Ottobre missionario, don Arul racconta la sua esperienza nel Karnataka

Di Emanuela Maccarrone

Il mese di ottobre è il mese delle missioni e dei missionari, uomini e donne che attraverso la loro carità portano il Vangelo a popoli ignari dell’esistenza del Dio Trinitario e si attivano per migliorare le condizioni di vita di molte persone dimenticate dagli Stati moderni.

Don Arul Dhas, missionario indiano della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza, meglio conosciuta come Opera Don Orione, insieme ai suoi confratelli si prende cura di un piccolo villaggio del Karnataka, Stato a sud-ovest dell’India, nel quale vive una delle più piccole comunità cattoliche del mondo composta da sole nove famiglie.

C’è molto da fare ed è lo stesso Don Arul, a VaticaNews, ha raccontato l’attività della Congregazione: “Qui ci sono tante opere di carità, opere di carità per i disabili che sono attorno a questo posto, noi aiutiamo i contadini a lavorare il terreno attraverso le nuove tecnologie, perché questa è una zona di contadini. Due anni fa, attraverso un aiuto della Cei, Conferenza episcopale italiana, abbiamo potuto migliorare il loro modo di lavorare la terra con l’uso delle tecnologie”. Ma il problema più grande riguarda le giovani: “ancora non sono maggiorenni e a volte capita che si sposano. Quindi noi le aiutiamo creando nuove opportunità attraverso i corsi, per esempio d’informatica o di cucito, così da impegnarle in modo che non si sposino così presto”.

Escludendo le nove famiglie cattoliche, la gente del posto è per la maggior parte induista, ma questo per la Congregazione è uno stimolo all’evangelizzazione. Vogliamo “portare tutti a Cristo non con le parole, ma con le opere di carità. Noi evangelizziamo non in modo diretto, ma facendo queste opere di carità e con la carità diciamo che la Chiesa ha cura di voi, la Chiesa non ha limiti per amare, perché ama tutti”.

Il Coronavirus è arrivato anche in questo luogo. Don Arul racconta che ci sono molti casi, l’attenzione è alta ma il Covid-19 non ha fermato i missionari: “Quando è iniziata questa pandemia, all’inizio eravamo tutti spaventati poi, però, rispettando tutte le regole del Governo abbiamo potuto fare molte cose. Abbiamo assistito queste persone passando loro il cibo durante le chiusure, abbiamo donato il supporto psicologico alle persone depresse per via della situazione pandemica, abbiamo collaborato con gli operatori pubblici per continuare a stare vicino a questo popolo che on sono cattolici, ma sono nostri fratelli e sorelle”.

Don Arul assicura che il virus non impedirà l’opera missionaria: “noi stiamo cercando dire che stiamo qui per voi, affrontiamo insieme questa pandemia e quello che possiamo fare è continuare a stare vicino a questo popolo” e i primi frutti cominciano a farsi vedere in molte persone del villaggio“ ci sono le prime testimonianze di cambiamento”.

 

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