La pseudo-scuola a distanza: la testimonianza di chi è “in camera”

Di Enzo Vitale

Quanti problemi stia causando il Covid con le conseguenti chiusure, blocchi o – come ci siamo abituati a dire – lockdown, ce ne rendiamo conto se siamo capaci di dare ascolto alle testimonianze di chi lo subisce in prima persona. Tra questi, certamente, ci sono i nostri adolescenti, la cui esistenza, per quasi tutti, ruota attorno alla vita scolastica. 

Ho chiesto a qualcuno di loro, a G., adolescente del Movimento della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria, di spiegarmi cosa significa vivere in questo periodo.

Lascio la parola a chi vive ciò e, se non indifferenti, capiremo come e perché sia necessario pregare, implorare la Misericordia di Dio affinché tutto ritorni a quella “vecchia, banale e pesante” ordinarietà.

Ho chiesto di scriverci perché mi ha condiviso che, assieme al suo gruppo di adolescenti e giovani, hanno deciso, ogni sera alle 22.15, di ritrovarsi davanti allo schermo, compagno di tante ore di studio, per recitare il Santo Rosario e chiedere la grazia della fine della pandemia.

Chi vuole può unirsi a loro: di sicuro, ciò che non basta mai e che mancherà sempre, è la preghiera.

Proviamo tutti insieme a colmare questo enorme vuoto!

 

Sono una ragazza di quasi 18 anni.
Con tanti sogni e tante aspettative.

Sono una ragazza che avrebbe dovuto frequentare e vivere (appieno) il suo quinto (e ultimo) anno di Liceo Classico.
Eppure non sta andando così.
O quantomeno non pensavo minimamente andasse così.

Da ormai più di un mese (dopo l’ultimo periodo dello scorso anno scolastico) mi sono ritrovata a trascorrere le mie mattinate all’interno della mia cameretta, su una sedia e dinanzi ad uno schermo attraverso il quale “vedo” i volti dei miei compagni e dei miei professori.

Le mattinate passano con difficoltà… ma passano: stare dalle 8 alle 13/14 con solo qualche pausa (di 10 minuti) o “pseudopausa” nelle quali svolgiamo i compiti assegnatici dai prof solo “staccando gli occhi dallo schermo” (belle pause: assurdo!) è davvero complicato.

Ho difficoltà ad arrivare quotidianamente alla fine dell’ultima ora di lezione con uno stato d’animo sereno.

Vivo le mie mattinate tra le stesse (solite) frasi del tipo: “prof, non sentiamo perché si sente il rimbombo dell’aula” oppure “ragazzi non vi sento” o ancora “aprite le telecamere”

È davvero triste la realtà in cui ci siamo ritrovati, ma la cosa ancora più triste è che tutti siamo stati colti di sorpresa. E professori, e alunni.

Ci ritroviamo a fare (pseudo)compiti scritti e (pseudo)verifiche orali ma non è questa la “vera” scuola!

Non torniamo più a casa con nuove informazioni immagazzinate nel nostro bagaglio culturale.

Va ormai scemando il (sano) timore che alimentava i nostri animi la mattina delle interrogazioni.

Vanno ormai sgretolandosi i ricordi di tutte le tattiche “studiate” da noi ragazzi affinché il nostro “copiare” potesse andar secondo i nostri piani.

La didattica a distanza (DAD ) è stata come un fulmine a ciel sereno, come un campanellino d’allarme che mi ha ricordato quanto era importante svegliarmi presto e prepararmi per andare ogni mattina a scuola, per ricordarmi quanto era importante il dialogo (in presenza) con i miei compagni.

E lo ammetto: spesso sono stata un po’ ingrata.

Non apprezzavo quello che avevo e davo molte cose per scontato.

Adesso, invece, alle mie orecchie, sento solo gli echi lontani della campanella a fine di ogni ora.

Sento ormai lontano il rumore dei passi della bidella che entrava in classe per avvisarci che l’indomani saremmo usciti prima o entrati dopo.

Sento ormai troppo lontane le grida dei miei compagni per la “conquista degli ultimi banchi” e vagheggiano alla mia mente i ricordi del professore di latino e greco che passava per i banchi per consegnare le versioni.

La scuola, la vera scuola sembra una realtà così lontana e sembra quasi impossibile che tutto questo possa finire.

I primi giorni di lockdown (i primi di Marzo) io e i miei compagni non facevamo altro che gioire per la chiusura della scuola (a maggior ragione perché proprio in quel periodo avevamo tantissimi compiti fissati): ma più passava il tempo, più entravamo nel cuore della Realtà e comprendevamo che niente era uno scherzo.
Più passava il tempo, più guardavamo i volti tristi dei nostri familiari.

Ma adesso, ciò a cui IO sono chiamata e quello a cui è chiamato CIASCUN ragazzo che – come me – si trova a trascorrere le sue mattinate davanti ad uno schermo è mettere impegno nel riempire i nostri cuori di un santo buonumore.

Anche se tutto sembra andar storto, anche se questo non ci aiuta a scegliere quale strada intraprendere nel nostro futuro, anche se questo non ci aiuta ad avere la volontà di sederci (il pomeriggio) e studiare: dobbiamo essere VIVI!
Il buonumore e la speranza devono colmare i nostri animi.

Non è questo il tempo di arrenderci.
Non è questo il tempo si smettere di sperare.
Dobbiamo anzi imparare a porre la nostra speranza e il nostro desiderio in ciò che è “solido” e non mellifluo, in ciò che è “importante” e non superfluo.

«Come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra. Anche l’oscurità deve passare. Arriverà un nuovo giorno. E quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso» (dal discorso di Sam a Frodo, ne Il Signore degli Anelli).

Non dobbiamo perdere la nostra speranza a causa di un virus e quindi abbatterci. Ma dobbiamo ricordare che questa è un’ombra passeggera e che arriverà un nuovo (o eterno) giorno in cui il sole splenderà e sarà più luminoso di sempre.
Allora avanti, ricerca del buonumore!

 

 

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