L’impatto della pandemia ha peggiorato le condizioni dei cristiani perseguitati

Di Emanuela Maccarrone

L’ultimo Rapporto elaborato dalla fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Acs) mostra la grave situazione dei cristiani perseguitati in diversi Stati del mondo.

Rilevante è la prefazione di Asia Bibi, la donna cattolica pakistana reclusa nel 2009 e condannata a morte solo perché cristiana, fino all’assoluzione ottenuta dalla Corte Suprema arrivata nel 2018.

La donna ha riassunto in poche righe la drammaticità di quei momenti: “sono stata arrestata e messa in isolamento per evitare che la taglia posta sulla mia testa spingesse qualcuno ad uccidermi. Il Governatore del Punjab, Salman Taseer, che era venuto a trovarmi in prigione, e il ministro cristiano Shahbaz Bhatti sono morti per avere preso le mie difese, uccisi a sangue freddo perché hanno dato voce a quelli che, come me, sono stati falsamente accusati di blasfemia. Migliaia di estremisti hanno paralizzato il Paese perché volevano la mia morte… e tutto perché sono cristiana”.

Asia Bibi ha spiegato che la sua storia è la storia che riguarda ogni uomo e donna di fede cristiana. “Non sono la sola, oggi sono numerosissime le persone ingiustamente detenute e, come nel mio caso, il loro crimine è la fede che non vogliono rinnegare”.

Dopo aver manifestato il proprio riconoscimento all’Acs, Asia ha dichiarato che i cristiani “ a causa della loro fede hanno scarso rilievo nella società e i tribunali avranno poca sollecitudine nei loro confronti. Di fatto, nessuno nella comunità cristiana può godere di sicurezza”.

La donna ha manifestato la necessità di far conoscere al mondo le vicende della persecuzione. “È tempo che il mondo ascolti le loro storie; è tempo di dire la verità a coloro che hanno il potere perché chi, sfidando la legge, detiene persone innocenti finalmente venga assicurato alla giustizia. È tempo che i governi agiscano. È tempo di manifestare in difesa delle nostre comunità di fedeli, vulnerabili, povere e perseguitate”.

Il Rapporto ha evidenziato che “ogni mese, nei 50 Paesi più a rischio, viene imprigionata ingiustamente una media di 309 cristiani”. L’ingiusta detenzione è stata descritta nel rapporto come “una delle forme di persecuzione prevalenti, durature e gravi”.

Il rapporto sull’ingiusta detenzione dei cristiani esamina sia l’azione dei governi sia quella delle organizzazioni estremiste. “Gli scenari descritti comprendono le prigionie per motivi di coscienza, le detenzioni arbitrarie, i processi ingiusti, le condizioni carcerarie inadeguate, i casi di tortura e la pressione per indurre ad abbandonare la fede”.

L’impatto della pandemia ha peggiorato le condizioni dei cristiani perseguitati sotto alcuni aspetti. Per quanto riguarda l’ingiusta detenzione, “la chiusura parziale o totale dei tribunali ha causato ulteriori ritardi per i cristiani reclusi in attesa di appello”.

In secondo luogo le celebrazioni online, per via della pandemia, hanno reso più facile per i governi autoritari “aumentare la sorveglianza e la repressione di coloro che sono stati trovati a partecipare a presunte attività illegali”.

Nel Rapporto è stato citato anche lo studio del Pew Research Center che ha sottolineato come “l’ingiusta detenzione di cristiani emerge come una violazione dei diritti umani in 143 Paesi in cui vi sono gravi vessazioni ai fedeli”.

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