Colpevole fino a prova contraria: quando devi inginocchiarti per dimostrare di non essere razzista

L’assurda polemica esplosa nel Paese sulla questione dell’inginocchiamento degli Azzurri

Di Dalila di Dio

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L’assurda polemica esplosa nel Paese sulla questione dell’inginocchiamento degli Azzurri impegnati nel campionato europeo di calcio, ha mostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, come coloro che si riempiono la bocca di parole come libertà, diritti e antifascismo siano i più ferventi nemici dell’autodeterminazione dei singoli.

I calciatori devono inginocchiarsi e devono farlo tutti, perché l’unica libertà contemplata è quella di uniformarsi e obbedire ai dettami del pensiero unico.

I sacerdoti del globalismo, in maniera strisciante, sono riusciti ad affermare il principio secondo il quale chiunque non sia perfettamente allineato è, automaticamente, per ciò stesso colpevole.

Badate bene: non basta più abbracciare le loro petalose battaglie.

Bisogna farlo nei modi e nei termini che loro stabiliscono, pena il marchio d’infamia.

Così, non è possibile essere semplicemente rispettosi della dignità di tutti, indipendentemente da colore, sesso, religione o orientamento sessuale ecc.

Bisogna diventare attivisti e prestarsi alle loro pagliacciate mainstream per lavarsi di dosso l’ignominia originale.

Per farla breve, siamo tutti razzisti, omofobi, misogini, medievali e quant’altro le loro fantasiose menti siano in grado di partorire, a meno che non forniamo prova del contrario.

E quale sia la prova contraria sono, ovviamente, loro a stabilirlo.

Così, se decidi di non inginocchiarti sei razzista, se non ti avvolgi nella bandiera arcobaleno tessendo le lodi del DDL delle meraviglie sei omofobo, se non canti a squarciagola bella ciao sei fascista e se non chiedi scusa come uomo per l’altrui machismo sei misogino e complice del femminicida di turno.

Qualche giorno fa, durante una trasmissione condotta da Tiziana Panella, qualcuno ha domandato ad Enrico Michetti, candidato alla carica di Sindaco di Roma, “lei canterebbe Bella Ciao?”

Lo scopo della domanda era evidente: chi non canta bella ciao è fascista, Michetti non canta bella ciao, Michetti è fascista.

Per non parlare di quelli che si profondono in lunghe dissertazioni tecnico-giuridiche sul perché il DDL Zan non possa diventare legge dello Stato e si sentono rispondere che qualunque cosa dicano non ha importanza perché chi è contro #IDiritti è un omofobo.

Ormai, aderire a qualsivoglia trovata globalista ha smesso di essere una facoltà, una libera scelta frutto di un intimo sentire ed è diventato un obbligo.

Prendiamo ad esempio l’inginocchiamento BLM: devi prestarti alla pantomima per dimostrare di essere antirazzista.

Poco importa che tu viva la tua vita all’insegna della fratellanza e del rispetto della dignità di tutti.

Questo non basta a liberarti dal marchio d’infamia: se non ti inginocchi sei razzista, nessuna discussione!

E se solo pensi di rifiutarti di farlo, ti si scatena contro la stampa, il segretario del PD, Fedez, Marchisio, Minnie, Topolino e tutti i loro accoliti, perché “non c’è alcun motivo per non inginocchiarsi a meno che tu non sia razzista”.

Beh, non è proprio così: di motivi per non aderire alla pagliacciata BLM, in voga tra i milionari di tutto il mondo, ce ne sono parecchi.

A spiegarli, qualche giorno fa, è stato Federico Rampini, firma del quotidiano La Repubblica. 

Ospite della trasmissione Stasera Italia, Rampini – non propriamente un pericoloso fascista – ha chiarito le mille ombre del movimento Black Lives Matter: “Il gesto dell’inginocchiarsi è nato qui. Questa stagione di BLM è molto più controversa di quanto crediate” ha spiegato il giornalista. “Bisogna diffidare della tendenza a trasformare delle celebrities milionarie nelle nostre nuove guide morali o politiche…Donald Trump, pur perdendo complessivamente, ha aumentato i suoi voti tra gli afroamericani. BLM, che è stato abbracciato completamente dall’establishment, si è macchiato di colpe serie, ha legittimato delle manifestazioni che erano anche molto violente e la violenza nelle manifestazioni ha significato saccheggio, devastazione, impoverimento, soprattutto dei quartieri dove abitavano altri afroamericani. Sono stati i commercianti afroamericani quelli che sono stati rovinati dalle gang che si sono scatenate con il pretesto e con la copertura di un movimento. Lo slogan più tremendo dei BLM è stato tagliamo i fondi alla Polizia, defund the Police. Questo slogan ha creato delle zone di aumento della criminalità in tutte le grandi città americane. I dati sono raccapriccianti, l’aumento degli omicidi…sono intere città in cui la Polizia si è ritirata essendo da un lato delegittimata da un pezzo dell’opinione pubblica dall’altro lato, addirittura, con dei tagli di risorse, ci sono delle zone d’America in cui il territorio è stato abbandonato alle gang”.

Ormai è chiaro: quella che il pensiero unico pretende è una adesione incondizionata e acritica. E, per ottenerla, lor signori sono disposti ad usare anche le cattive maniere.

Devi starci, altrimenti fai la fine di Gennaro Gattuso, scartato dal Tottenham dopo l’insurrezione dei tifosi che lo hanno bollato come omofobo e razzista per aver sostenuto che la famiglia è quella in cui ci sono una mamma e un papà e che gli Italiani non sono un popolo di razzisti.

Troppo, per essere tollerato da un regime che pretende obbedienza.

Sì perché non importa che chi compie il gesto mainstream di turno abbia delle riserve mentali. Non importa che la sua adesione sia genuina.

Quello che conta è l’obbedienza. 

Poter dire di averne piegato uno di più. 

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