Piano Borghi PNRR: non bastano i fondi per ridare vita ai territori

di Vincenzo Silvestrelli

SECONDO IL PIANO BORGHI APPENA VARATO DAL MINISTRO DELLA CULTURA FRANCESCHINI, 21 “STRAORDINARI TERRITORI” DELLA PROVINCIA ITALIANA, GRAZIE AI FONDI DEL PNRR,TORNERANNO A VIVERE”. MA SARÀ PROPRIO COSÌ?

Negli scorsi giorni sono stati presentati al Ministero della Cultura (MiC) i progetti di Regioni ed autonomie locali per il rilancio di 250 borghi italiani previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

È indubbiamente positiva l’iniziativa del PNRR di finanziare il rilancio, nel nostro Paese con 420 milioni di euro di 21 borghi individuati da Regioni e Province autonome e 580 milioni di 229 borghi selezionati tramite avviso pubblico rivolto ai Comuni, il restauro sociale di piccole ma storiche realtà, attivando una collaborazione fra settore pubblico e privato. Non bastano però i fondi, concessi peraltro con la consueta complessità e pesantezza burocratica, senza una ripresa demografica.

Il Piano Borghi, al fine di rivitalizzare le piccole comunità del territorio italiano, vorrebbe perseguire l’obiettivo di favorire il ripopolamento dei piccoli centri contrastando l’urbanesimo moderno cittadino che queste realtà ha svuotato e sta svuotando.

I borghi rappresentano in effetti una risorsa italiana. Le mille comunità ricche di storia e bellezza sono le custodi dell’identità e, spesso, sono state anche il motore dell’economia italiana e del suo originale sviluppo nel sistema capitalistico. Per salvaguardare questo patrimonio unico occorre pensare a politiche di insediamento innovative, caratterizzate anche dalla collocazione dei servizi che utilizzi le tecnologie per incidere in una organizzazione sociale che, con i nuovi strumenti, possa tentare di recuperare modi di vivere tradizionali nel territorio. Solo questo ritorno all’antico permetterà infatti un uso del ricco patrimonio di strutture sociali e abitative che caratterizzano i piccoli borghi. In questa azione non si può prescindere da una proficua collaborazione fra pubblico e privato in quanto la cura e la manutenzione del territorio richiedono una attenzione costante che non può essere assicurata solo dalla Pubblica amministrazione.

La valorizzazione delle comunità locali è strategica per un restauro degli edifici e dei luoghi ma anche dei significati che essi rappresentano. L’uso continuativo delle strutture, anche rigenerate, è imprescindibile per garantire di realizzare interventi sostenibili nel tempo. Ma la situazione demografica italiana è uno dei limiti ad ogni iniziativa che punti alla valorizzazione dei territori. Sarebbe auspicabile che i piani di intervento tenessero conto della necessità di favorire la maternità attraverso iniziative di sostegno e di welfare di comunità. I fattori di successo del Piano Borghi non possono perciò solo essere legati a risorse e progetti pensati dall’alto, ma il fattore umano e la collaborazione della comunità e la sua ricostruzione quando necessario sono elementi essenziali. Il Piano Borghi del Ministero della Cultura, quindi, avrà bisogno di un’anima, altrimenti i risultati non potranno essere decisivi.

Andando al provvedimento, che utilizza i fondi del PNRR, esso prevede piani di intervento pilota, predisposti dalle regioni, che partono dalla valorizzazione di 21 piccoli borghi attraverso iniziative culturali e sociali integrate diversificate e legate alla storia dei territori ma anche allo sviluppo del lavoro a distanza utilizzando nuove tecnologie.

Le linee di intervento che il MiC ha individuato sono essenzialmente due.

La prima, alla quale sono destinati 420 milioni di euro, sosterrà progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei borghi a rischio abbandono o abbandonati, tramite la realizzazione di un numero limitato di interventi di carattere esemplare, uno per ciascuna Regione o Provincia Autonoma per un totale di 21. Ciascun intervento sarà di importo pari a 20 milioni di euro e sarà finalizzato al rilancio economico e sociale di borghi disabitati o caratterizzati da un avanzato processo di declino e abbandono. I progetti dovranno prevedere l’insediamento di nuove funzioni, infrastrutture e servizi nel campo della cultura, del turismo, del sociale o della ricerca, come ad esempio scuole o accademie di arti e dei mestieri della cultura, alberghi diffusi, residenze d’artista, centri di ricerca e campus universitari, Residenze sanitarie assistenziali (RSA) dove sviluppare anche programmi a matrice culturale, residenze per famiglie con lavoratori in Smart working e “nomadi digitali” (!).

La seconda linea d’azione mira alla realizzazione di progetti locali di rigenerazione culturale di almeno 229 borghi storici. In particolare, 380 milioni andranno a sostenere le proposte presentate dai Comuni e 200 milioni di euro verranno indirizzati quale regime di aiuto a micro, piccole e medie imprese localizzate o che intendono insediarsi nei borghi che saranno selezionati.

«Ventuno borghi straordinari torneranno a vivere», ha annunciato la “macchina della comunicazione” del Ministero della Cultura. Ma senza aiuti virtuosi alle comunità locali e alle famiglie sarà proprio così?

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