Centrodestra in vantaggio: ma ancora per quanto?

di Giuseppe Brienza

LE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE SI AVVICINANO, MA LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA APPARE A RISCHIO A CAUSA DELLA SCARSA UNITÀ SULLE QUESTIONI FONDAMENTALI E SULLA RIVALITÀ DEGLI ALLEATI, OLTRETUTTO ALIMENTATA DALLE SINISTRE E DAI POTERI ECONOMICI INTERNAZIONALI. LA GUERRA E LA CRISI ENERGETICA IN CORSO NECESSITEREBBERO PERÒ DI UN’ALTERNATIVA COESA E AUTOREVOLE. QUESTO IL FOCUS DEL NUOVO NUMERO DELLA RIVISTA DI CULTURA E POLITICA “IL BORGHESE

Berlusconi e Salvini politicamente ansimanti e un po’ appesantiti portati a spalla da un’atletica Giorgia Meloni che continua a volare nei sondaggi. Questa la vignetta di Alessio Di Mauro sulla copertina dell’ultimo numero de “Il Borghese”. Sul disegno la scritta: “Centrodestra in vantaggio. La corsa a Palazzo Chigi”, considerando che ormai manca meno di un anno alle prossime elezioni perché la fine della legislatura è prevista nel maggio 2023.

Man mano che si avvicinano le politiche, però, come osserva il direttore della rivista pubblicata dall’editore Pagine, il numero e l’intensità degli attacchi ai leader del centrodestra aumento, avendo oltretutto buon gioco nell’evidenziarne le non poche divergenze di stile e di prospettiva geopolitica ed economica.

In particolare, scrive Giuseppe Sanzotta nel suo editoriale, gli avversari dell’alternativa all’attuale assetto governativo-istituzionale a trazione Pd-Cinque Stelle puntano alla presidente di Fratelli d’Italia, di cui lodano la coerenza sì, ma «sottolineando subito dopo che la Meloni non ha ancora passato l’esame di antifascismo e che al successo nei sondaggi non corrisponde una classe dirigente preparata. Tutto questo facendo finta di ignorare che l’attuale ministro degli Esteri [Luigi Di Maio], da vicepremier, si recò in Francia ad abbracciare i gilet gialli, rischiando una grave crisi diplomatica e che un ministro che si doveva occupare di infrastrutture [il grillino Danilo Toninelli, ministro dal giugno 2018 al settembre 2019] annunciò che il traforo del Brennero era “preso d’assalto” dai mezzi pesanti. Peccato che quel traforo sia ancora in costruzione».

Nel proseguo dell’editoriale del numero di giugno de Il Borghese, il direttore aggiunge quelli che, provenienti dall’interno dello schieramento di centrodestra, appaiono come ulteriori ostacoli in grado di comprometterne l’affermazione alle prossime elezioni. «Il primo – afferma Sanzotta – è che la legittima rivalità tra gli alleati si trasformi in sospetto e conflittualità. Non sappiamo con quale legge elettorale andremo a votare all’inizio del prossimo anno. Non sappiamo in che stato di salute arriverà l’Italia in seguito alle conseguenze della guerra in Ucraina. Ma possiamo anticipare con certezza che ci sarà bisogno di un governo autorevole, di competenze, di decisioni rapide ed efficaci e soprattutto di una maggioranza coesa. Se il futuro, per ovvie ragioni, è incerto, le forze politiche di centrodestra non possono lasciare spazio al dubbio. Gli ultimi mesi sono stati segnati da contrasti e perfino ostilità. La sfida che si presenta è così impegnativa che non possono bastare pasticciati chiarimenti» (Giuseppe Sanzotta, La lunga marcia, Il Borghese, n. 6 – giugno 2022, p. 3).

Segue l’articolo di Daniele Trabucco che tratta della questione di fondo del conflitto in corso tra la Repubblica di Ucraina e la Federazione Russa, ovvero il ruolo di Kiev a difesa dei valori democratici propri dell’Occidente (diritti umani, separazione dei poteri, sovranità popolare ecc.), contrapposti all’autoritarismo di Mosca. Secondo il costituzionalista, infatti, nella contrapposizione delle varie tesi manca «una riflessione critica circa il fondamento di questi valori. È innegabile, infatti, che la loro mera costituzionalizzazione, ossia la previsione all’interno delle Costituzioni, ne ha visto compromesso il loro autentico significato originario. […] Pertanto, in questa prospettiva, essi sono alla mercé della volontà insindacabile di chi, in un dato momento storico, detiene il potere e lo esercita. Detto diversamente, i valori delle democrazie occidentali, partendo dall’unico presupposto delle Costituzioni scritte, possono assumere un contenuto variabile derivante dalle aggregazioni e dagli spostamenti continui del pluralismo» (Daniele Trabucco, Sul fondamento dei valori occidentali, p. 31).

Anche l’articolo del filosofo Hervé Cavallera, ordinario di Storia della pedagogia all’Università del Salento, riprende il tema del groviglio etico che caratterizza l’Occidente nel particolare momento storico che stiamo vivendo. Nel pezzo, intitolato “Il nodo di Gordio” (p. 56), se ne individuano le avvisaglie già nei primi del secolo XXI ma, evidentemente, tutto esplode con un’epidemia a cui non si era più abituati e quindi con una guerra nel continente europeo che, diversamente da tutte le altre ben esistite negli anni precedenti, pare poter sfociare in un nuovo conflitto mondiale con la drammatica e comprensibile angoscia che ciò comporta.

In questo contesto, osserva Cavallera, «si assiste a una narrazione giornalistica che dà per orrore inaudito che vengano colpiti snodi ferroviari, ponti, aeroporti, centri commerciali, come se le guerre da sempre non avessero comportato sia la distruzione delle vie di comunicazione e di approvvigionamento, sia il crudele infierire sui civili. E dinanzi alla tragedia di una nazione invasa, ecco allora la nuova arma che l’Occidente mette in bella mostra, obbedendo a un bellicoso presidente degli Stati Uniti: le sanzioni. Sanzioni verso la Russia che poi si ritorcono pesantemente su nazioni come l’Italia che dalla Russia ricavavano commercio, turismo e soprattutto energia per il tramite dei gasdotti russi».

Marcello Veneziani dedica la sua rubrica mensile Ultimatum al tema geopolitico più ampio e complesso collegato in qualche modo alla guerra in Ucraina, ovvero quello della “de-globalizzazione”.

Nel pezzo, intitolato “L’Occidente si è ristretto”, il giornalista e scrittore giudica infatti «profondamente sbagliato continuare a credere che l’Occidente sia il mondo e che i suoi modelli, i suoi canoni, le sue linee siano la guida del pianeta. I governi euro-atlantici e l’industria dell’informazione prefabbricata – che lavorano da noi a pieno regime come le macchine propagandistiche dei regimi autocratici e dispotici – ci hanno dato in questi mesi una falsa rappresentazione della realtà: Putin isolato, la Russia contro tutti. La realtà, invece, è ben diversa: i quattro quinti del mondo, e anche di più se ci riferiamo al piano demografico, non hanno adottato alcuna sanzione, alcuna condanna nei confronti della Russia di Putin. Gigantesche democrazie come l’India, potenti Stati totalitari come la Cina, grandi nazioni islamiche come l’Iran, interi continenti come l’Asia e l’Africa, con poche eccezioni, non hanno condiviso il piano di controguerra, minacce e ritorsioni della Nato e dell’Amministrazione Biden degli Stati Uniti. Solo l’Europa s’è accodata, e in alcuni paesi di malavoglia, frenando o cercando di stabilire una doppia linea. Fino a ieri pensavamo che globalizzazione volesse dire occidentalizzazione del mondo, […] ma ora si deve onestamente riconoscere che non è più così».

Obiettivamente, aggiunge Veneziani, «non aveva avuto torto Donald Trump a cambiare direzione di marcia agli Stati Uniti: se globalizzazione oggi vuol dire espansione commerciale e politica della Cina e del Sud-Est asiatico, e non più egemonia americana, meglio mutare registro, giocare in difesa, concentrarsi sul proprio Paese e avviare una politica di protezione delle proprie merci per tutelarle dal selvaggio mercato globale e dalla sua crescente inflessione cinese» (p. 80).

Per ulteriori informazioni su questo numero della rivista ci si può collegare al sito della casa editrice www.pagine.net oppure chiedere direttamente una copia-saggio scrivendo una mail a: segreteriaredazione.ilborghese@pagine.net.

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