L’adolescenza e quella “prigione mentale” in cui si provano ansie e paure

Di Claudia Marrosu*

A come ADOLESCENZA: quella fase della vita durante la quale si conquistano le capacità e le competenze che conducono all’età adulta, durante la quale crisi e realizzazioni portano alla formazione dell’identità. Almeno così dovrebbe essere …

Da marzo del 2020 le cose per gli adolescenti sono un po’ cambiate. Lo sviluppo della socialità nei bambini ha inizio con il superamento dell’egocentrismo infantile, e con i 13/14 anni il sentimento di socialità orienta il soggetto verso rapporti di parità con gli altri individui e forme di ideali di amicizia “con cui si può fare qualsiasi cosa”. Socialità fra coetanei equivale a solidarietà mista a contestazione, che vede la scuola il luogo di massima espressione.

Oggi tutto questo come potrebbe avvenire?

Con la Pandemia i nostri ragazzi hanno visto improvvisamente bloccare il loro naturale processo di crescita; hanno subito drasticamente l’interruzione della loro quotidianità che li portava a confrontarsi in classe e nello sport con coetanei ed adulti, che li stimolava cognitivamente e spronava nella crescita. Hanno visto sottrarsi dei momenti unici, per quanto apparentemente inutili, come l’ultimo giorno di scuola, che nessuno potrà mai ridargli. Hanno dovuto accettare tutto senza ribellarsi. Se si pensa alla ribellione come una caratteristica tipica di questa giovane età, è difficile immaginare quanti di loro si siano dovuti forzatamente adattare. Ma a quale costo? Siamo sicuri che si siano adattati? E’ eccessivo parlare di rischio di distorsione della loro debole identità in formazione?

Diffusissimo il senso di disagio riportato da molti adolescenti per il tempo messo “in sospensione”, con la garanzia che qualsiasi cosa avessero fatto “tutto sarebbe andato bene”: promossi tutti, anche se impegno e studio erano pari a zero. Ancor di più è mancata loro l’alleanza diretta con i compagni, le confidenze, lo scambio di idee durante le lezioni, il sostegno reciproco, la condivisione, il confronto. Il contatto sociale è indispensabile per la costruzione della propria identità, è attraverso il tu che si struttura l’io, fondamentale è il rispecchiamento di se negli altri. Questo impedimento forzato equivale a togliere il nutrimento della propria esistenza in quanto assoluta deprivazione sensoriale, è come ledere alla fonte la possibilità di evoluzione sana creando una situazione innaturale, priva di umanità che crea sofferenza.

Non si può far finta di niente, gli adolescenti hanno subito pesantemente gli effetti dell’isolamento sociale, la maggior parte di loro si è difeso chiudendosi nelle proprie camere, inebetendosi davanti ad un dispositivo elettronico, perdendo ogni motivazione verso qualsiasi attività e progetto preesistente, ed il senso stesso della loro esistenza, come se il futuro fosse stato definitivamente compromesso nella possibilità di azione. Non si può pensare che questo non produca effetti, quello che stanno vivendo non è neutro, lascerà dei segni inequivocabili nel loro processo di sviluppo.

Anche i più grandi, i giovani universitari, hanno riferito disagi, come se i momenti importanti della loro vita, la discussione della tesi di laurea ad esempio, avessero assunto improvvisamente poca importanza, provocando in loro insoddisfazione e tristezza: chiudersi in stanza sembrava la soluzione migliore, fra una dormita fuori orario e un intrattenimento digitale, le giornate passavano senza tempo come fossero sospese in una bolla, o forse una “prigione mentale” in cui si provano inesorabilmente ansie e paure.

 

* Psicologa dell’età evolutiva

 

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I ragazzi si stanno “spegnendo”. Gli è stato chiesto di mettere in standby la loro vita: amicizie, amori, relazioni, sport, passioni… per un tempo necessario. Lo hanno accettato e poi hanno provato a ricominciare a vivere. Adesso di nuovo devono fermare tutto. Essere ragazzi, significa essere all’antitesi dello “stare fermi”. Significa progettare, sognare guardare avanti, cambiare idea, ricominciare e riguardare avanti.Questi ragazzi non vedono il loro “avanti” e questo è pericoloso, soprattutto per i più fragili. Mi auguro che la maggior parte dei nostri ragazzi sia abbastanza forte e possa reagire a questa prova e superare queste innegabili difficoltà. Mi auguro che non sia una generazione di “viziati” che crolla alla prima difficoltà, o (oramai) alla seconda. Anche perché ne incontreranno tante di difficoltà nella vita…Ma negare o far finta che la difficoltà non esista non è giusto. Sono sicura che la maggior parte ne uscirà vincente, ammaccato, ma vincente. I soliti più “fortunati”: i più forti, quelli con una famiglia sana alle spalle, magari non figli unici, con fratelli o sorelle con cui relazionarsi (di solito litigando)… ma i piu fragili? Quelli che avevano come unico momento d’incontro la scuola, o lo sport? Quelli che studieranno a casa , da soli perché i genitori lavorano. Quelli con la connessione lenta che si blocca. Quelli che nessuno chiama mai.Quelli “sfigati” che nessuno segue sui socials e non si “relazioneranno” neppure così? Per loro spero che quando tutto ciò sarà finito, ci sarà qualcuno ad ascoltarli e aiutarli. Quindi non mi resta che dire: buon laboro Dottoressa !!