L’emozionante testimonianza di un sacerdote tetraplegico contro l’eutanasia

Di Emanuela Maccarrone

Don Luis de Moya Anegón è nato a Ciudad Real il 17 agosto 1953. Nel 1971 ha iniziato la sua carriera di medico a Madrid e un anno dopo ha chiesto l’ammissione all’Opus Dei. Tra il 1975 e il 1978 è stato segretario del Colegio Mayor Moncloa a Madrid. Dopo la laurea si è trasferito a Roma per proseguire gli studi in Teologia. Nell’agosto 1981 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale.  Dopo aver difeso la sua tesi di dottorato presso la Facoltà di Diritto Canonico dell’Università di Navarra, nel 1984 è stato nominato Segretario del Consiglio di Cappellania dell’Università di Navarra e Cappellano della Facoltà di Architettura. Nello stesso anno ha iniziato a frequentare il Colegio Mayor Goroabe. Il 2 aprile 1991 don Luis ha subito un grave incidente stradale a seguito del quale è rimasto tetraplegico.

Da allora ha vissuto nella residenza di Aralar. Ha continuato a sviluppare varie opere pastorali per diversi anni nel campus dell’Università di Navarra: cappellano della Facoltà di Architettura e della Facoltà di Giurisprudenza, guida spirituale per i residenti del Collegio Mator Belagua ecc.

Don Luis, morto lo scorso nove novembre, ha vissuto i suoi ultimi 30 anni immobile, dal collo in giù, a seguito di un incidente stradale dal quale, come lui stesso ha dichiarato, si è salvato miracolosamente. 

Il coraggioso sacerdote è morto all’età di 67 anni, dopo aver testimoniato la vita contro l’eutanasia.

Don Luis ha vissuto la sua disabilità “nel modo più realistico che ci può essere: cosciente di essere nelle mani di Dio. La cosa meno realistica è vivere come se Lui non esistesse, o come se nessuno fosse di me stesso mi può aiutare. Dio non mi permetterà di trovarmi in una situazione impossibile, sovrumana o di superare le mie forze, perché sono suo figlio”.

Dinanzi a una situazione simile, molti potrebbero chiedersi del perché Dio, se è buono, permette che accadano certi eventi.

Ma il sacerdote ha mostrato una forte fiducia nella volontà di Dio e rispondeva: “Se davvero credi che Dio è buono, la frase finisce qui: ‘Dio è buono’. Punto. Ciò che sembra terribile dal nostro punto di vista non è così terribile dal punto di vista di Dio. Non cambierei me stesso con nessuno, perché ho l’esperienza di quanto sia meraviglioso Dio. Mi ha permesso di addormentarmi mentre guidavo, ma mi ha anche dato un aiuto umano per far fronte a questa situazione. Dio permette il male, ma non ci abbandona a esso”.

Riguardo all’eutanasia, come soluzione per le persone che soffrono molto, don Luis si è sempre dichiarato contrario: “aiutalo a non soffrire, non ucciderlo. Accompagnalo. Porta via tutto il dolore che puoi. Prima quello fisico, e poi soprattutto quello morale, che è il più duro. La solitudine, il sentimento di inutilità che può avere… insegnagli che è un figlio di Dio. Lascia che lo impari se non l’ha ancora imparato, che sappia che per quanto possa essere difficile ora, deve avere la certezza che Dio continuerà ad essere buono. Sono tanti quelli che sono passati dalla stessa sofferenza, non è solo. E che possa vivere con la speranza che nella vita eterna non ci sia dolore”.

Ai politici e a chi difende l’eutanasia il sacerdote ricordava che “Dio non mette i suoi figli, gli uomini, in situazioni insopportabili. Per ogni momento Dio ci offre il suo aiuto per vivere questa situazione in modo dignitoso alla sua presenza. Anche nelle situazioni più dolorose che possiamo immaginare. Questo è quello di cui io faccio esperienza dal 1991”.

Il sacerdote era a favore e sollecitava l’uso delle cure palliative. In un’intervista del 2013 a ‘La InformaciÓn’ dichiarava: “Quando un paziente incurabile riceve cure palliative e psicologiche adeguate, non chiede l’eutanasia. Questo è statisticamente verificato e pubblicato”.

Tuttavia il sacerdote riconosceva che esistono persone che vivono questa disabilità e rifiutano ogni cura oppresse dalla sofferenza. A queste persone don Luis ha spiegato: “ ci sono persone che rifiutano di essere aiutate, perché fa loro tremendamente male sentirsi accudite. Ebbene, siamo liberi, ma dobbiamo riconoscere che chi agisce così non esercita la propria libertà, ma piuttosto il proprio orgoglio. Rifiutare di ricevere aiuto quando è evidente che ne hai bisogno non ha nessuna virtù” aggiungendo: “ Sia chiaro in misura maggiore o minore, l’uomo è sempre dipendente dagli altri. E così continuerà ad essere. Io so di essere molto dipendente. Qual è l’unica cosa ragionevole da fare nel mio caso? Ebbene, accettarlo e lasciarmi curare”.

Il religioso dell’Opus Dei invitava a puntare sulla felicità eterna che non ha fine: “qualsiasi situazione, per quanto favorevole in questa vita, è destinata a finire, e quindi non è la vera felicità. La vera felicità è possibile solo nell’aldilà, che non finisce mai”.

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