Sogno veneziano, l’opera che Giacomo Puccini non ha mai scritto

a cura di Angelica La Rosa

IL PROFESSOR CARLO VIVALDI FORTI: “SONO SOLO IO OGGI A CONOSCENZA DELLA TRAMA DELL’OPERA IN PREPARAZIONE, CHE PERALTRO NON ERA ANCORA DEFINITA NEI PARTICOLARI”

 

 

Giacomo Puccini, già malato e con la Turandot ancora da finire, espose agli amici quella che sarebbe stata la sua prossima opera. Lo zio dell’autore era presente e raccontò al nipote quel che sentì dire al grande maestro. L’autore annotò tutto e abbozzò un libretto che per la prima volta viene pubblicato, con una serie di aneddoti prima sconosciuti, in “Sogno veneziano. L’opera che Giacomo Puccini non ha mai scritto” (Gingko Edizioni, 2021 – 160 pagine).

Il professor Carlo Vivaldi Forti, Vice-Rettore e professore ordinario di Sociologia e Psicologia sociale presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona, Istituto INDEF, ha portato alla luce e fatto rivivere, l’idea alla quale il Maestro (del quale oggi ricorre l’anniversario della nascita, nacque infatti il 22 dicembre 1858) stava lavorando prima della morte e che l’autore ha potuto conoscere in esclusiva grazie all’amicizia della famiglia con il noto compositore.

Lo sfondo è quello della gloriosa Serenissima, a fare da scenografia il carnevale che porta con sé un certo fascino e mistero e poi ci sono i temi prepotenti dell’amore, della redenzione e della morte.

Un racconto composto riproducendo fedelmente la narrazione lasciata dallo stesso Maestro in persona al nonno e allo zio del professor Vivaldi Forti in uno dei tanti incontri conviviali della famiglia con l’autore nella calda e bucolica cornice di Pescia, borgo medievale della toscana. In quell’occasione, tarda primavera del 1924, appena dopo aver concluso la Turandot, già provato dal brutto male che poi lo avrebbe condotto alla morte, il Maestro narrò alla famiglia amica il progetto su cui stava lavorando, “Sogno Veneziano” appunto, che sarebbe dovuto essere un po’ il suo testamento artistico.

La vicenda parla di un nobile mercante veneziano, bandito dalla Repubblica per indegnità morale ed esule a Cipro, che viene richiamato dal Doge in un momento drammatico della storia della Serenissima, in quel momento minacciata dall’invasione di Bonaparte, affinché anche lui fosse inserito nelle liste militari. Tornato in patria, durante una festa di Carnevale in maschera, ritrova la ragazza di cui era innamorato e che aveva abbandonato a causa dell’esilio. La ragazza però non si fa inizialmente riconoscere, apparendo sempre mascherata, e facendosi chiamare Mistero, fino a quando non avviene la scoperta dell’identità della bella sconosciuta. Un scoperta scioccante…perché alla partenza del giovane si era sparsa la voce che la donna si fosse tolta la vita.

«Chiesi a zio Gino, il solo testimone dell’intero episodio rimasto vivo quando compii 23 anni, i particolari di quella visita e annotai su un taccuino parola per parola il suo racconto. Questo è il motivo per il quale sono solo io oggi a conoscenza della trama dell’opera in preparazione, che peraltro non era ancora definita nei particolari in quanto ne stava discutendo con i suoi librettisti e in particolar modo con Giuseppe Adami. Puccini non era per nulla pieno di sé , ma aperto a tutti gli scherzi e alle facezie delle diverse occasioni, ponendosi assolutamente alla pari con gli amici e non facendo per nulla pesare la propria popolarità. Appassionato di ciclismo, organizzava spesso insieme ai miei nonni gite sugli Appennini lucchesi e pistoiesi. Ho cercato di offrire non soltanto agli storici ma anche ai musicisti di oggi, uno spunto, nella speranza che qualcuno si senta di trarne un libretto e musicarlo in ricordo del Maestro, magari in vista del centenario della morte, che ricorre esattamente fra tre anni», ha dichiarato il professor Carlo Vivaldi Forti.

 

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