Eremo e società: da Montecorona a Fonte Avellana

Eremo e società: da Montecorona a Fonte Avellana

di Vincenzo Silvestrelli

PRESERVARE LA STORIA È FONDAMENTALE PER SALVARE L’IDENTITÀ DELLE COMUNITÀ LOCALI E COSTRUIRE UN FUTURO CHE SI BASI SUI VALORI PROFONDI CHE NE HANNO CONSENTITO LO SVILUPPO. OCCORRE RESTAURARE QUINDI NON SOLO GLI EDIFICI, MA ANCHE I SIGNIFICATI CHE ESSI RAPPRESENTANO. È QUESTO L’OBIETTIVO DEL CAMMINO ROMUALDINO-CAMALDOLESE FRA L’UMBRIA E LE MARCHE, CUI SARÀ DEDICATO UN IMPORTANTE CONVEGNO PRESSO L’ABBAZIA DI MONTECORONA A UMBERTIDE (PERUGIA)

Gli eremi, pur promuovendo una vita isolata per i monaci, sono istituzioni che hanno dato molto e danno ancora allo sviluppo economico e sociale dei territori nei quali sono insediati, oltre che naturalmente alla cultura e alla fede in generale.

In Umbria l’abbazia di Montecorona costituisce una presenza storica e culturale millenaria nel territorio della città di Umbertide, in provincia di Perugia, e in tutta la valle del Tevere. Le sue mura indicano un grande passato, in parte silenzioso, in parte generatore di nuova vita sociale e culturale.

L’abbazia ebbe un grande ruolo nello sviluppo del territorio umbro, tanto più quando più tardi ad esso fu collegato un eremo i cui monaci furono protagonisti di molte vicende rilevanti per la comunità locale.

Il Comune di Umbertide, grazie all’impulso del sindaco Luca Carizia, ha meritoriamente ridato attenzione a questa storia, costituendo un Comitato scientifico per approfondire le vicende, le persone, la spiritualità, i santi e gli influssi sociali ed economici di Montecorona. Dal lavoro documentario e scientifico che ne è emerso, un primo risultato è il prossimo convegno che si terrà a Montecorona, il prossimo 23 giugno, per iniziativa dell’Associazione Eticamente e del Comune di Umbertide.  L’iniziativa avrà lo scopo di approfondire la storia e il contributo “locale” delle abbazie camaldolesi di Montecorona e Fonte Avellana nelle Marche, che saranno idealmente unite da un “cammino” che attraverserà i luoghi della loro storia.

Tale suggestivo percorso, che si potrà fare a piedi o in bicicletta, sarà oggetto anche di una pubblicazione, a cura dell’Editore Monti, che indicherà in dettaglio le tappe ed i luoghi di ristoro e riposo che potranno incontrarsi durante il tragitto.

Oltre alla Regione Umbria con la Presidente Donatella Tesei, parteciperà al convegno anche il vicepresidente della Regione Marche, Mirco Carloni.

Oltre al “cammino” sarà presentata la vicenda storica dei collegamenti fra gli eremi camaldolesi ed i territori circostanti che ebbero notevoli benefici dalla loro presenza. Questi benefici influssi possono essere meglio compresi studiando i principi che san Pier Damiani (988-1072), priore di Fonte Avellana, applicava nella gestione dei rapporti con gli affittuari. Il santo camaldolese affermava che la spiritualità e la temporalità sono congiunte e, quindi, la gestione economica non poteva prescindere dai principi cristiani.

Pier Damiani affermava poi che il progresso collettivo poteva essere raggiunto solo con il benessere del singolo e della sua famiglia. L’attenzione alla famiglia dimostra la sensibilità al benessere delle comunità di vita della persona, che sono fonte primaria di “riproduzione” non solo demografica ma anche economica e sociale.

Un altro importante principio praticato a Fonte Avellana riguardava la terra, unica fonte di reddito nella società del tempo. L’agricoltura era considerata anche per la sua funzione sociale e doveva essere praticata nel rispetto delle leggi della natura per poterne trarre il maggior utile possibile. Il bene doveva essere utilizzato in maniera efficiente e questo era sostenuto favorendo l’innovazione agraria.

Infine Pier Damiani affermava che il reddito della terra doveva essere redistribuito equamente tra i vari ceti sociali ed il superfluo del ricco destinato a sostegno dei poveri, degli orfani e degli inabili al lavoro. Come si nota, si trattava di una concezione della gestione dei beni che favoriva sia la redditività dei terreni sia un’ottica di uso sociale dei beni e dei redditi in una sorta di “welfare medievale” che l’eremo s’incarica di promuovere attivamente.

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