La Chiesa Cattolica esorta vivamente i fedeli laici ad intervenire attivamente in politica

 

Di Maria Luisa Donatiello

 

È lecito chiedersi se l’impegno politico si addica ai laici cattolici, se sia giusto o sbagliato per un credente sporcarsi le mani con la politica e se questo impegno sia da considerarsi nobile e nobilitante. Occuparsi della res publica presso gli antichi latini o amministrare la polis, ovvero la città, presso gli antichi greci era azione lodevole se volta a garantire la giustizia e l’ordine pubblico. La risposta risiede nel Magistero della Chiesa cattolica il cui pronunciamento al riguardo manifesta una viva esortazione, rivolta proprio ai fedeli laici, di intervenire attivamente in politica.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), al n. 899 afferma in proposito: “L’iniziativa dei cristiani laici è particolarmente necessaria quando si tratta di scoprire, di ideare mezzi per permeare delle esigenze della dottrina e della vita cristiana realtà sociali, politiche ed economiche”.

In merito al compito dei Pastori della Chiesa invece viene affermato: “Non spetta ai Pastori della Chiesa intervenire direttamente nell’azione politica e nell’organizzazione della vita sociale. Questo compito fa parte della vocazione dei fedeli laici, i quali operano di propria iniziativa insieme con i loro concittadini. L’azione sociale può implicare una pluralità di vie concrete; comunque, avrà sempre come fine il bene comune e sarà conforme al messaggio evangelico e all’insegnamento della Chiesa. Compete ai fedeli laici animare con impegno cristiano, le realtà temporali, e, in esse, mostrare di essere testimoni e operatori di pace e giustizia” (CCC 2442).

L’insegnamento della Chiesa cattolica definisce vocazione l’impegno politico da parte dei cattolici laici. È dunque una chiamata alla quale il credente può rispondere avendone pieno diritto!

La Chiesa dal canto suo si riserva di pronunciare sempre un giudizio morale su cose che riguardano l’ordine politico: “È proprio della missione della Chiesa dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E questo farà utilizzando tutti e solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni” (CCC 2246).

Tra i doveri dei cittadini la Chiesa indica il rispetto delle autorità civili: “È dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà. L’amore e il servizio della patria derivano dal dovere di riconoscenza e dall’ordine della carità. La sottomissione alle autorità legittime e il servizio del bene comune esigono dai cittadini che essi compiano la loro funzione nella vita della comunità politica” (CCC 2239).

Il fedele laico può per contro però essere chiamato anche al rifiuto d’obbedienza delle autorità civili in presenza di condizioni avverse:

CCC 2242: “Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica”.

Il riferimento al Vangelo appare in questa sede appropriato: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). Conciliare impegno politico e fede cattolica è dunque atto possibile e doveroso.

 

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