Rivalutiamo il valore del pane, riscopriamo la sua sacralità

Di Nicola Sajeva

L’insegna che, nelle grandi città come nei paesi più piccoli, sentiamo subito familiare, vicina, rassicurante è quella che ci indica un panificio. Nel corso del tempo non ha subìto modificazioni sofisticate, accattivanti, strategiche dal punto di vista commerciale, ma ha mantenuto la sua semplicità originale, la sua chiarezza indicativa, la sua voglia di regalarci l’inconfondibile profumo di una cosa buona: il pane.

Farina, acqua, lievito, sale: questi gli ingredienti pronti a perdere la loro identità, pronti a chiedere al fuoco l’indispensabile collaborazione per realizzare qualcosa di veramente buono, buono come il pane! Non c’è spazio per le adulterazioni, per le strategie di conservazione, per le tecniche predisposte a sollecitare, in modo subdolo, le nostre capacità sensoriali.

Ogni mattina, quando il sole non ha ancora vinto la sua millenaria lotta con le stelle, questo miracolo di fragranza è sotto gli occhi di tutti, nelle grandi città come negli agglomerati urbani più modesti, e sboccia sempre, anche nei cuori più duri, la riconoscenza per un sacrificio che, sin da bambini, abbiamo imparato ad apprezzare. Lavoratori, testimoni di mille aurore, ci regalano questa primizia del mattino, preparano quello che i credenti chiedono al Padre con la preghiera più famosa del mondo, quello che tutti gli uomini di buona volontà sperano di non far mancare in casa per assicurare serenità, gioia, speranza di futuro all’interno delle loro famiglie.

PANIFICIO: una sola parola per esprimere tutta l’essenzialità della nostra esistenza, della nostra sopravvivenza. Oggi, purtroppo, questa indicazione non sempre conserva il suo fascino tradizionale: oggi il pane ha perso gran parte della sua sacralità e non occupa più il primo posto tra i componenti della nostra alimentazione.

NON SOLO PANE: è l’insegna che sembra andare per la maggiore e che dà forse l’esatta sensazione di una perdita valoriale. C’è il pane, ma al tempo stesso c’è posto per tante altre proposte – a volte alternative, a volte complementari – miranti a scalzare dal primo posto, a togliere un primato, a ridimensionare un sentimento di insostituibilità. C’è il pane , ma c’è anche l’offerta della pizza o di qualche altra proposta del pianeta gastronomico dolce-salato dove sono resi attivi tutti gli espedienti, leciti e non, per gratificare in pieno il gusto, l’olfatto e – perché no? – anche la vista.

Tutti conosciamo gli effetti di un’alimentazione sbagliata. La famiglia e la scuola non sempre si fanno carico, come dovrebbero, di rimettere in discussione la tendenza a considerare sostituibile il pane o quanto meno a riportare nelle giuste proporzioni l’apporto di altri alimenti sostitutivi.

Nell’economia di questa riflessione, ritengo possa avere un peso non indifferente il racconto di un’esperienza vissuta all’interno di un’aula scolastica. Eravamo in Quaresima ed avevo proposto ai miei alunni, seguendo l’indicazione del tempo liturgico, di temprare lo spirito compiendo qualche piccolo sacrificio finalizzato ad aiutare il prossimo, senza andare così ad intaccare economicamente il bilancio familiare dei loro genitori.

Ogni venerdì di Quaresima, nella libertà più assoluta, al momento della merenda ogni alunno poteva scegliere di consumare il panino senza companatico: l’equivalente in denaro sarebbe stato devoluto a favore dei bambini del Terzo Mondo.

Sin dalla prima esperienza lessi sorpresa e gioia negli occhi di tutti i bambini: il pane è diventato dolce! Cosa era successo? La ptialina, un enzima presente nella saliva, aveva trasformato l’amido presente nel pane in zucchero. Con estrema facilità, attraverso questa sorpresa e questa gioia, trasmettevo la convinzione della bontà del pane e della sua peculiarità nella nostra dieta.

PANIFICIO: aiutiamo i nostri alunni e i nostri figli a ridisegnare il diagramma delle loro preferenze alimentari, rivalutiamo il valore del pane, riscopriamo insieme a loro la sua sacralità – non moltissimi anni fa, prima di tagliarlo si segnava con una croce e, se cadeva a terra, si riprendeva e si baciava -, riscopriamo insieme a loro, non solo come credenti, ma anche come uomini, l’impegno affinché il pane non manchi mai sulla tavola di nessuno, affinché tutti possano sentire il suo profumo e gustare la sua dolcezza.

 

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