“Ho paura di volerti bene”: un viaggio delicato e struggente nel mondo dell’adolescenza

Di Sara Deodati

         Chi ha figli adolescenti sa quanto questo periodo rappresenti un’età molto particolare; l’età del ripiegamento e dell’isolamento in sé stessi alternati a improvvise aperture di coraggio e di un pullulare di desideri e di bisogni di conoscersi sempre più interiormente e di emanciparsi dai propri genitori e dal proprio vissuto per sentirsi differenti, sentirsi altro per poter dire sono diverso da voi. Se questi due modi di vivere, ripiegati su sé stessi o volti con coraggio verso il mondo sono sempre esisti, oggi possiamo notare come la fase vitale sia purtroppo molto più indebolita che nel passato complici, forse, i numerosi problemi o ferite che nascono in seno alle famiglie di origine.

Leggendo il romanzo di Micaela Petrignani Ho paura di volerti bene (Porto Seguro Editore, Roma 2020, pp. 213, € 15,90, www.portoseguroeditore.it) balza in mente l’immagine dell’opera di Michelangelo L’Adolescente, conservata all’Hermitage Museum di San Pietroburgo (Russia).

L’opera marmorea, di intensa forza espressiva rappresenta un giovane di circa venti anni completamente nudo, ripiegato su sé stesso, forse intento a togliersi una spina dal piede, talmente chiuso in sé da apparire drammatico e solitario. Michelangelo riesce a rappresentare tutta la tragicità del giovane che accovacciato, non sembra neanche resistere allo schiacciamento di una forza superiore come fosse alla ricerca di una compiutezza non solo materiale ma soprattutto spirituale. Ne emerge un’immagine sofferente e come non pensare, quindi, a Claudia, la protagonista quindicenne del libro che vive in un quartiere borghese della Roma di oggi, figlia di genitori separati che, sempre più chiusa nel suo mondo, riesce ad esprimersi solo svelando dispoticamente una totale insofferenza alle regole.

Sin da subito nel racconto, Claudia manifesta prepotentemente la sua trasgressione, la sua irrequietezza che palesa con modi, parole e gesti violenti soprattutto nei confronti di Francesca, sua madre: ai suoi occhi è colpevole della separazione dal padre. Claudia ricorda come da piccola avesse vissuto una infanzia serena con i suoi genitori, ricorda con rammarico le giornate trascorse tutti insieme; questa felicità è stata spazzata via bruscamente nel momento in cui i genitori si separano e proprio dallo spezzarsi del più profondo legame familiare si genera in lei un dolore inimmaginabile cui non sa dare una ragione ed un senso, non comprende perché sia tutto finito ma di certo dà tutta la colpa alla madre ed è proprio dalla separazione che nasce in lei la paura di amare e di lasciarsi amare. Quindi tutto il racconto si trasforma nel viaggio di Claudia che attraverso passioni, dolori, amori reali e sognati, amicizie più o meno sincere e tradite, la portano a cercare dentro di sé l’origine del proprio malessere.

Molto spesso il voler essere arrabbiati è solo una maschera che cela una richiesta di aiuto cui a volte i genitori non sanno rispondere dimenticando quanto sia importante il dialogo e l’ascolto. Quello che Claudia, non dice, così come tutti gli adolescenti, è che ha bisogno di essere accettata per quello che è. Non è in fondo vero che lei sia disinteressata a quanto la circonda, alla scuola, alle amiche che a volte spariscono dalla sua vita: soffre ma non sa gestire il dolore. In fondo lei ha bisogno che la madre non molli mai neanche quando sa che ha tirato troppo la corda. Nel difficile percorso di crescita e di malessere di Claudia, la mamma le prova tutte: passa dal rigore alla permissività, dai rimproveri ai regali ma non cambia nulla. Ogni parola che pronuncia diviene sempre il pretesto per un’alzata di spalle, per una risposta acida o direttamente una scenata contribuendo così ad alzare un muro sempre più invalicabile. La mamma si chiede dove abbia sbagliato, come è stato possibile che la sua bambina «sempre dolce e affettuosa» si sia così tanto trasformata e sia diventata quasi una estranea con atteggiamenti sempre più conflittuali arrivando anche a pensare di valere ben poco come madre. Compressa totalmente nel suo ruolo, non riesce a comprendere in pieno le difficoltà e la tristezza in cui è avvolta la figlia ma cerca comunque, ad ogni costo, di trovare un nuovo canale di comunicazione per superare la crisi.

Un incontro del tutto inaspettato aiuterà Claudia a trovare la luce oltre le ombre proiettate dalle sue insicurezze e delle sue ribellioni.

Il romanzo che nasce da esperienze vissute dall’autrice, è delicato, scorrevole ed attuale. La lettura è adatta a lettori adolescenti in quanto rispecchia a pieno questa loro fase di crescita e può diventare una occasione di riflessione sui loro sentimenti ed emozioni ma senz’altro se ne consiglia la lettura ai genitori, insegnanti e educatori che meglio vogliono comprendere il non facile mondo dei ragazzi per cercare di avere sempre più strumenti per affrontare insieme i loro problemi.

L’autrice, al suo esordio letterario, regala intense emozioni grazie alla sua scrittura chiara e travolgente che rende facile l’identificazione con le protagoniste, riflettendo nella storia di Claudia e Francesca, una vicenda che potremmo vivere tutti noi.

Numerosi altri aspetti sono stati trattati nel romanzo quali il richiamo sempre vivo della bellezza che ci circonda e che a volte non si è in grado di vedere come strada per uscire da sé stessi, le insidie di una sessualità precoce, i pericoli derivanti dai social media, l’importanza delle relazioni di amicizia nell’adolescenza ecc. Per questo se ne consiglia la lettura per avvicinarsi allo sconosciuto mondo dell’adolescenza.

Se le voci delle protagoniste sono spesso soffocate dal dolore e dal peso dell’abbandono, pian piano riusciranno a gridare il loro amore reciproco. Riportiamo un brano del racconto di Claudia che finalmente riesce a comprendere e perdonare la madre: «Quanta sofferenza inutile mamma. Quanta ce ne siamo data. E adesso non ho più voglia di soffrire. Non ho più paura di volerti bene. Mamma lo sapeva. Sapeva che sarebbe finita. E ha aspettato. Mi viene incontro e mi abbraccia […]. Questa volta non mi stacco. Mi lascio stringere e stringo a mia volta. Le lacrime scendono. Tutte quelle che non ho voluto versare. Sono felice di piangere» (p. 209).

 

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