Padre Bebber: “si nasconde l’eutanasia dietro la legalizzazione del suicidio assistito”

RINNEGANDO DIO SI RINNEGANO LE SUE LEGGI, POSTE A FONDAMENTO DELLA VITA DI OGNI UOMO. LA SUPERBIA UMANA STA APRENDO LA STRADA ALL’UOMO-DIO CHE VUOLE DECIDERE DELLA VITA ALTRUI

Di Emanuela Maccarrone

E’ un momento critico per il Cristianesimo e per la morale che insegna.

In tutta Europa agli episodi di cristianofobia, infatti, si aggiungono le normative dei singoli Stati che introducono l’eutanasia, il suicidio assistito, allargano ancor di più le maglie dell’aborto e via dicendo.

Se da un lato sono molti cittadini a scagliarsi, in maniera esplicita, contro la fede cristiana, dall’altro gli Stati contribuiscono a fomentare l’ostilità avverso il Cristianesimo attraverso l’approvazione di leggi che, implicitamente, reprimono l’etica cristiana incentrata sul diritto alla vita.

E’ evidente la trasformazione delle nostre società, sempre più individualiste ed egoiste. Per molti l’altro è un peso e, con la scusa del ‘suo miglior bene’, si vuole addirittura sopprimerlo, facendo sempre più spazio a una mentalità aperta alla ‘cultura della morte’.

A chi attacca la vita, dal concepimento fino alla morte naturale, si dovrebbe far notare che la questione non è soltanto di fede ma di morale umana in sé: è logico e giusto incrementare una cultura della morte e dello scarto per la quale chiunque può decidere della vita altrui?

Padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris, l’Associazione religiosa istituti socio-sanitari, attraverso un’intervista al Sir, ha posto l’attenzione su questo argomento.

“Purtroppo quella che Papa Francesco definisce ‘cultura della morte’ va facendosi sempre più strada nel mondo e nel nostro Paese”, ha spiegato.

Le disposizioni legislative adottate durante la pandemia, per fra fronte alla mancanza di risorse sanitarie, hanno fatto spazio alla prassi di garantire le cure intensive a coloro ‘che hanno maggior probabilità di trarne beneficio’  con il rischio che dall’eccezione, comunque discutibile, si passi alla norma.

“La vita di una persona anziana o di un malato grave non vale meno di quella di un giovane o di una persona sana. Questo vale sempre e non solo in periodo pandemico”, ha ricordato padre Bebber.

Le difficoltà sanitarie dovute al Covid-19 contribuiscono ad alimentare questa crudele prassi, e la scarsità delle risorse viene messa avanti come movente per legittimare una selezione di chi può vivere o meno: “Facciamo in modo di non trovarci mai più di fronte a simili questioni e mettiamoci in condizione di poter curare tutti senza distinzioni e nel migliore dei modi”, ha spiegato il prelato.

Si sta affermando una mentalità ‘economicistica’ che legittima la ‘cultura dello scarto‘. “Una società – spiega il sacerdote – può dirsi civile solo se non lascia nessuno indietro. Noi vogliamo restituire dignità ad ogni persona e continuare a curare e accompagnare sempre fino alla fine. Tanti hanno aperto la strada all’eutanasia ed altri si preparano a farlo. Da noi si cerca di nasconderla dietro la legalizzazione del suicidio assistito”.

Intanto, attraverso un articolo de ‘La Nuova Bussola Quotidiana’, apprendiamo che il Sig. RS, il paziente polacco ricoverato presso l’ospedale di Plymouth, del quale abbiamo parlato in un recente articolo di Informazione Cattolica, è stato condannato a morire dalla CEDU, Corte Europea dei Diritti Umani. Il giudizio definitivo è stato emesso dal giudice Yonko Grozev, attivista pro-eutanasia.

Questo è solo un ulteriore esempio di ciò che accadrà continuando ad alimentare una cultura orientata alla morte e che legittima l’uomo-dio, che vuole decidere del destino di ognuno.

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