Avanzando la secolarizzazione sembra perdersi il vero significato della fede cattolica, ma…

AVANZANDO LA SECOLARIZZAZIONE OCCORRE CHIEDERCI DI NUOVO: MA CHE COS’E’ VERAMENTE LA FEDE?

Di Matteo Castagna

Avanzando la secolarizzazione, sembra perdersi il vero significato della fede cattolica, così da indurre le persone a darne una definizione soggettiva. Ciò comporta che molti credano di averla, ma, in realtà, non è così.

L’errore della modernità è proprio la storicizzazione del dogma e, con la scusante della misericordia divina, il permissivismo verso il peccato, quale non fosse un vizio da combattere, ma uno stato dell’animo da giustificare, sempre e comunque. Ah, quanto si frega le mani il diavolo, davanti a questi atteggiamenti! E quanto tutti i Santi hanno messo in guardia da questi errori!

E’, dunque, utile chiarificare che cosa sia la Fede. In senso etimologico, significa persuasione, confidenza (nei riguardi di Dio). In senso largo è ogni assenso della mente nei confronti delle Leggi di Dio. In senso stretto, teologicamente si può considerare come atto e come abito. Come atto, si può definire “assenso soprannaturale con il quale l’intelletto, sotto l’impero della volontà e l’influsso della grazia, aderisce con fermezza alle verità rivelate per l’autorità di Dio rivelante”. Tale definizione ci presenta tutti gli elementi essenziali della fede.

Essa è:

1) Atto che emana l’intelletto. Il conoscere e l’assentire sono atti dell’intelligenza e, in questo, si distinguono dal “senso religioso”, come vorrebbero i Modernisti, il quale si fonda sull’immaginazione e la sensibilità, il più delle volte con sterile e sciocco sentimentalismo, piuttosto che su di un motivo razionale.

2) Sotto l’impero della volontà. L’atto di fede non emana solo dall’intelletto, ma richiede un atto della volontà, perché non abbiamo l’intrinseca evidenza di una verità, come l’abbiamo in alcuni principi naturali. Mentre due più due fa sempre quattro (sebbene ci sia qualche sconsiderato che, distopicamente, pretenda fare cinque o tre…) e la volontà non può modificare questa evidenza, nella fede abbiamo una ragione estrinseca: l’Autorità di Dio rivelante. Non essendo intrinsecamente evidente, l’intelligenza resta libera, e quindi ha il merito di aderire, se vuole, senza esserne costretta. Ecco perché è necessario l’influsso della volontà. In questo la fede differisce dalla visione beatifica, nella quale si percepisce chiaramente e immediatamente la verità.

3) Sotto l’influsso della Grazia. L’atto di fede è Soprannaturale; non bastano, perciò, le sole forze umane dell’intelletto e della volontà, ma occorre la grazia di Dio che illumini l’intelletto e muova la volontà, oltre la soprannaturalità della Rivelazione, fatta da Dio. In questo, la fede differisce dalla scienza, che aderisce a verità di ordine naturale. Inoltre, l’adesione alla fede deve essere ferma, poiché non può ingannarsi né ingannare. In questo, si distingue dall’opinione, che manca di certezza. La ragione per cui si crede è costituita di verità rivelate, di ordine naturale e soprannaturale che si fondano sulla testimonianza degli uomini, che traiamo dalle Sacre Scritture, dalla Chiesa Cattolica e dalla Tradizione. Vanno credute, senza dubbi, tutte le verità di fede, nessuna esclusa, altrimenti non si è cattolici.

Come abito, la fede si può definire: “Virtù soprannaturale e teologica che dispone la mente ad assentire con fermezza a tutte le verità rivelate da Dio”. La virtù è un abito permanente. Il fine della Fede è il raggiungimento di Dio in modo soprannaturale. (Giuseppe Casali, Somma di Teologia Dogmatica, Ed. Regnum Christi, Lucca, 1964).

Quanto spiegato corrisponde a ciò che è stato definito dal Concilio Vaticano I riguardo alla fede: essa “è una virtù soprannaturale, per la quale, colla aspirazione e aiuto della grazia di Dio crediamo essere vere le cose da Lui rivelate, non per l’intrinseca verità delle cose, veduta alla luce della ragione naturale, ma per l’autorità di Dio rivelante, il quale non può ingannarsi né ingannare” (D.B. 1789).

Nella lettera agli Ebrei (11,1) San Paolo ce ne dà questa descrizione: “La fede è sostanza di cose sperate e convinzione di cose che non si vedono” ma che si vedranno nell’Aldilà. San Giacomo (2,17) ci ricorda che “la fede senza le opere è morta” ma, anche, che “la fede in sé, benché non operi per mezzo della carità, è dono di Dio e atto di Lui opera che riguarda la salvezza” (Conc. Vat. I, D.B. 1791).

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