Le diverse facce del totalitarismo

di Pietro Licciardi

ABOLIZIONE O LIMITAZIONE DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ: ECCO IL TERMOMETRO CHE MISURA LA TEMPERIE TOTALITARIA DI UNA SOCIETÀ

In questo tempo di pandemia, in cui governi nominalmente democratici e liberali col pretesto dell’emergenza sanitaria hanno fortemente limitato le libertà dei propri cittadini, è di particole attualità tornare a riflettere sulle diverse facce del totalitarismo, termine che dopo gli studi di Hannah Arendt all’indomani della caduta del nazionalsocialismo, è ormai applicato indifferentemente agli stati comunisti, nazisti e fascisti.

In uno studio di Sergio Romano, pubblicato nel 2000 da Il Giornale lo storico, saggista, accademico ed ex diplomatico, introduce tuttavia alcune distinzioni.

Un regime totalitario sopprime il dissenso, riduce drasticamente i margini delle preferenze individuali, rompe le nervature tradizionali della società civile, spezza i legami che uniscono un cittadino alla sua corporazione civile o professionale, appiattisce la società. Lo Stato sovietico e oggi quello cinese sono indubbiamente tutto questo, poiché dopo essersi imposti con la forza, hanno conferito tutto il potere a un solo partito, hanno imbavagliato la Chiesa e tutte le altre confessioni religiose, censurato qualsiasi manifestazione eterodossa. Tuttavia non avrebbero raggiunto lo scopo se non avessero soppresso il diritto di proprietà.

Secondo Romano alla soppressione, o alla forte limitazione, del diritto di proprietà non è stata prestata la necessaria attenzione, anche a causa della scarsa considerazione di cui esso ancora gode in larghi settori delle società occidentali. Un cittadino privo del diritto di proprietà infatti non ha nulla da difendere, nulla da acquisire, nulla per cui lottare, nulla da trasmettere. La proprietà è insomma una parte integrante della nostra personalità. La proprietà inoltre crea il diritto, produce una pluralità di leggi destinate a disciplinare i conflitti, a regolare i contratti, ad arbitrare le divergenze. Il regime sovietico – come tutti i regimi comunisti – fu totalitario anche e soprattutto perché soppresse il diritto di proprietà e, spogliando l’individuo dei suoi beni, lo dimezzò, lo impoverì moralmente e culturalmente, lo rese indifeso e vulnerabile. Non è un caso che la pagina più crudele della storia sovietica sia stata la guerra contro i kulaki, sterminati in Ucraina con una carestia artificiale che costò secondo alcuni 6 milioni di morti.

Sempre secondo Sergio Romano il regime nazionalsocialista fu meno totalitario del regime comunista. Fu poliziesco, repressivo, brutale, razzista e violò in molti casi la proprietà privata, ma non la abolì e non ruppe quindi le vecchie nervature della società civile tedesca. Inoltre a dispetto delle sue ambizioni totalitarie e delle sue velleità neopagane, non soppresse le due grandi famiglie del cristianesimo tedesco: la cattolica e la protestante.

Il fascismo di Mussolini fu ancor meno totalitario a dispetto delle sue coreografie militariste con le quali mobilitava e irreggimentava le masse. Il regime infatti concluse una serie di compromessi con alcune fra le maggiori istituzioni della società italiana: la monarchia, la Chiesa, il patronato industriale, i grandi corpi dello Stato, la burocrazia, le forze armate. A queste grandi istituzioni chiese omaggi formali: l’uniforme, il saluto romano, la presenza comandate alle liturgie del regime. Ma permise ad esse di amministrare con un notevole grado di autonomia, del tutto inimmaginabile in un regime comunista.

Per verificare la reale natura di un regime totalitario, vero o presunto, – conclude Sergio Romano – occorre esaminare il modo in cui un paese sopravvive e si trasforma nel momento in cui il regime scompare. La Germania fu distrutta, occupata ma il nazismo non aveva distrutto il diritto di proprietà e il grande patrimonio legislativo che la società tedesca aveva costruito, per disciplinarlo, nei secoli precedenti. I bombardamenti non avevano colpito i codici, i precedenti giudiziari, i contratti. Nel giro di pochi anni, là dove le potenze occupanti favorirono questo processo, i tedeschi ricostruirono le case e le fabbriche, ricominciarono a lavorare e ritrovarono in tal modo le radici della loro antica democrazia. Lo stesso accadde in Italia, non appena De Gasperi ed Einaudi poterono sbarazzarsi dei comunisti e dei socialisti di Nenni, allora alleati.

In Russia, invece, il crollo del sistema sovietico ha creato un enorme vuoto legislativo e culturale, un deserto su cui hanno spadroneggiato immediatamente i corsari dell’economia e della finanza e gran parte delle difficoltà sperimentate dalla Russia nei lunghi anni della “rinascita” post sovietica si dovettero all’assenza di norme, consuetudini, precedenti e tradizioni in materia di proprietà. Per uscire definitivamente dal totalitarismo comunista infatti non bastava sopprimere il partito unico e cambiare la Costituzione, occorreva costruire e regolare il diritto di proprietà e in ultima analisi creare una figura nuova, del tutto sconosciuta al regime sovietico: il cittadino proprietario.

Adesso lasciamo il saggio del professor Sergio Romano per andarci a rileggere i piani del signor Klaus Schwab del World Economic Forum, il quale col suo Great Reset, verso il quale il governo Draghi ci sta pian piano conducendo, ci vuole trasformare in formichine che consumano beni mai nostri affittati grazie a redditi di cittadinanza uguali per tutti. Un mondo “ideale” e “sostenibile” in cui la proprietà è un concetto svuotato di ogni reale significato.

Proprietà che non da oggi è già stata vessata e limitata nelle nostre “democratiche” e “liberali” società. In Italia da governi che impongono tasse sempre più esose su case, terreni, perfino automobili, che espropriano di fatto della casa i proprietari che sono nella quasi impossibilità di eseguire sfratti o di liberarsi degli abusivi, che limitano il prelievo di contante o sottopongono la sua circolazione a controlli rigidissimi, che hanno imposto il frazionamento ereditario e le tasse di successione, che con una giustizia civile dai tempi biblici impediscono di fatto la tutela del diritto di proprietà.

Vogliamo vivere liberi? Lasciamo perdere i ridicoli girotondi, le tirate sulle costituzioni più belle del mondo e i patetici antifascisti di professione e torniamo a proteggere la proprietà privata.

 

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