Un falso mito del Novecento: Salvador Allende, icona del progressismo
Il “mito”di Salvador Allende (1908-1973) sta lentamente crollando. La sua elezione alla presidenza del Cile nel 1970 è ancora presentata come un evento epocale, pomposamente battezzata “la via cilena al socialismo”, la prova vivente che il comunismo poteva andare al governo per via democratica. Il suo rovesciamento ad opera di Pinochet l’11 settembre 1973, scosse le sinistre mondiali fino alle fondamenta, inducendole a farne un mito, che dura ancora oggi. Per mantenerlo vivo si continuano a pubblicare libri, come quello di Luciano Aguzzi, «Salvador Allende. L’uomo, il leader, il mito» (Ediesse, 2003), o si girano film, come Salvador Allende, di Patrizio Guzmán, una coproduzione tra Belgio, Cile, Francia, Spagna, Germania e Messico (2005).
Oggi, però, questo mito comincia a crollare, demolito dai documenti che un solerte ricercatore cileno, Victor Farías (insegna storia all’Università del Cile), ha ritrovato negli archivi dell’ex-Germania Democratica e sta divulgando nonostante difficoltà ed ostracismi. Questi documenti svelano il vero Allende, che emerge come un mediocre studente di medicina e politico, oltre che fervente seguace delle teorie eugenetiche di stampo nazista, al punto da proporre nel 1938 un progetto di legge per sterilizzare i malati di mente. Antisemita dichiarato, egli acconsentì all’accordo segreto fra il governo del Fronte Popolare e la Germania nazista che concedeva a quest’ultima perfino l’uso militare di un’isola nel Pacifico.
Farías, che nel passato si è interessato alle infiltrazioni nazionalsocialiste nel suo Paese («Los nazis en Chile», Santiago, 2006), ha cominciato a scovare documenti che dimostrano un imbarazzante connubio fra i socialisti cileni e gruppi hitleriani. Il suo libro «Salvador Allende: Antisemitismo y eutanasia» (Santiago, 2005) ha suscitato una fortissima polemica internazionale non ancora sedata. In seguito, ha pubblicato «Salvador Allende: el fin de un mito» (Santiago, 2006), con nuove e sorprendenti rivelazioni.
Le ricerche di Farías sulle infiltrazioni naziste nella sinistra cilena prendono spunto da un fatto increscioso.
Nel 1963 la Repubblica federale tedesca sollecitò presso il governo cileno l’estradizione di Walter Rauff, già ufficiale delle SS e responsabile di molteplici crimini di guerra, compresa la deportazione di centinaia di civili milanesi verso i campi di sterminio nel 1942. Stretto collaboratore di Adolf Eichmann, Rauff era uno dei responsabili per il funzionamento delle camere a gas. L’istanza tedesca fu, però, respinta dal presidente Eduardo Frei Montalva (DC).
Nell’agosto 1972 Simon Wiesenthal tornò alla carica, consegnando all’allora presidente Salvador Allende un dossier su Walter Rauff e pregandolo di avviare la procedura di estradizione. Vista l’affiliazione politica del Presidente, il noto “cacciatore di nazisti” si aspettava un gesto amichevole. Con enorme sorpresa, Allende non solo rispose negativamente, ma rifiutò persino di discutere l’argomento.
Racconta Farías: “Stavo scrivendo «I nazisti in Cile» quando Wiesenthal mi chiamò e mi chiese se sapevo chi fosse davvero Salvador Allende. Mi raccontò che quando era stato avviato il processo al nazista Walter Rauff, un uomo vicino a Adolf Eichmann, considerato l’ideatore delle camere a gas, lui aveva scritto al presidente cileno Allende affinché lo aiutasse a consegnarlo alla giustizia internazionale. Ebbene, la risposta di Allende era stata una lettera di una freddezza e di una distanza che gli apparve dolorosa e incomprensibile”.
Farias decise allora di approfondire il perché di questo assurdo rifiuto, scoprendo “i numerosi vincoli delle istituzioni cilene [nei vari governi socialisti] con il fenomeno più abietto che ha conosciuto l’umanità e la decomposizione di un’icona costruita ad hoc dalla sinistra internazionale”. Questi vincoli, al suo parere, sono sintomo dei “contatti, coincidenze e perfino simbiosi fra il marxismo e il nazismo, i due movimenti generati dal totalitarismo radicale nel secolo XX. (…) Al di là del loro antagonismo verbale-ideologico, ambedue i totalitarismi in fondo coincidono”.
Molto pericolose sono le idee esposte dal giovane Salvador Allende che, ad ogni piè sospinto, citava Cesare Lombroso, Nicola Pende ed altri noti razzisti sposandone esplicitamente le teorie. Allende difendeva l’idea secondo cui vi sono fattori genetici, e quindi razziali, che fanno propendere alla delinquenza e al vagabondaggio. In particolare, il futuro presidente socialista riteneva indiani, zingari, boemi e giudei “razze geneticamente predisposte alla delinquenza”: “Gli ebrei si caratterizzano per forme specifiche di delitti come la truffa, la calunnia e, soprattutto, l’usura. (…) Questo ci fa supporre che abbiano una predisposizione genetica alla delinquenza”.
Citando numerosi documenti, Farias conclude: “Il giovane medico [Allende] si nutriva decisamente del razzismo scientifico più estremista dell’epoca e delle sue propaggini nell’antisemitismo, tanto da affermare che i supposti difetti degli ebrei non sono attribuibili, come nel caso di tutti gli esseri umani, a condotte e responsabilità individuali, ma a caratteristiche genetiche immodificabili”.
L’antisemitismo non è affatto estraneo al socialismo cileno. Intervistato dal giornalista Eugenio Lira circa i suoi odii più profondi, Carlos Altamirano, Segretario del Partito socialista e compagno politico di Allende, dichiarava senza mezzi termini di nutrire il suo rancore più grande per Mosè, dal quale trae nome la religione giudaica: “Mosè è un vecchio infelice, impotente e amareggiato che non ha fatto altro che traumatizzare l’umanità. (…) Vecchio mascalzone! Con i dieci comandamenti ci ha tolto ogni piacere della vita. Dovremmo avviare un movimento per spedire Mosè all’inferno!”.
In veste di Ministro della sanità durante il governo del Fronte Popolare (1937-1941) Allende affidò a due noti razzisti, il dott. Eduard Brücher e il dott. Hans Betzhold, la messa a punto di un “Programma eugenetico” al fine di “rivendicare le qualità della razza”. Tra le misure di “ingegneria sanitaria”, Allende proponeva la sterilizzazione di tutti i malati di mente. Questa sterilizzazione sarebbe stata imposta con la forza (“carattere punitivo”) tramite gli appositi “Tribunali di sterilizzazione”.
Il dott. Brücher, segretario del Comitato scientifico che consigliava Allende, proponeva di sterilizzare 12mila “degenerati”, al fine di ottenere una “razza sana” nell’arco di duecento anni. Egli consigliava, inoltre, la sterilizzazione degli alcolizzati recidivi.
Nel progetto del Ministro Allende, le malattie veneree e la tossicodipendenza diventavano reati penali, mentre i malati venivano considerati un “problema sociale” e quindi “costretti al trattamento”.
Coerente con le sue teorie naturaliste, Allende, considerava l’omosessualità un problema esclusivamente somatico. Citando gli esperimenti di Steinach, Pézard ed altri, egli proponeva l’impianto coatto di tessuto testicolare nel ventre degli omosessuali al fine di “restituire al paziente un sesso definito”.
Ma le ricerche del prof. Farias hanno portato alla luce documenti ancor più sconcertanti.
Dal 1937 al 1941 il Cile fu governato dal FrentePopular, una coalizione dei partiti comunista, socialista e radicale. Scavando nell’Archivio storico del Ministero degli Esteri tedesco, Farias ha scoperto tre documenti che portano alla luce un episodio tenuto fino ad oggi strettamente nascosto: le trattative segrete della sinistra cilena col governo del Terzo Reich.
Un telegramma datato 21 novembre 1938 dell’ambasciatore del Reich in Cile, von Schoen, rivela che il governo del FrentePopular si era impegnato a “fornire tutte le importazioni necessarie alle industrie sotto controllo statale della Germania, a inviare rame e ferro in quote da fissare, nonché a cedere alla Germania tutti i diritti di pesca ed altri sull’isola di Ipún, nel caso il Reich avesse concesso al Cile crediti per l’industria e materiale bellico per un totale di 150-200 milioni di Reichmark”.
Poi in calce, l’ambasciatore nazista aggiunge una frase assai imbarazzante: “Per il solito corrotto, Grove, avrei bisogno di 500.000 pesos”. Marmaduke Grove era il capo del Partito socialista, nonché mentore politico di Allende. In un telegramma del 6 gennaio 1939 von Schoen informava che “le trattative con il Ministro delle Finanze, il Ministro degli Esteri e il Presidente del Frente Popular Grove aprono eccellenti prospettive”.
Una nota datata 9 gennaio 1939 del consigliere Becker, del Dipartimento di politica economica del Reich a Berlino, solleva il velo su un aspetto assai inquietante di queste trattative: “I cileni coinvolti in questa operazione esigono che il tutto resti segreto, anche nei confronti dell’ambasciata del Cile nella capitale del Reich”. Detto a chiare lettere: la sinistra cilena stava negoziando direttamente con Adolf Hitler, in margine ai canali diplomatici.
JULIO LOREDO
in Corriere del Sud n. 2
anno XXII/14, p. 3