Cinque cose da sapere per prepararsi alla buona morte

Di Padre Giuseppe Tagliareni

La morte è una dolorosa e ineluttabile necessità: “Nessuno può riscattare se stesso… per vivere senza fine, e non vedere la tomba” (Sal 49,8.10), dice la Scrittura. E tutti ben sappiamo che chiunque nasce, dovrà prima o poi morire, poiché non abbiamo qui residenza stabile (cfr. Eb 13,14) e siamo stati creati per l’eternità, per il Cielo. Preparati all’incontro col tuo Dio” (Am 4,12), dice la Bibbia, “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,35-37).

L’incontro con Dio alla fine della vita terrena è decisivo per la destinazione finale dell’uomo: o la gioia e la vita eterna nel Paradiso o la maledizione e la pena eterna nell’Inferno. Chi è destinato al Paradiso, potrà anche passare dal Purgatorio per ottenere la completa purificazione dell’anima; ma la sua salvezza è certa. Invece, chi va all’Inferno sarà infelice in eterno. Lì vanno coloro che muoiono in peccato mortale e cioè non pentiti del proprio modo di vivere ribelle a Dio e alla Sua Legge, ostinati nella durezza del cuore:  con la volontà di non voler essere con Dio, di non amarlo né desiderare la Sua Misericordia. Bisogna attendere il Signore con i fianchi cinti e le lucerne accese, cioè con la fede viva e pronti a seguirlo e servirlo come desidera. Egli è il padrone della vita e di tutti i beni della terra e del Cielo. Specifichiamo meglio quali sono le disposizioni d’animo necessarie per fare una buona morte.

a) Essere in pace con tutti, riconciliati con Dio e col prossimo, ben pentiti dei propri sbagli e peccati, distaccati ormai dal mondo che passa, e con il più grande desiderio del Cielo, vera patria definitiva dell’anima e luogo dove sono i più grandi tesori. Bisogna coltivare il più grande dolore per i peccati commessi e aver cercato di ripararli come meglio è possibile, con tanto amore e sapienza. Si devono pagare, prima che sia troppo tardi, i debiti di giustizia, perché nessuno abbia a doverci accusare davanti a Dio con verità e a buon diritto (cfr. Mt 5,26). Ci si deve riconciliare col prossimo: chiedere e dare il perdono per le reciproche offese e comporre se possibile, le liti. Fare in tempo il Testamento ed esprimere con chiarezza le ultime volontà su tutto quanto ci appartiene, senza lasciare questioni aperte agli eredi.

Siccome Dio è Carità e ci giudicherà sulla carità, bisogna che almeno prima di morire impariamo ad amare Dio e il prossimo meglio che possiamo. L’amore di Dio ci spinge a desiderarlo sopra ogni cosa, massimamente addolorati dei nostri peccati e di averlo mal servito in tanti anni di vita che ci ha concesso per Sua Bontà. Dobbiamo essergli grati di tutti i benefici che ci ha elargito nella vita terrena, senza alcun nostro merito, soprattutto di averci dato la fede e il Battesimo, la famiglia e la Chiesa, la professione e i tanti aiuti a ben compierla, il perdono dei peccati e la Sua infinita Misericordia, il Sangue del Redentore e la Messa, etc. L’amore al prossimo ci deve portare al dono del perdono per tutti coloro che ci hanno offeso o leso in qualunque maniera e alla preghiera per tutti coloro che noi abbiamo offeso o danneggiato con parole, con opere varie, con scandali.

b) Usare i Sacramenti della Chiesa: l’Olio degli Infermi, la Confessione sacramentale, la Santa Comunione come Viatico. Riceviamo così la Grazia di Dio per superare al meglio le prove della malattia terminale, dell’agonia e della morte. Se possibile, vanno ripetuti, specie la Santa Comunione, ogni giorno fino alla fine, mantenendosi in un clima di unione con Gesù nel mistero della Sua Passione, che in qualche misura si compie anche in noi, dando piena espiazione dei nostri peccati col Suo Sangue e accettando tutta la volontà di Dio Padre per noi. Questo è il più grande sacrificio.

c) Affidarsi del tutto alla Divina Misericordia e alla Madonna. Gesù morì dicendo “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46): come lui bisogna fidarsi di Dio e a Lui consegnare la vita e l’anima, nella certezza di fede che Egli ci accoglierà nel Suo seno, poiché per amore ci ha creati e inviati nel mondo; per amore ci ha  redenti e ricoperti col Sangue di Suo Figlio; per amore ci dà il Suo Spirito e ci permette di chiamarlo Padre! La Madonna, viva e presente accanto a noi come al Figlio suo crocifisso, pregherà per noi e chiederà a Dio tutta la Sua Grazia e Misericordia per noi suoi amati figli, che abbiamo accettato Gesù come nostro Salvatore. A Dio dob-biamo affidare i nostri cari e anche tutte le cose buone che abbiamo fatte, perché il Maligno non le distrugga ed Egli le possa portare a buon fine, per la Sua Gloria. Dare a Dio anche i nostri errori e pec-cati, perché Egli li perdoni, li cancelli e li ripari, per Sua Bontà e Misericordia.

d) mantenere un clima di intensa preghiera. “Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36). L’ammonimento di Gesù non vale solo per i viventi degli ultimi tempi, ma anche per coloro che vivono il loro ultimo tempo terreno. L’agonia segna l’ora suprema in cui si decidono per sempre le sorti dell’uomo. L’organismo si va disfacendo in modo irreparabile e si avvicina la fine; al dolore fisico si aggiunge l’ansia, la paura dell’ignoto, il delirio della mente, l’ossessione del Maligno, che tenta con tutte le sue arti di portare alla disperazione l’anima. Al dolore spirituale per le colpe commesse si aggiunge il rimorso, il dubbio, l’angoscia mortale, labbandono di Dio, come di Gesù nel Getsemani e sul Calvario, il disgusto di sé e del mondo.

La preghiera intensa, favorita dalla presenza dei propri cari e dal Sacerdote, serve a togliere dalla nera solitudine, ad addolcire lo sconforto, a rafforzare la fiducia in Dio e la sicura speranza di entrare presto in possesso della Beatitudine eterna, promessa ai servi fedeli a Dio fino all’ultimo. Chi prega si salva, dice un’antica sentenza, presa dalla Bibbia: “Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato” (Gioele 3,5; At 2,21; Rom 10,13). Aiuta a mantenere il clima spirituale alto la lettura dei Salmi o di brani scelti del santo Vangelo, specialmente della Passione del Signore; così pure le preghiere litaniche, il Santo Rosario e la Coroncina della Divina Misericordia, a cui il Signore legò la promessa della Salvezza eterna, se recitata accanto ad un moribondo. Utili anche l’acqua benedetta e le immagini sacre: il Crocifisso, il Sacro Cuore di Gesù, il Cuore Immacolato di Maria, etc. Si può far celebrare la Santa Messa per ottenere la grazia di una buona morte, ricevere il santo Viatico e lassoluzione con l’indulgenza plenaria, secondo le disposizioni ecclesiastiche.

e) Quando si vede che è giunta lora di sciogliere le vele per l’ultimo viaggio è bello intensificare la preghiera e ravvivare il desiderio di unirsi a Dio, di vederlo, di abbracciarlo, di fondersi a Lui per mezzo della Madonna e di Gesù. Non permettere né accanimento terapeutico né eutanasia. Le cure farmacologiche ormai inutili cessino pure e il medico faccia posto al Sacerdote per le ultime “raccomandazioni” al morente e l’affidamento alla Misericordia di Dio. Ad ogni respiro, fino all’ultimo, l’anima, il cuore e le labbra siano sintonizzate sul nome di Gesù e di Maria, mentre gli astanti implorano la pietà dell’Altissimo e la pace eterna. Dato l’ultimo respiro, la salma sia composta con amorevole cura e benedetta dal Sacerdote. Le esequie siano celebrate con fervore e semplicità, accompagnate da elemosine e opere di carità, in suffragio del defunto e a Gloria di Dio.

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