A Reggio Emilia i comunisti di LEU vogliono infoibare la storia

LA VICENDA DELLO STOP ALL’INTITOLAZIONE DI “VIA NORMA COSSETTO”

Di Andrea Rossi

Norma Cossetto, maestra ventenne istriana di Santa Domenica di Visinada rapita da partigiani comunisti, uccisa e gettata in una foiba nell’ottobre 1943, è il simbolo della persecuzione degli italiani della Venezia Giulia condotta senza scrupoli e senza pietà dall’esercito di liberazione jugoslavo di Josip Broz “Tito”.

La sua vicenda è oggi nota a tutta la nazione dopo che il presidente Carlo Azeglio Ciampi concesse nel 2005 la medaglia d’oro alla memoria di questa innocente martire italiana, vincendo le resistenze di ambienti nostalgici di una lotta partigiana che, in quelle zone, fu tutt’altro che una “liberazione”.

Dal 2009 in tutta la nostra nazione sono state dedicate piazze e giardini alla memoria di Norma Cossetto, e nello scorso ottobre anche il consiglio comunale di Reggio Emilia ha approvato la proposta di intitolazione di una strada alla martire per l’italianità dell’Istria.

La delibera è poi passata alla commissione toponomastica, che, come organismo tecnico, avrebbe dovuto e potuto esprimere solo rilievi di tipo logistico e organizzativo.

Invece, incredibilmente, la commissione, presieduta a nome del sindaco da un consigliere di LeU (Liberi e Uguali, il partito dell’attuale Ministro della Salute Roberto Speranza) ha espresso un parere contrario all’intitolazione, ponendosi in un inedito contrasto con il consiglio comunale, ed esorbitando dai propri compiti istituzionali.

L’episodio, già in sé sconcertante, è apparso grave soprattutto perché a esprimere parare negativo è stato un consulente “di peso” ossia il direttore del locale istituto storico della Resistenza Massimo Storchi, ricercatore storico con un percorso di notevole rilievo scientifico e lontano da posizioni estremistiche.

Il motivo di questo comportamento, che ha creato scompiglio politico nel capoluogo del tricolore, è tuttora inspiegabile, visto che Storchi ha anche aggiunto una coda velenosa alle sue dichiarazioni, arrivando a contestare la medaglia concessa dal presidente Ciampi e chiedendo alla commissione di adoperarsi per reperire i documenti che portarono a quella decisione, a suo dire non chiara, avvenuta ormai quindici anni fa.

Se il tutto non riguardasse una tragedia atroce, potrebbe apparire grottesco: Storchi infatti contesta fatti noti e certi, corroborati da testimonianze, studi e ricerche svolte da studiosi di ogni orientamento politico nel corso di oltre mezzo secolo.

L’imbarazzo all’interno della sinistra cittadina è palpabile, e allo stato attuale si è in attesa che la maggioranza decida come togliersi d’impiccio, e trovare una soluzione che in qualche modo metta d’accordo gli estremismi delle “bandiere rosse” e l’ecumenismo delle “bandiere rosè” che forse non prevedevano uno sviluppo così traumatico per una decisione presa a larga maggioranza ormai da mesi.

Ma Reggio Emilia è Reggio Emilia, il capoluogo dove per riconoscere che alcuni ex partigiani ammazzavano i preti a guerra finita, ci sono voluti quasi cinquanta anni e la caduta del muro di Berlino. E dove ancora oggi via “Maresciallo Tito” attraversa un popolare quartiere cittadino.

 

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Perchè non torniamo indietro, a questo punto, alla Santa inquisizione,dove bruciavano vive le persone,perchè ritenute eretiche.

Ancora la lotta a Satana? Perchè non lottate per fare pulizia dentro la Chiesa.