I cinque “pani” che Gesù ci fa chiedere nella preghiera del Padre Nostro

Di Padre Giuseppe Tagliareni

 

Il Signore Gesù, nella preghiera del “Padre nostro”, ci fa chiedere, tra l’altro, anche il pane quotidiano. Cosa vuol dire? Cerchiamo di entrare dentro questa filiale richiesta, che solo Dio quale vero Padre e Creatore, autore della vita e di ogni altro bene, può donare. La richiesta dev’essere fiduciosa e quotidiana, perché il bisogno è continuo: la vita va continuamente alimentata, perché vi sia salute, benessere e frutti di buone opere. Chi non mangia abbastanza, deperisce, si ammala e muore. Il pane che Gesù ci fa chiedere può avere tanti significati. Vediamo di individuarli con chiarezza.

 

Il pane materiale

È il significato più ovvio. Nel pane quotidiano viene significato il cibo necessario ogni giorno per vivere, per crescere sani e operare. Ovviamente si include la salute e il lavoro, perché così si hanno i mezzi per procurarselo per sé e per i propri cari. Si chiede la divina Provvidenza, riconoscendo che da Dio viene la vita e tutto ciò che la fa fiorire nel concerto di tutte le creature. Dio, infatti, a tutti provvede, perché la creazione canti la Sua gloria. Ma è ben giusto che glielo si chieda amorevolmente, a nome di tutte le creature, comprese quelle che non sanno o non possono o non vogliono farlo. Chi prega, prega per tutti.

 

Il pane della Sapienza

“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Non c’è solo uno stomaco da riempire, ma una mente da illuminare, perché l’uomo esca dalla sua ignoranza e acquisti la sapienza. L’amore alla verità spinge a sapere sempre di più. C’è allora bisogno di maestri e di discorsi, di colloqui e di scoperte personali, di esperienze e di comunicazione. Ora poiché Dio si è rivelato ed ha parlato agli uomini, è necessario ascoltare la Sua voce e meditare la Sua parola, se si vuol conoscere la verità su tutte le cose: sul senso della vita e della morte, sul dolore e sul male del mondo, su Dio e sull’eternità. Chi non ha le giuste risposte rischia di perdersi per ignoranza o stoltezza nella vita e non conoscere il vero bene e le promesse di Dio. Pane quotidiano allora, significa qui: “Fa che acquistiamo la sapienza della vita che solo Tu, Verità infinita, ci puoi dare, per essere felici con Te”. La fonte della sapienza è la Bibbia, che bisogna saper accostare con umiltà e santo timore di Dio, ascoltandola soprattutto nelle celebrazioni liturgiche, animate dallo Spirito Santo, in cui il popolo di Dio si trova con il Ministro, che esprime il Magistero della Chiesa e nell’omelia “spezza il pane della Parola di Dio” ai fedeli radunati nel Suo Nome.

 

Il Pane eucaristico

La cosa più grande e preziosa che Gesù ci ha lasciato prima di passare da questo mondo al Padre, è stata l’Eucaristia. Nell’ultima sua Cena, Egli consacrò il pane e il vino nel suo Corpo e Sangue e comandò di farlo come suo Memoriale, in modo da rendere presente il Suo divino Sacrificio a favore dei credenti di tutti i tempi e far comunicare alla sua Salvezza: cosa che avviene con la celebrazione della Santa Messa. L’Eucaristia è il dono più grande ed è la fonte di tutte le grazie. Ecco perché Gesù ce la fa chiedere al Padre dei Cieli ogni giorno. Essa è Pane del Cielo, Nuova Alleanza, Agnello del nostro riscatto, Manna celeste, farmaco d’immortalità, caparra della gloria, Dio vivente, Fonte dello Spirito. È il tesoro dei tesori; il Mistero della fede da cui sgorga la linfa vitale per tutta la Chiesa, Corpo di Cristo. Come Pane celeste ci nutre dandoci la vita divina perché possiamo crescere e operare come figli di Dio, con ogni virtù e sapienza. Il segno del mangiare e bere richiama l’assimilazione, ma qui è Cristo che ci assimila a Sé e annunzia il Banchetto del Cielo e le nozze eterne. Come Nuova Alleanza stabilisce il patto ormai perenne tra Dio e i redenti dal sacrificio del Figlio Suo, patto siglato col suo Sangue. Agnello del riscatto, ci redime con l’offerta della sua vita per noi e ci unisce a Lui per la sua Pasqua: passaggio da questo mondo al Padre e dalla morte alla vita nuova. Come Manna celeste è il cibo che ci accompagna nel cammino della vita terrena fino a farci giungere sani e salvi al Cielo, nostra patria eterna. Come farmaco dimmortalità, ci guarisce da tutte le malattie e infermità spirituali, quali l’egoismo, la paura della morte, la vergogna di testimoniare Dio, l’aridità, l’incapacità di perdonare, etc. Come caparra della gloria, ci rende idonei al possesso definitivo del Regno di Dio. Come Dio vivente, è presente realmente sotto le specie del pane e del vino, adorabile, santo e onnipotente. Come Fonte dello Spirito, irradia i suoi raggi e la sua azione santificante della nostra vita, perché possiamo diventare figli di Dio “santi e immacolati” (Ef 1,4; Col 1,22), che impersonano Cristo nel mondo ed essere “un cuor solo e un’anima sola”.

 

Il pane da donare

Per non chiudersi nell’egoismo è necessario guardare agli altri, scoprire i loro bisogni ed aiutarli sia materialmente che spiritualmente. Gesù ci fa chiedere allora, il pane da spezzare agli altri, per imitare lui che si fece “pane” e si offrì in sacrificio per noi, dando la sua vita. È il pane della carità, dell’aiuto concreto da dare secondo le necessità del nostro prossimo: povertà, emarginazione, ignoranza, lutto, malattia, solitudine, etc. È il pane della misericordia da dare al misero, a chi ci chiede aiuto e anche a chi non lo chiede, ma si trova in miseria materiale o spirituale. È il pane del perdono che se dato con amore può ristabilire relazioni ferite, senza farle andare in cancrena. La carità e la misericordia vanno esercitate ogni giorno e sono la materia prima del Regno di Dio, la regola sicura e la merce di scambio. Chi non ce l’ha, non entrerà nel Cielo. Perciò vanno chieste ogni giorno.

 

Il pane della consolazione

La vita terrena è segnata dal dolore dalla nascita alla morte. Si inaugura nel pianto e si estingue nel pianto, nonostante i vari tentativi di lenire il dolore e di eliminarlo in tutti i modi. La scienza cerca di scoprire vie indolori e farmaci che addormentano la sensibilità al dolore. C’è chi cerca di alienarsi con alcol e droghe pesanti pur di non soffrire. C’è anche chi fugge nell’evasione, nei meandri della magia e del satanismo. Gesù conosce bene il cuore dell’uomo e sa che egli rifugge il patire, anche se questo gli darebbe buoni frutti e sapienza di vita. Ecco allora farci chiedere il pane della vera consolazione, quella che viene da Dio, Padre buono, che si intenerisce riguardo alla sventura e non gode della morte del peccatore. Se a volte è necessario o inevitabile mangiare il pane dell’afflizione e bere l’acqua della tribolazione (cfr. Is 30,20), Egli “aspetta per farci grazia” (cfr. Is 30,18), ci viene incontro con le Sue consolazioni: “Io cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni. Sazierò di delizie l’anima dei sacerdoti e il mio popolo abbonderà dei miei beni” (Ger 31,13-14).

Dio è “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2 Cor 1,3). Gesù lo sa bene; e quando ci fa dire Padre nostrosa che questo appellativo tocca le corde più intime del cuore di Dio. E se preghiamo nel Nome di Gesù, il Padre non può che riconoscerci suoi veri figli, degni di essere accolti con amore ed esauditi. Cristo infatti, ci giustifica, avendo pagato per i nostri peccati. E se questi meritano castighi e punizioni che affliggono e rendono amara la vita, la preghiera umile e fiduciosa può allontanarli e addolcire le pene e le inevitabili tribolazioni.

La consolazione che viene da Dio è l’unica veramente buona, poiché non ci aliena da Lui né dalle nostre responsabilità, ma piuttosto ci alleggerisce il peso e ci fa sentire vicino il cuore amante del Padre. “Come una madre consola un figlio così Io vi consolerò” (Is 61,13). Quello che Egli ci richiede è di non fuggire da Lui, ma di cercarlo con fiducia e amore di figli, condotti per mano da  Gesù ed accettarlo nel Suo mistero, sapendo che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rom 8,28). Considerando quanto sopra, si vede come è preziosa la preghiera che Gesù ci ha insegnato, specialmente quando la si recita insieme al Sacerdote nella Santa Messa. Lì è presente sull’altare il Sacrificio della Nuova ed eterna Alleanza, che soddisfa pienamente ogni giustizia e tutto ottiene dal Padre.

Maria SS. intercede per noi con la sua grazia, per i meriti del Figlio suo Gesù. Lei è come la migliore e perfetta madre di famiglia, che apparecchia la tavola per i suoi cari, perché abbiamo l’alimento necessario per vivere e insieme possano gioire del banchetto. La madre è sempre colei che dà la vita e lalimenta, colei che meglio crea l’atmosfera bella della casa, in cui i figli radunati attorno alla mensa possano gioire della piena comunione col padre di famiglia e tra di loro, come veri figli e fratelli. Questo suo compito materno Essa lo svolge soprattutto nella Santa Messa e nei Cenacoli mariani, che perciò sono veramente “nutrienti” e utilissimi alla vita personale ed ecclesiale.

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