Shemà. Commento al Vangelo del 3 novembre della teologa Giuliva Di Berardino

Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.

Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!

 

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IL COMMENTO TESTUALE

IL VANGELO DEL GIORNO: martedì 3 Novembre 2020

La liturgia di oggi ci invita ad aprire il cuore per poter accogliere il Signore e rispondere al suo desiderio di gioia e di pace per tutti. Come questa parabola di Gesù ci mostra, il desiderio di Dio è quello di renderci partecipi del suo banchetto. Partiamo dall’immagine del banchetto, che nella Sacra Scrittura è utilizzata principalmente per le feste in onore di Dio, in cui partecipa l’intera comunità mediante il canto e la danza, secondo le indicazioni definite nella Torah (in particolare nel Libro del Deuteronomio). Ma la partecipazione al banchetto indica anche un atto di speranza nei riguardi del Signore, soprattutto quando Israele sarà ridotto ad un piccolo resto e si accentuerà l’attesa profetica di un nuovo messianismo, di una nuova alleanza, ultima e definitiva, per cui alcuni profeti annunciano il bisogno di ritornare a Dio, shub in ebraico, di cui il banchetto è simbolo.  Ecco perché nel Nuovo Testamento il banchetto diventa l’immagine di riferimento delle parabole del Regno di Dio, come in questo caso, e soprattutto ecco perché Gesù siede spesso nei banchetti con i peccatori, perché il Regno di Dio non esclude i peccatori, che accettano l’invito alla conversione, perché è proprio il banchetto la situazione nella quale il peccatore si converte, si riconcilia con Dio e ripara il male fatto, come è successo a Matteo, o a Zaccheo, e a tanti altri. Ecco allora che Gesù nel suo modo di agire, di stare Egli stesso a mensa con i peccatori e condividere con loro il cibo e la fraternità, realizza nella sua presenza il valore escatologico del banchetto. E’ Gesù che realizza il desiderio del Padre: esce per le strade per costringerci ad entrare nel Regno di Dio. Nel testo greco il verbo costringere è anagkazw, ma da questo verbo deriva il sostantivo anagkh, che significa necessità, bisogno. Ora, è vero che il verbo usato dal testo greco può tradursi in italiano  solo col verbo costringere, però, se osserviamo bene questo verbo greco, comprendiamo che l’azione di Gesù verso di noi non è un’azione di forza, non è propriamente “costringerci”, ma è quella di “farci rendere conto di cosa abbiamo davvero bisogno”, di quale necessità vera, ultima, profonda abbiamo: partecipare alla gioia della fraternità, della sapienza, della festa che ci viene offerta. San Paolo nella prima lettura di oggi, tratta dalla Lettera ai Filippesi, capitolo 2,5-11 ci mostra proprio come Gesù ci fa rendere conto di questa nostra necessità profonda: “Cristo Gesù” scrive, “svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.” Il modo in cui Dio ci ha raggiunti attraverso l’umanità di Gesù ci fa capire che abbiamo veramente bisogno solo di Lui per essere pienamente felici. Allora oggi accogliamo l’invito del Padre, lasciamo che i nostri cuori siano conquistati da Gesù che ci ha raggiunti fino a toccare la nostra umanità e salvarla, perché anche noi possiamo fare come Gesù, che con amore possiamo mostrare a chi ci sta accanto che abbiamo tutti bisogno di Dio, abbiamo tutti bisogno di prendere parte al banchetto del Regno e che tutti, partecipando a questa gioia che ci viene offerta, viviamo già oggi il Paradiso che ci attende. Buona giornata!

Lc 14,15-24

In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

IL COMMENTO IN VIDEOhttps://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos

 

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