La presidenza Biden è al capolinea?

di Pietro Licciardi

L’INQUILINO DELLA CASA BIANCA IN UN ANNO NON NE HA AZZECCATA UNA E HA PERFINO AGGRAVATO L’ATTUALE CRISI RUSSO-UCRAINA CON UNA CLAMOROSA GAFFE IN CONFERENZA STAMPA

La presidenza di Joe Biden, la cui elezione aveva fatto esultare le sinistre e che è stata vista con favore anche da parecchi strani cattolici, si sta avviando verso la fine. Il presidente Usa sta infatti rivelando, a un anno dal suo insediamento alla Casa Bianca, di aver già fallito su tutta la linea. Non solo infatti a causa delle scelte della sua amministrazione l’America ha perso la sua autosufficienza energetica, il che tra l’altro ha ridotto e di molto la sua capacità di manovra nell’attuale crisi Russo-Ucraina, mentre l’aumento della inflazione e il notevole aumento del costo dei carburanti aggiunge altre difficoltà a quelle che le famiglie e i lavoratori hanno dovuto affrontare a causa del Covid-19, che Biden non è riuscito peraltro a contrastare in maniera efficace. Addirittura i morti a causa del virus nel 2021 sarebbero stati più numerosi di quelli ad inizio pandemia.

Inoltre in questo anno è stato registrato un aumento mai così massiccio da venticinque anni a questa parte di ingressi di clandestini dalla frontiera messicana e soprattutto non è stata perdonata, neppure da esponenti del suo stesso entourage, la gaffe in conferenza stampa in cui ha detto che una incursione di piccole dimensioni da parte delle truppe di Putin nel Dombas sarebbe stata accettabile.  In pratica un via libera ad invadere aprendo un fronte di guerra che potrebbe avere conseguenze molto dolorose per l’Europa, la quale, avviatasi in maniera abbastanza sconsiderata sulla strada del Green deal si trova a dipendere più che mai dal gas Russo che transita proprio dall’Ucraina. Anche per questo Germania e Francia stanno trattando direttamente con Mosca senza necessariamente coordinarsi con Washington e la Nato.

L’attuale confronto internazionale per inciso si sta rivelando un ulteriore motivo di debolezza per l’Europa, il che potrebbe portare ad un ripensamento dell’intero assetto comunitario dando interessanti opportunità all’Italia di contare di più, ovviamente a patto che l’attuale inetta classe politica al governo sia al più presto sostituita.

A mettere recentemente e pubblicamente il dito nella piaga dell’attuale presidenza è stato Sean Hanity di Fox news, il secondo maggior giornalista Usa, che ha puntualmente e impietosamente commentato la seconda conferenza stampa in veste di presidente di Joe Biden in cui il 19 Gennaio si è presentato parlando a braccio e senza l’appoggio del suo staff. Conferenza che Hanity ha definito: «dolorosa e imbarazzante».

Di fronte a milioni di telespettatori Joe Biden è stato smentito punto per punto e quando il presidente ha chiesto incautamente di fargli il nome di un altro inquilino della Casa Bianca che avesse raggiunto in un anno i suoi risultati l’anchorman di Fox News ha messo in fila tutti i successi di Donald Trump, che a quanto pare sono già in molti a rimpiangere; tanto che si sta ventilando di riproporlo come candidato alle prossime elezioni.

Ma a far intuire che il mandato di Joe Biden sia giunto al capolinea è l’aperta messa in dubbio delle sue facoltà in seguito ad un “declino cognitivo” sempre più evidente. Un sondaggio di Morning Consult ha rivelato che 49% degli elettori non è d’accordo sul fatto che Biden sia in buoni condizioni mentali, cosa su cui concordano peraltro gli stessi democratici – il partito dell’attuale presidente – che hanno partecipato al medesimo sondaggio. Ma ancora una volta sono le impietosi immagini delle conferenze stampa a cui ha partecipato a mostrare un Biden confuso, caotico nella esposizione e quasi incapace di tenere il filo del discorso.

Tutto questo è sicuramente preoccupante in una fase internazionale così delicata, con una Russia, saldamente alleata con la Cina, che preme ai confini dell’Ucraina con 200mila soldati mentre la Nato invia armi e gli Usa truppe e navi ad Est.

Specialmente dopo il sostanziale via libera di Biden ad invadere.

Per fortuna oggi, dopo le due disastrose campagne militari in Iraq e Afghanistan. Gli americano sono molto più cauti nel voler il proprio paese invischiato in una nuova guerra e lo stesso partito dei falchi – equamente distribuito tra repubblicani e democratici – costituito dalla nomenklatura dell’industria bellica e della forze armate, appare molto meno influente, senza contare l’impatto politicamente devastante per i democratici alla Casa Bianca.

Tuttavia nessuno, ci dicono gli storici, volle realmente una prima e una seconda guerra mondiale; eppure scoppiarono entrambe a causa di errori, di malintesi, di azzardi diplomatici. Dio non voglia che qualcosa del genere accada oggi, soprattutto con un rimbambito nel ruolo di comandante supremo della prima potenza militare del mondo.

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