trasformazione soft del Pcc in Partito Radicale di Massa se il suo “merito”, sbandierato anche dai grandi media occidentali, è quello di avere inaugurato un locale dove si adesca e/o esercita la prostituzione lgbt. Questo è il tipo di nuova occupazione che vogliono creare per i giovani i “socialismi del XXI secolo”?

Ma tant’è e, per la prima volta, a comandare Cuba non sarà più un Castro, bensì un giovane che non ha vissuto la rivoluzione che portònel 1959 alla fine della dittatura di Fulgencio Batista. Díaz-Canel, nominato il 19 aprile 2018 dall’Assemblea nazionale cubana in quanto candidato unico alla presidenza, è infatti nato poco più di un anno dopo l’entrata delle truppe di Fidel Castro all’Avana.

Già primo vicepresidente del Consiglio di stato e del Consiglio dei ministri, Díaz Canel dovrà ancora in qualche modo render conto al presidente uscente Raúl Castro, che perciò rimarrà al vertice del partito comunista fino al 2021.

Ingegnere di formazione, Díaz-Canel ha scalato tutti i gradini del partito comunista cubano. Ne è stato leader in due delle province più importanti dell’isola: quella natia diVilla Clara e poi a Holguín. Ha raggiunto i vertici del partito nel 2003 per diventare ministro dell’istruzione nel 2009 e, nel 2012,accedere alla carica di presidente del Consiglio dei ministri. Da segnalare,inoltre,che Díaz-Canel si è molto battuto negli ultimi anni per assicurare un più ampio accesso a internet in tutto il paese.

Al nuovo presidente spetterà un compito non facile perché Cuba ha sempre più bisogno di investimenti stranieri per far ripartire il sistema industriale e, quindi, cosa di meglio che puntare sugli “ambasciatori arcobaleno”? Il corso gay-friendly della nuova presidenza cubana, però, non ha fatto anche da questo punto di vista i conti con Donald Trump, oggi il maggiore avversario delle pretese Lgbt in tutto l’intero continente americano. Tanto più che i rapporti con gli Stati Uniti già languono da tempo, con il presidente repubblicano che poco più di un anno fa ha cancellato l’accordo anti-embargo raggiunto da Barack Obama e Raúl Castro. Al momento, quindi, l’ambasciata statunitense all’Avana resta aperta, ma con personale ridotto.

Non appena eletto con 603 voti sui 604 deputati del parlamento monocamerale della Repubblica castrista, Diaz-Canelha subito assicurato che «la rivoluzione continua». Il quotidiano El Nuevo Herald di Miami ha sottolineato un paradosso sul nuovo capo politico cubano: «il cammino alla presidenza di Díaz-Canel è sostenuto da meno dell’1% dei voti degli 8,6 milioni di elettori».L’11 marzo 2018, infatti, si sono svolte le elezioni per il Parlamento cubano. I deputati si sono insediati il successivo 19 aprile, nominando subito il nuovo capo di Stato e di governo. La Costituzione cubana stabilisce che il presidente deve essere eletto tra i parlamentari, ma solo gli elettori del distretto numero tre della città di Santa Clara, dove si è presentato Díaz-Canel, sono riusciti a votare direttamente per il presidente.Il governo cubano non pubblica le cifre ufficiali di voti per distretto né il numero di voti per ogni deputato ma, secondo un conteggio approssimativo, nel municipio di Santa Clara sono residenti 208.506 persone con più di 14 anni (censimento del 2016). «Con il 92,85% dei voti validi, Díaz-Canel è stato scelto da 39.305 residenti di Santa Clara, ovvero lo 0,45% degli elettori cubani», si legge sul Nuevo Herald

In una recente intervista telefonica anche lo scrittore e blogger dissidente cubano Orlando Luis Pardo Lazo, ha spiegato come la retorica del castrismo non è destinata a cambiare neanche in questo passaggio storico.«Loro diranno sempre che è necessario portare avanti nuovi cambiamenti – ha sostenuto -. È una frase di Fidel Castro: “La rivoluzione cambierà tutto quanto deve essere cambiato”. Ma finché a Cuba sono vietati il diritto all’organizzazione politica fuori dal Partito Comunista Cubano, come recita l’articolo 5 della Costituzione, e l’organizzazione politica giovanile fuori dall’Unione dei Giovani Comunisti, imposta dall’articolo 6 della Costituzione, nulla cambierà» [cit. in Rossana Miranda, Ecco cosa (non) succederà nella Cuba post-Castro. Parla il dissidente Pardo Lazo, in Formiche.net, 19 aprile 2018].

Pardo Lazo ricorda l’iniziativa referendaria promossa da Rosa María Paya, figlia di Oswaldo Paya, attivista cubano morto in un misterioso incidente nel 2012. “Si vuole convocare un referendum per chiedere ai cubani se vogliono modificare alcuni articoli della Costituzione – spiega il dissidente -. Con le leggi attuali, i giovani cubani sono condannati da qui all’eternità al sistema che regge in questo momento a Cuba. Non c’è spazio per alcun cambiamento politico».

Cosa succederà allora a Cuba dopo l’addio di Raúl Castro alla presidenza? Per Pardo Lazo si avvierà un processo formale e visibile di tre poteri che finora, nei mandati di Fidel e Raúl Castro, erano concentrati nella figura del Capo dello Stato: la presidenza del Consiglio di Stato, la presidenza del Consiglio dei Ministri e la presidenza dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare: «Si comincia una fase di allenamento per la transizione. In questa sessione si parlerà di queste nomine, che saranno affidate a tre persone di assoluta fiducia del regime, ma non della guida del Partito Comunista Cubano, che resta a Raúl Castro. Non penso però che ci saranno conseguenze politiche» (art. cit.). E dunque a L’Avana il regime rimane lo stesso dal punto di vista politico-costituzionale e, probabilmente, l’unica vera novità sarà che il rosso diventerà sempre più arcobaleno, spostando l’avanguardia lgbt nei Caraibi. Ma questa potrebbe diventare una vittoria di Pirro…

GIUSEPPE BRIENZA
In Corriere del Sud n. 3,
anno XXVII/18, p. 3

 

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