Di Pietro Licciardi
Tra le conseguenze dell’epidemia cinese secondo Gian Carlo Blangiardo vi sarà anche un ulteriore calo delle nascite. In una recente audizione davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato. il presidente dell’Istat, ha infatti dichiarato: «È legittimo ipotizzare che il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale, legate a occupazione e reddito, generate dai recenti avvenimenti orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane».
Ciò significa che i 420 mila nati registrati in Italia nel 2019, un minimo storico mai raggiunto in 150 anni di storia nazionale, potrebbero scendere a 408 mila alla fine di quest’anno, e addirittura a 393 mila nel 2021, secondo lo scenario ipotizzato dall’Istat. Questo significa che l’Italia, come la conosciamo oggi, sta rapidamente morendo avviandosi a diventare un paese sempre più povero, instabile e avvitato su sé stesso.
C’è chi pensa che il rimedio sia aprire le porte agli immigrati di qualsiasi colore, cultura e fede religiosa; una soluzione cervellotica e ideologica le cui conseguenze devastanti appaiono chiarissime a chi ancora conserva un briciolo di buon senso. Per convincersene basterebbe osservare ciò che avviene in Europa, là dove gli immigrati sono arrivati in massa: città con quartieri interi fuori controllo, preda di bande armate che si affrontano a colpi di Kalashnikov e bombe a mano che neppure a Kabul, terrorismo, chiese profanate e bruciate…
Se per miracolo gli attuali governanti italioti rinsavissero cominciando a mettere paletti seri e rigorosi a far da filtro all’immigrazione regolare e clandestina, in breve gli italiani diventerebbero comunque stranieri in quella che fu casa loro. Eventualità, detto per inciso nel caso importasse ancora a qualcuno, peraltro non contemplata come giusta e auspicabile né dal catechismo né dalla dottrina sociale della Chiesa.
L’unica soluzione possibile per salvare quel che resta della nazione che è stata e per molti versi è ancora, faro di cultura e civiltà, è tornare a fare figli. Ma su questo si fanno solo chiacchiere, poche, e con molte idee sbagliate di fondo
Sempre secondo il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, assecondando una mentalità comune e ormai indiscutibile, «la crisi derivata dalla pandemia ha interessato di più il Mezzogiorno e i giovani, ma questa volta sono state soprattutto le donne – maggiormente impiegate nei servizi. il settore più colpito con 809 mila occupati in meno rispetto al secondo trimestre 2019, e in lavori precari – a subire gli effetti maggiori»
Insomma, se in Italia non si fanno figli è perché le donne non lavorano. Ad occhio dovrebbe essere il contrario. Costringere la donna ad uscire di casa per affrontare il disagio e lo stress di un lavoro il più delle volte precario, malpagato, frustrante, in città dove i trasporti sono inefficienti, gli spostamenti lunghi e faticosi, per poi, una volta rientrata a casa, dover pensare anche alla prole farebbe passare la voglia di procreare a chiunque. Eroine quelle che lo fanno ancora.
Ma i governi che si sono avvicendati in Italia da almeno 40 anni a questa parte, orientati tutti a sinistra, si sono guardati bene dal fare politiche familiari che quantomeno consentissero alle donne di scegliere liberamente se stare a casa o lavorare. Hanno preferito assecondare gli interessi della grande industria e del capitale, col supporto del femminismo di sinistra, immettendo milioni di lavoratrici sul mercato con l’effetto di ridurre i salari per eccesso di domanda fino a rendere obbligatorio per conservare un certo decoro della famiglia un doppio stipendio.
E così adesso abbiamo famiglie in cui entrambi i genitori sono al lavoro e il figlio, quando c’è, all’asilo nido e poi a scuola ovviamente a tempo pieno. Ed ecco servito lo Stato socialista e totalitario, che educa al posto dei genitori ma è fatalmente votato all’estinzione demografica.
A proposito, ma Blangiardo lo sa che Conte ha speso milioni per incentivare l’acquisto di monopattini e biciclette mentre in Italia non si fanno più figli perché mancano i soldi?