In 36 nazioni si vive con leggi inique rispetto al trattamento dei gruppi religiosi

LE ILLUSIONI DI UNA RITROVATA LIBERTÀ ALL’INDOMANI DELLA PRIMAVERA ARABA (LE RIVOLTE CHE HANNO AVUTO LUOGO IN NORD AFRICA E NEI PAESI DEL LEVANTE TRA IL 2010 E IL 2012) SONO SVANITE QUANDO I GOVERNI HANNO INIZIATO AD APPLICARE IN MODO CRESCENTE LEGGI GIÀ RESTRITTIVE PER AFFERMARE IL PROPRIO POTERE, CONTROLLARE L’IDEOLOGIA DOMINANTE E RAFFORZARE LA PROPRIA PRESA SUI LEADERS RELIGIOSI

Di Marcela Szymanski*

Circa i gravi casi di violazione (Paesi segnati in arancione) nel Rapporto 2021 sulla libertà religiosa nel mondo pubblicato dalla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, 1,24 miliardi di persone vivono nei 36 Paesi in cui non vi è piena libertà religiosa e in cui tale diritto non è costituzionalmente garantito. Queste nazioni comprendono il 16 per cento di tutta la popolazione del mondo.

I Paesi che durante l’ultimo biennio hanno registrato un peggioramento e sono entrati nella categoria “arancione” sono prevalentemente quelli che hanno approvato leggi inique rispetto al trattamento dei gruppi religiosi.

Le illusioni di una ritrovata libertà all’indomani della Primavera Araba (le rivolte che hanno avuto luogo in Nord Africa e nei Paesi del Levante tra il 2010 e il 2012) sono svanite quando i governi hanno iniziato ad applicare in modo crescente leggi già restrittive per affermare il proprio potere, controllare l’ideologia dominante e rafforzare la propria presa sui leaders religiosi.

Governi di Paesi come l’Algeria, la Tunisia e la Turchia possono essere classificati come “pseudo-democrazie ibride” che prevedono processi elettorali, ma controllano rigorosamente chi può candidarsi e per quanto tempo può rimanere in carica e hanno facoltà di modificare le leggi di rielezione a proprio vantaggio.

Negli ultimi anni il presidente Erdoğan ha messo da parte il laicismo di Atatürk e ha introdotto una politica estera neo-ottomana che fa della Turchia una potenza globale sunnita. Come dimostrato dalla conversione dell’Hagia Sophia di Istanbul in una moschea, l’Islam è promosso in ogni aspetto della vita pubblica. A livello internazionale, Erdoğan ha deciso interventi militari in Libia, Siria, Iraq settentrionale e nell’ambito della guerra tra Armenia e Azerbaijan.

Il governo di Ankara ha anche cercato di influenzare la libertà religiosa in Albania, Bosnia, Kosovo e Cipro (si vedano le schede dei rispettivi Paesi e l’analisi regionale del Medio Oriente e Nord Africa).

In oltre una dozzina di Paesi che intrattengono relazioni distese e persino amichevoli con l’Occidente, essere un non-musulmano comporta oggi un rischio maggiore che nel periodo esaminato dalla precedente edizione di questo Rapporto.

Gli Stati del Medio Oriente, dell’Asia meridionale e centrale, nonché le ex Repubbliche sovietiche e le nazioni limitrofe, hanno approvato leggi volte a impedire l’espansione di quelle che considerano religioni straniere e al tempo stesso a vietare «l’Islam non tradizionale».

La libertà di culto è garantita, ma manca una piena libertà religiosa. Per esempio, in alcuni Paesi, l’apostasia dalla religione maggioritaria o di Stato è un reato punibile finanche con la pena di morte. Nelle nazioni in cui la conversione dalla religione maggioritaria non è vietata per legge, è di fatto proibita come conseguenza di forti pressioni sociali. In molti di questi Paesi, il proselitismo tra persone appartenenti alla religione di Stato è illegale.

Come attesta l’analisi regionale del Medio Oriente e Nord Africa, le leggi contro la blasfemia mettono a tacere i gruppi di fede minoritari, la tolleranza della società verso i cristiani continua a essere bassa e, come confermano i numerosi incidenti nell’Alto Egitto, le violenze possono scoppiare in qualsiasi momento.

Uno sviluppo positivo registrato nel periodo in esame è il riavvicinamento tra cristiani e musulmani guidato da Papa Francesco. Dopo il primo incontro del Pontefice con il Grande Imam Ahamad Al-Tayyib di Al-Azhar, guida del mondo musulmano sunnita, nel 2016, i due leaders religiosi si sono ritrovati nel 2019 negli Emirati Arabi Uniti (UAE) per co-firmare la Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana.

La visita apostolica negli Emirati Arabi Uniti è stata segnata dalla prima celebrazione in assoluto di una Messa papale nella Penisola Arabica. Il viaggio del 2021 di Papa Francesco in Iraq – il primo per lui in un Paese a maggioranza sciita – ha contribuito ad approfondire il dialogo interreligioso e aiutato a mettere in luce la terribile situazione delle minoranze religiose in Iraq e nell’intera regione.

La pandemia di COVID-19 ha sconvolto in tutto il mondo le tradizionali pratiche in ambito governativo, economico e in quello sanitario, spesso con profonde implicazioni per i diritti umani, incluso quello della libertà religiosa.

Nelle aree meno sviluppate del mondo la malattia del COVID-19 non ha soltanto rivelato le mancanze nelle diverse società, ma ha esacerbato le fragilità esistenti legate a fattori quali povertà, corruzione e strutture statali inadeguate. I gruppi terroristici e gli estremisti islamici, ad esempio in Africa, hanno approfittato della distrazione dei governi per aumentare il numero degli attacchi violenti, consolidare le proprie conquiste territoriali e reclutare nuovi membri.

Preesistenti pregiudizi sociali contro le comunità religiose minoritarie hanno inoltre portato a un aumento delle discriminazioni. Significativo in tal senso è il caso del Pakistan, dove le associazioni caritative musulmane hanno negato ai cristiani e ai membri di gruppi di fede minoritari l’accesso agli aiuti sanitari e alimentari. In Occidente, le misure di emergenza adottate in risposta alla pandemia hanno avuto un impatto sulla libertà di riunione e sulla libertà religiosa, suscitando critiche e dibattiti.

Nel Rapporto 2021 è stata introdotta una nuova categoria, ovvero i Paesi “sotto osservazione”, in cui sono stati osservati nuovi fattori emergenti che suscitano preoccupazione relativamente all’impatto che potrebbero avere sulla libertà religiosa. L’esistenza di questa categoria è dimostrata in modo tangibile da un aumento dei crimini di odio con un pregiudizio religioso ai danni di persone e proprietà. Questi reati vanno dagli atti di vandalismo contro i luoghi di culto e i simboli religiosi, tra cui moschee, sinagoghe, statue e cimiteri, ai crimini violenti contro i leaders religiosi e i fedeli.

Nel settembre 2019 è stata lanciata un’iniziativa delle Nazioni Unite per proteggere i luoghi di culto, ma purtroppo la campagna non ha avuto alcun effetto sulle manifestazioni violente in corso in America Latina, dove nell’ambito di proteste antigovernative i manifestanti hanno attaccato e distrutto proprietà e simboli religiosi.

In quella che Papa Francesco ha definito una «persecuzione educata», osserviamo l’ascesa di nuovi “diritti”, nuove norme culturali create in base a valori in evoluzione, che consegnano le religioni «all’oscurità della coscienza di ciascuno, o alla marginalità del recinto chiuso delle chiese, delle sinagoghe e delle moschee». Ad esempio, in Occidente, il diritto degli operatori sanitari all’obiezione di coscienza per motivi religiosi in relazione a pratiche come l’aborto e l’eutanasia non è più significativamente tutelato dalla legge, mentre ai laureati di particolari università confessionali è sempre più negato l’accesso a certe professioni.

Anche le disposizioni relative al diritto dei gruppi religiosi di gestire le proprie scuole secondo i propri princìpi sono a rischio in diversi Paesi. Questi nuovi diritti, sanciti dalla legge, fanno sì che i diritti individuali alla libertà di coscienza e di religione entrino in un profondo conflitto con l’obbligo giuridico di rispettare tali normative. Questa dissonanza ha già, e continuerà ad avere, un forte impatto su oltre l’84 per cento della popolazione mondiale che, secondo il Pew Research Center, si definisce appartenente a una religione o a un credo.

* Estratto da: Aiuto alla Chiesa che Soffre Internazionale, Libertà religiosa nel
mondo 2021, aprile 2021, https://acninternational.org/religious-freedom-report/

Il Rapporto 2021 sulla libertà religiosa nel mondo è un prezioso studio pubblicato dalla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Quella del 2021 è la quindicesima edizione del Rapporto, prodotto ogni due anni e pubblicato in inglese, francese, tedesco, italiano, portoghese e spagnolo.

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