Falci e martelli, in questo giorno del lavoro, ci appaiono irrimediabilmente tramontate!

di Simona Trecca

L’INDIMENTICABILE INSEGNAMENTO DEL CARD. GIACOMO BIFFI NEL GIORNO DELLA FESTA DEI LAVORATORI: «FACENDO RISPLENDERE LA LORO FEDE ANCHE NEGLI AMBIENTI DI LAVORO, I CRISTIANI POTRANNO ESSERE DAVVERO UNA PRESENZA STIMOLANTE E INQUIETANTE PER LA SOCIETÀ»

Se si dovesse scegliere una collana editoriale nella quale inserire questo libro del cardinale Giacomo Biffi (1928-2015) La festa della fatica umana” (Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2022, pp. 191, euro 14) sarebbe sicuramente la serie “Oro”. Per l’immenso valore formativo che queste pagine offrono al lettore cristiano, anzitutto, ma in particolare al lavoratore più volte richiamato ai suoi diritti ma anche ai suoi doveri in una società sempre più alienata dai valori propri della natura umana come l’universalità, la fraternità, la libertà, nonché valori sociali come la sussidiarietà, la solidarietà e, soprattutto la carità, caratteristiche e virtù doverosamente applicabili nel mondo del lavoro e in tutti i sistemi economici.

La Prefazione al volume è del cardinale Matteo Maria Zuppi, attuale arcivescovo di Bologna, il quale presenta questa raccolta di omelie pronunciate dal card. Biffi in occasione della Festa del 1° maggio contestualizzandole storicamente.

Al periodo in cui Biffi è stato arcivescovo della città felsinea, dal 1984 al 2003, le sue riflessioni non sono apparse mai ad una società in profonda trasformazione «astratte affermazioni di puro principio ma sempre ben incarnate nel tempo di cui egli è acuto osservatore come ad esempio la percezione lucidissima dell’imminente rovina del comunismo sovietico».

Il curatore dell’opera, il docente e diacono permanente della Chiesa di Bologna Eros Stivani, presenta invece il testo partendo dai principi in materia di lavoro presentati dalla Dottrina sociale della Chiesa, circostanza che da sola conferisce al libro metà del valore. Stivani ricorda quindi alcune fondamentali encicliche in merito quali la Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, la Quadragesimo Anno (1931) di Pio XI, la Mater et Magistra (1961) di Giovanni XXIII e la Centesimus Annus (1991) di Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla, in particolare, ha ribadito «che l’insegnamento sociale della Chiesa chiede di riconoscere Dio in ogni uomo e ogni uomo in Dio, come condizione di un autentico sviluppo umano».

Il titolo scelto dall’editore al libro, “La festa della fatica umana”, può sembrare un ossimoro, ma è la chiave di lettura di tutta l’opera, appannaggio della Chiesa cattolica che festeggia San Giuseppe artigiano senza dimenticare i diritti, i limiti del mondo del lavoro e la fatica che è sempre un servizio ai fratelli  e un atto d’amore. Ogni omelia del card. Biffi è preceduta da un riepilogo introduttivo, che aiuta a fissarne i concetti. Ricche di Dottrina sociale e di tenera devozione a San Giuseppe, le parole di Biffi accarezzano l’animo umano, invitandolo con dolcezza ma anche con coraggio ad una seria riflessione sul proprio mondo interiore e poi anche sulla società contemporanea. Afferma in proposito il compianto cardinale nell’Omelia n. 3: «una cosa dovrebbe essere ben chiara ai lavoratori cristiani. Di fronte al mondo economico e sociale in rapida evoluzione, di fronte a ciò che sta avvenendo nella coscienza civile di molti popoli, come ci appaiono irrimediabilmente al tramonto e ormai senza presa sulla realtà tutte le antiche retoriche e i miti che hanno per troppo tempo assurdamente insanguinato la terra; come tutte le falci e tutti i martelli ci appaiono culturalmente arrugginiti!».

Ciò che sorprende di queste omelie, alcune di quasi quaranta anni fa, è l’incarnazione ancora oggi del grido ammonitore della Chiesa al popolo di Dio di ritornare a Lui, «perché solo nell’antropologia cristiana l’uomo – appartenendo a Dio – appartiene veramente a sé stesso; solo nell’antropologia cristiana perciò egli viene sottratto a ogni tirannia» (Omelia n. 8). Parole potenti e rivoluzionarie, ma incomprese da molti. E le conseguenze di questa incomprensione sono sotto gli occhi di tutti. Osserviamo infatti con il card. Biffi come oramai tutta la vita umana corra oggi dei seri pericoli, non solo per la precarizzazione del lavoro, ma anche «per l’eutanasia, le fantasie genetiche, la glorificazione delle devianze sessuali, la corrosione dell’istituto della famiglia, il permissivismo in tutti i campi, la droga. Si va logorando nella coscienza umana il concetto di uomo come persona inalienabile e sacra» (Omelia n. 14). Solo facendo risplendere la loro fede in tutti gli ambienti di lavoro, dall’officina alla scuola e all’università, dall’ufficio al focolare domestico, conclude il cardinale, «i cristiani potranno essere davvero una presenza stimolante e inquietante per la società».

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Grandissimo Biffi, profeta ante litteram anche sul pericolo dell’Islam. Quei simboli rossi sono riapparsi in varie città il 25 aprile, accompagnati da una gioventù degenerata ed incosciente che li portava, ignara del disastro che la attende. Vagavano drogati o ubriachi nei centri delle città evacuando per strada (anche ragazze) e spaccando vetrine ed auto. Ma forse la vergogna maggiore era la presenza, sotto la falce ed il martello, dei loro sindacati, che hanno taciuto sull’aver calpestato ogni diritto costituzionale al lavoro da parte della dittatura sanitaria delle élites al governo.