Siamo alla cronicizzazione di un virus che non è solo respiratorio ma psicologico e di potere

di Eugenio Capozzi*

C’È LA RINCORSA A IMPORRE ALLE POPOLAZIONI DEI VACCINI VALIDI PER UN AGENTE PATOGENO DEL PASSATO, NELLA FOLLE SPERANZA O PROMESSA DI SRADICARE QUELLI ATTUALI E ORMAI ENDEMICI

Questo inverno finora i virus influenzali prevalenti in Europa sono Delta e Omicron.
Il primo, dopo una prima diffusione dall’India, attenuata dal clima estivo, con l’autunno è arrivato dalla Russia, dove è esploso ad ottobre, e tra ottobre e dicembre si è spostato prima sull’Europa orientale, poi su Scandinavia e isole britanniche, poi sulla regione germanica, infine sull’Europa occidentale, per valicare poi l’Atlantico e arrivare negli Stati Uniti.I vaccini anti-Covid hanno diminuito i casi gravi e i decessi tra le fasce anziane di popolazione nei paesi dalla percentuale di vaccinati più alte. Ma quella percentuale non ha influito minimamente sulla diffusione della “variante” nelle varie nazioni, perché 1) l’effetto dei vaccini è stato parziale e temporaneo, già esaurito soprattutto nei primi paesi a praticarli; 2) contro Delta, parente di secondo grado di Sars-Cov 2, quei sieri sono ancor più spuntati.

Nel frattempo, dal Sudafrica è giunto a dicembre Omicron, che di Sars-Cov 2 è un parente ancor più lontano. In Europa Occidentale e in Nordamerica si è già sovrapposto a Delta, cominciando a scalzarlo, e a quanto pare è praticamente indifferente ai vaccini.

La comparsa di Omicron segna con evidenza il passaggio ad una fase epidemiologica del tutto nuova. I contagi si impennano fino a livelli mai nemmeno avvicinati in tutta la storia del Covid, toccando percentuali significative delle popolazioni, ma i casi gravi e i decessi diminuiscono. La dinamica è ormai sovrapponibile a quella dei virus stagionali abituali.

Se fossimo in un anno precedente rispetto al 2020, i notiziari ci parlerebbero di “picco” influenzale, e gli esperti (non ancora assurti alla fama da viro-star dei Bassetti e dei Crisanti) ci raccomanderebbero di bere molto, di mangiare leggero, di areare le stanze e simili. In Italia i titoli sarebbero del tipo “Otto milioni di italiani a letto con l’influenza“. E non mancherebbero nemmeno quelli sul genere “Terapie intensive al collasso” e “Interventi chirurgici rimandati“: solo che nessuno gradirebbe alla catastrofe e a nessun governo salterebbe in mente di limitare i diritti dei cittadini o di obbligarli a trattamenti sanitari, peraltro pensati per un virus di due anni prima.

In effetti oggi nel nostro paese si registrano tra i 100.000 e i 200.000 positivi al giorno, e 1.674.071 positivi in tutto, che verosimilmente si dovrebbero moltiplicare almeno per cinque, arrivando quindi quasi alle cifre annualmente stimate per l’influenza. E i decessi non sono certamente maggiori: dagli studi pubblicati prima del 2020 sul sito Epicentro dell’Iss, si ricava una media stimata di morti annuali per complicazioni dell’influenza intorno alle 25.000 unità, ma per alcuni studiosi si tratta di cifre da approssimare per difetto.

I numeri dei decessi oggi attribuiti a Covid sono notoriamente non affidabili perché vengono così etichettati i morti per qualsiasi causa positivi al virus, spesso solo dopo aver effettuato un tampone in ospedale. Comunque, se pure volessimo prevedere una media di 200 morti al giorno “per” e non “con” Covid tra novembre e marzo, arriveremmo ad un numero di 30.000, che è più o meno quello che succedeva prima.

Insomma attualmente non sta accadendo nulla di anomalo dal punto di vista virale rispetto a quanto accadeva ogni inverno.
La percezione che sia in corso un’emergenza è data esclusivamente dalla rappresentazione mediatica e politica della situazione come un flagello. Ma la realtà è tutt’altra.
Anche i picchi di mortalità verificatisi nel tardo inverno 2020 e nell’autunno successivo tra gli anziani furono largamente influenzati da questa narrazione catastrofista, che scatenò il panico e portò ad abbandonare i fragili senza cure.
Ma ora davvero siamo alla cronicizzazione di un virus che non è respiratorio ma psicologico e di potere; un mondo parallelo immaginario, schizofrenico.

E soprattutto la rincorsa a imporre alle popolazioni dei vaccini validi per un agente patogeno del passato, nella folle speranza o promessa di sradicare quelli attuali e ormai endemici, appare come il sintomo più evidente di una dissociazione acuta dal reale di cui molte società, sotto la spinta interessata delle loro classi dirigenti, stanno soffrendo.

*professore ordinario di storia contemporanea presso la facoltà di lettere dell’Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa

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