In vista del Consiglio europeo di oggi e domani, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ieri, 24 marzo, ha offerto le sue comunicazioni sia alla Camera dei Deputati che al Senato della Repubblica. Tra le varie comunicazioni il premier ha detto: “stiamo guardando attentamente i dati sui contagi, ma insomma se la situazione epidemiologica lo consentirà, la scuola aprirà in primis quella dell’infanzia e la primaria, anche nelle zone rosse alla fine delle misure restrittive in vigore, già dopo Pasqua, speriamo”.
Questo parole del premier sono state accompagnate da un caloroso applauso al Senato, applausi che hanno fatto infuriare Maria Rachele Ruiu, membro di Pro Vita e Famiglia onlus. L’abbiamo intervistata.
Cosa le ha dato fastidio delle parole di Draghi?
“Ma quale esultanza! Ci stupisce che il governo voglia riaprire le scuole elementari e materne dopo Pasqua quando c’è una ricerca fatta su 7,3 milioni di studenti che spiega bene come non ci sia correlazione tra le scuole aperte e l’aumento dei contagi. Ci domandiamo allora perché gli adolescenti debbano rimanere esclusi dalla possibilità di tornare in presenza. E’ acclarato il prezzo salatissimo in termini di salute mentale che stanno pagando. Se la risposta è che così si decongestionano Asl e mezzi di trasporto a noi non sta bene, perché i nostri ragazzi non possono continuare a pagare le incapacità degli adulti”.
La “semi apertura” del premier Draghi per voi è irricevibile. Perché?
“Perchè non utilizzare allora le scuole paritarie per permettere di rispettare il distanziamento e non pensare ad autobus riservati per gli studenti? E perchè non procedere a un censimento serio dei docenti? La semi apertura del premier Draghi è irricevibile così come è. Le scuole vengano riaperte tutte e subito”.
Voi lamentate anche grossi problemi per gli studenti disabili…
“E’ una situazione vergognosa. Per la gestione della didattica in presenza inclusiva per gli studenti disabili si è data una lettura vile di una circolare del MIUR”.
Cioè?
“Per chi ha riconosciuta la 104 e per i BES, la circolare lascia al dirigente e al collegio dell’istituto l’autonomia di scegliere come venire incontro a questi alunni più fragili. Risultato: un braccio di ferro estenuante tra le famiglie e molte scuole che, alla richiesta di organizzare la didattica in presenza e in gruppi eterogenei, rispondono picche, con le motivazioni più assurde (le maestre sono tutte fuori sede/non siamo i vostri babysitter/abbiamo paura di ammalarci). Non bastavano le discriminazioni naturali della pandemia, servivano quelle dovute alla gestione! Basta: le famiglie sono stufe!”.