Mons. Nykiel (Penitenzieria Apostolica): “San Giuseppe è il papà putativo di tutti noi cristiani”

ECCO I CINQUE PARTICOLARI ATTI DI PIETÀ O OPERE DI CARITÀ LEGATI AL MODELLO RAPPRESENTATO DAL PADRE PUTATIVO DI GESÙ

A cura di Angelica La Rosa

La devozione a San Giuseppe non è solo una caratteristica di Pio IX o di Papa Francesco “ma è come un fiume carsico che attraversa tutti i secoli della storia della Chiesa riemergendo di quando in quando con particolare evidenza. Per citare solo un esempio relativamente vicino, ricordo che San Giovanni XXIII dichiarò San Giuseppe patrono del concilio ecumenico Vaticano II e volle che il suo nome fosse esplicitamente inserito nel canone della messa. Il fatto è che colui che fu il papà putativo di Gesù può e deve considerarsi anche il “papà putativo” di tutti noi cristiani, in ogni circostanza della nostra vita”.

A dirlo è il reggente della Penitenzieria Apostolica, monsignor Krzysztof Józef Nykiel. Intervistato da L’Osservatore Romano il prelato ha spiegato la natura delle indulgenze legate all’Anno speciale (dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021 per ricordare il 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale) dedicato dal Papa all’umile falegname di Nazareth, “scelto da Dio stesso per essere il custode di suo Figlio e lo sposo della Vergine Maria”.

Monsignor Nykiel ha spiegato che invocare San Giuseppe vuol dire anche “chiedere la speciale protezione dello sposo di Maria sulla Chiesa intera, afflitta oggi, non meno di allora, da attacchi materiali e da ferite spirituali”.

La Penitenzieria concederà l’indulgenza plenaria a quei fedeli che, oltre alle consuete condizioni previste dalla Chiesa — confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre — praticheranno cinque particolari atti di pietà o opere di carità legati al modello rappresentato dal padre putativo di Gesù: – aprirsi alla volontà di Dio (prendendosi un tempo per la meditazione personale o per partecipare a un ritiro spirituale), – farsi strumento della giustizia e della misericordia del Padre attraverso il compimento delle opere di misericordia corporale e spirituale (come Giuseppe «uomo giusto», Matteo 1,19), – rinnovare la comunione con Dio all’interno della propria famiglia e tra fidanzati (mediante la recita del Santo Rosario), – santificare il proprio lavoro affidandolo all’intercessione di San Giuseppe (o pregando per quanti sono privi di una dignitosa occupazione), – intercedere per i cristiani che patiscono forme di persecuzione (attraverso la preghiera delle litanie a San Giuseppe o con altre formule di orazione proprie dei riti delle Chiese orientali).

Nel testo del decreto si fa speciale menzione di quanti, per le conseguenze del contagio, sono impossibilitati ad adempiere le condizioni previste per ricevere l’indulgenza (anziani, malati, moribondi), anche a causa della pandemia da Covid-19. “A tutti costoro viene estesa l’indulgenza se, con animo distaccato da qualsiasi peccato e con l’intenzione di adempiere alle condizioni non appena possibile, reciteranno un atto di pietà in onore del Santo”, ha spiegato monsignor Nykiel.

Nella fattispecie particolare rappresentata dall’anno di San Giuseppe, “ogni fedele è invitato a guardare alla figura del falegname di Nazareth per approfondire maggiormente quegli aspetti del rapporto con Dio che l’esempio di San Giuseppe ispira in modo particolare. La figura del Santo non è affatto passata di moda ed è anzi quanto mai attuale nel nostro tempo, come ricordato tra gli altri già da San Giovanni Paolo ii e, in ultimo, da Papa Francesco”, ha ricordato il prelato vaticano.

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