Cancellare i termini “studenti” e “studentesse” vuol dire continuare ad indottrinare all’ideologia gender i giovani

A cura di Angelica La Rosa

IL LICEO CAVOUR DI TORINO NON RISPETTA LA LEGGE ITALIANA CHE OBBLIGA LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE A SCRIVERE TUTTI I PROPRI ATTI IN LINGUA ITALIANA E NON TOLLERA ESPERIMENTI LINGUISTICI, A COMINCIARE DAGLI ASTERISCHI…

Non più “studente” o “studentessa”, ma “student*”, non più “ragazzo” o “ragazza”, ma “ragazz*”. Il liceo classico Cavour di Torino, con la scusa di aderire a “Noi siamo pari” (progetto del Miur per lavorare sui temi dell’inclusione di genere) è sceso in campo schierandosi dalla parte del concetto “fluido” e scegliendo l’asterisco al posto dei corretti sostantivi e aggettivi previsti dalla lingua italiana.

«Cancellare studenti e studentesse come ha fatto il Liceo Cavour di Torino significa appiattire la mente, la cultura e l’identità dei giovani per un fine ideologico. Chiediamo l’intervento del ministero dell’istruzione, perché faccia rispettare al Cavour la legge italiana che obbliga la pubblica amministrazione a scrivere tutti i propri atti in lingua italiana e non tollera esperimenti linguistici», è il commento di Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita & Famiglia.

«E cosa c’entra l’articolo 3 della Costituzione, che il preside della scuola cita, che recita che tutti i cittadini hanno pari dignità a prescindere dalla propria condizione?», aggiunge Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia. «Dov’è la dignità nel fingere che queste condizioni non ci siano? Che non ci siano differenze? – prosegue – Nessuno sano di mente può pensare che l’asterisco a scuola, lo schwa nei libri della Murgia e la carriera alias e similari possano portare beneficio. Così si fa rientrare dalla finestra il ddl Zan: un indottrinamento all’ideologia gender, si cancellano maschio e femmina sulla pelle dei nostri giovani».

«La diga – conclude la nota – sta franando così velocemente che persino un esponente del mondo Lgbt come Cecchi Paone, nell’ultima puntata di Zona Bianca, si è scagliato contro l’identità fluida e la carriera alias, descrivendola come “una nevrosi, non è un fatto reale”».

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