Il vescovo Suetta: “la legge 194 è da abrogare. L’aborto non è un diritto ma un omicidio”

a cura di Angelica La Rosa

IL VESCOVO DI VENTIMIGLIA-SAN REMO: MOLTI VESCOVI TEMONO CHE L’ARGOMENTO ABORTO POSSA ESSERE DIVISIVO. MA DI FRONTE A UN VALORE NON NEGOZIABILE, COME SI DICEVA UN TEMPO, SI PUÒ E DEVE PREFERIRE LA CHIAREZZA DELLE POSIZIONI AL PERICOLO DELLA SUA DIVISIVITÀ”

Fedele al brocardo evangelico «il vostro parlare sia “sì, sì, no, no”, il di più viene dal Maligno», Monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-San Remo, intervistato da Mauro Caverzan sulle pagine del quotidiano La Verità dello scorso 2 luglio, si è pronunciato senza se e senza ma a favore della sentenza della Corte suprema americana che rimette ai parlamenti dei singoli Stati federati la decisione circa l’applicazione della legge sull’aborto.

Mons. Suetta ha spiegato di aver apprezzato la sentenza dei supremi giudici statunitensi per 3 motivi: “Il primo risale a quand’ero un giovanissimo seminarista liceale e in Italia si scatenò il dibattito che precedette il referendum che portò all’approvazione della legge sull’aborto. Ricordo i vescovi di allora, il giornale Avvenire, i parroci e la chiarezza di papa San Giovanni Paolo II su questo tema. Perciò è un argomento che giudico di tragica attualità e di una certa decisività, in ordine alla morale cattolica e al contributo chela Chiesa deve dare alla civiltà”.

Il secondo motivo addotto dal vescovo è la sua grande stima “del movimento Pro-life americano che con questa sentenza ha ottenuto una importante vittoria”. Come terzo motivo il vescovo ha indicato il fatto che “l’indifferenza in cui è caduto il dramma dell’aborto richieda invece che lo si riproponga e lo si affronti da tutti i punti di vista, compreso quello giuridico”. Per il vescovo di Ventimiglia-San Remo il valore principale della sentenza “sta nell’aver cancellato un’acquisizione giuridica indebita e cioè che l’aborto sia un diritto costituzionale”.

Al rilievo del giornalista legato a pochi esponenti della gerarchia cattolica (compreso Mons. Paglia, della Pontificia Accademia per la Vita, ma che si è espresso con tiepide dichiarazioni) che si sono espressi pubblicamente sulla sentenza, il prelato ligure ha sottolineato che molti suoi confratelli vescovi “temono che l’argomento possa essere divisivo. Personalmente penso che di fronte a un valore non negoziabile, come si diceva un tempo, si possa e si debba preferire la chiarezza delle posizioni al pericolo della sua divisività”.

Suetta ha auspicato che quella sentenza “faccia scuola anche in Italia, innanzitutto promuovendo una riflessione sempre più approfondita sull’argomento. Una riflessione impegnata e concentrata non tanto sui diritti individuali quanto sulla sacralità e sulla dignità della vita umana. Perché qui sta l’equivoco: l’aborto non è un diritto, ma si configura come un omicidio perché è la soppressione illecita della vita umana. È su questo che bisogna ragionare. A partire dalla riflessione stimo e auspico conveniente arrivare a una cancellazione della legge 194. È una legge che annuncia finalità tanto buone quanto velleitarie perché al dettato legislativo non corrispondono autentiche politiche di tutela della maternità e di promozione della vita.

Quindi per monsignor Suetta la 194 è una legge “intrinsecamente negativa perché legittima l’uccisione di un essere umano nel grembo della madre. Per il vescovo ligure l’aborto “non è né un traguardo né un esempio di progresso” ma “una vergogna rispetto all’umanità”. “Mi domando come si possa ritenere diritto inalienabile la scelta di un individuo che comporti la soppressione di un altro essere umano”.

“La difesa del diritto del nascituro a vivere”, ha spiegato Suetta, è un’affermazione del diritto naturale “antropologicamente corretta. Se si afferma che in una tale situazione l’uomo può essere soppresso, oltre a legittimare un omicidio, si apre una voragine sterminata di abusi contro la dignità dell’uomo. Viceversa considero vera e propria ideologia, talvolta anche espressa in forme violente, quella degli abortisti che non avendo ragioni scientifiche valide ricorrono a pressioni di tipo ideologico”. Con la legge 194, secondo mons. Suetta, “di fatto siamo esposti a una forma di dittatura ideologica”.

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È una barbarie praticare l’aborto per risolvere problemi sociali.