Il servizio nella politica e nella cultura comincia dalla famiglia e passa per la comunicazione sociale

di Don Gian Maria Comolli*

LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA CHIEDE AI FEDELI LAICI IMPEGNATI IN POLITICA E NELLA CULTURA UN SERVIZIO PRIORITARIO IN FAVORE DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA, PERCHÉ QUESTE DUE ISTITUZIONI SONO LA BASE DELLA SOCIETÀ

Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (2 aprile 2004), nella parte conclusiva, indica il servizio nei diversi ambiti della vita sociale cui i fedeli laici sono chiamati particolarmente “a raccolta”. Ne elenchiamo i primi due, a nostro avviso fondamentali in un Paese come l’Italia del XXI secolo.

Il primo ambito in cui esprimere il servizio dovrebbe essere quindi quello alla persona e alla famiglia.

La dignità, il rispetto e la deferenza ad ogni persona, pensata da Dio da sempre (cfr. Ger. 4,5), a cui il Creatore affida una vocazione e una missione da realizzare a servizio dell’umanità, indipendentemente dall’essere sano o malato, ricco o povero, colto o analfabeta, è «il compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa e, in essa, i fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uomini» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 552).

Ebbene, come osserva il Compendio, «la promozione della dignità umana implica anzitutto l’affermazione dell’inviolabile diritto alla vita, dal concepimento sino alla morte naturale, il primo tra tutti e condizione per tutti gli altri diritti della persona» (n. 553). Serve porre attenzione, per una razionale e oggettiva discussione, a non errare la prospettiva come pure da superare il pregiudizio di molti che, intrecciando l’umano con il religioso, reputano ogni diniego alla legalizzazione dell’aborto e dell’eutanasia associato al cattolicesimo. Afferma in proposito il Compendio: «il rispetto della dignità personale esige, inoltre, il riconoscimento della dimensione religiosa dell’uomo, che non è “un’esigenza semplicemente confessionale”, bensì un’esigenza che trova la sua radice inestirpabile nella realtà stessa dell’uomo» (n. 553).Molto interessante è questa prospettiva di Papa Francesco che, conversando con un giornalista nel viaggio di ritorno dall’Irlanda (26 agosto 2018), ha affermato: «il problema dell’aborto non è un problema religioso: noi non siamo contro l’aborto per la religione. No. È un problema umano e va studiato dall’antropologia. Studiare l’aborto incominciando dal fatto religioso è scavalcare il problema poiché c’è la questione antropologica sull’eticità di far fuori un essere vivente per risolvere un problema. Io non permetto mai che si incominci a discutere il problema dell’aborto partendo dal fatto religioso essendo un problema antropologico e un problema umano». Concetto già ribadito per l’eutanasia il 14 novembre 2014 nell’udienza all’Associazione Medici Cattolici Italiani.

Ovviamente è del tutto insufficiente “denunciare” solo l’aborto e l’eutanasia, serve aiutare le donne con gravidanze difficili o indesiderate ed operare per ridurre questo crimine agendo sulle cause e sui motivi che li provocano. In definitiva occorrerebbe un lavoro “in radice” per individuare nei vari contesti opzioni alternative per «risanare le istituzioni, le strutture e le condizioni di vita contrarie alla dignità umana» (Compendio DSC, n. 552).

Nell’ottica del servizio alla persona il Compendio DSC aggiunge: «nell’attuale contesto culturale, singolare urgenza assume l’impegno a difendere il matrimonio e la famiglia, che può essere assolto adeguatamente solo nella convinzione del valore unico e insostituibile di queste realtà in ordine all’autentico sviluppo della convivenza umana» (n. 553). Anche in questo settore sono presenti gruppi e organizzazione a favore della famiglia e di famiglie che, ad esempio, offrono supporti ai fidanzati, accompagnamento alle coppie in crisi o l’adozione di strumenti di solidarietà.     

Il secondo settore di servizio dei laici riguarda la cultura che, oggi, appare dal punto di vista antropologico disorientata, smarrita e frastornata per molteplici motivazioni. Il servizio alla cultura, quindi, dovrebbe affrontare anzitutto «lo smarrimento dell’orizzonte metafisico; la perdita della nostalgia di Dio nel narcisismo autoreferenziale e nella dovizia di mezzi di uno stile di vita consumistico; il primato assegnato alla tecnologia e alla ricerca scientifica fine a sé stessa; l’enfatizzazione dell’apparire, della ricerca dell’immagine, delle tecniche di comunicazione» (Compendio DSC, n. 554). Tutti questi fenomeni, ammonisce il Compendio, «devono essere compresi nei loro aspetti culturali e messi in rapporto con il tema centrale della persona umana, della sua crescita integrale, della sua capacità di comunicazione e di relazione con gli altri uomini, del suo continuo interrogarsi sulle grandi questioni che attraversano l’esistenza» (n. 554).

Dopo questa sintetica analisi, il Compendio DSC offre alcune direttive.

La prima «è quella che cerca di garantire a ciascuno il diritto di tutti a una cultura umana e civile “conforme alla dignità della persona, senza discriminazione di razza, di sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale» (n. 557). Ciò implica azioni concrete: dal diritto delle famiglie ad una scuola pluralista alla libertà di accesso ai mezzi di comunicazione sociale, superando ogni forma di monopolio e di controllo ideologico che consenta un veritiero dibattito e confronto; dall’autonomia di ricerca alla divulgazione del proprio pensiero. Inoltre, in vari Paesi, sono inesistenti i “diritti culturali”, per questo «l’impegno per l’educazione e la formazione della persona costituisce da sempre la prima sollecitudine dell’azione sociale dei cristiani» (Compendio DSC, n. 557).

La seconda «riguarda il contenuto della cultura, ossia la verità» (Compendio DSC, n. 558). Lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes (1547-1616) nel suo famoso romanzo Don Chisciotte della Mancia (1605-1615), fece affermare al protagonista, rivolgendosi al suo scudiero Sancho Panza: «la libertà è il bene più grande che i cieli abbiano donato agli uomini». Poi proseguiva: «i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non la possono eguagliare; e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita».

Il vocabolo “libertà” risuona con insistenza nel quotidiano, ma i più reputano che questo atteggiamento si esprima nel poter espletare “quello che si vuole”; dunque un atteggiamento privo di retroterra metafisico. Non è questo il contesto per sviluppare l’argomento ma due indicazioni le offriamo. La prima riferendoci alla “nuova libertà insegnata dal Signore Gesù, che è racchiusa nei suoi insegnamenti: «se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete veramente miei discepoli; conoscere la verità, e la verità vi farà liberi» (Gv. 8,31). Commenta uno dei maggiori biblisti italiani, mons. Bruno Maggioni (1932-2020): «il verbo al futuro (“sarete liberi”) mostra che la libertà è un punto di arrivo, e segna lo stacco tra il prima (una vita di schiavitù) e il dopo (una vita nella verità e nella libertà). La libertà di Gesù non è già nell’uomo, ma va accolta e costruita, e segna la differenza fra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo. E la libertà evangelica si radica nella parola di Gesù, cioè nella sua rivelazione» (Il racconto di Giovanni, Cittadella Editrice, Assisi 2006, p. 173). Di conseguenza, l’uomo è libero, nella misura che si avvicina alla verità, la riconosce e la fa propria poiché l’autentico fondamento della libertà è la conoscenza della Verità.

Come ricorda il Compendio, «una corretta antropologia è il criterio di illuminazione della verità e di verifica per tutte le forme culturali storiche. L’impegno del cristiano in ambito culturale si oppone a tutte le visioni riduttive e ideologiche dell’uomo e della vita» (n. 558).

La terza direttiva: «i cristiani devono prodigarsi per dare piena valorizzazione alla dimensione religiosa della cultura; tale compito è molto importante e urgente per la qualità della vita umana, a livello individuale e sociale» (Compendio DSC, n. 559).

È un’affermazione del tutto attuale leggendo con “onestà intellettuale” il presente momento storico. Scriveva il filosofo Nicola Abbagnano (1901-1990): «si parla tanto, in filosofia di “morte di Dio”. Ma chi è stato veramente ucciso dal pensiero moderno è l’uomo. Umiliato, frantumato, ridotta a niente o a pura espressione linguistica, l’uomo è diventato sempre più manipolabile, sempre più disposto a rimanere vittima di ideologie totalizzanti quali il fascismo, il maoismo, il castrismo, fino alle ridicole “giustificazioni” di pseudo dottrine dietro le quali si nasconde spesso la tragica realtà di piccole o grandi tirannie personali”» (L’uomo progetto 2000, Dino Editori, Roma 1980, p. 39).

Ebbene, le varie crisi culturali cui abbiamo assistito dal Sessantotto in poi, non hanno leso e danneggiato unicamente la realtà e alcuni settori ma soprattutto l’uomo. Per questo concordiamo con il filosofo e padre saveriano Battista Mondin (1926-2015) quando affermava che nell’epoca attuale l’uomo «non è più persona per diritto di natura, ma per il beneplacito della stessa società» (Il valore uomo, Dino Editore, Roma 1983, p. 15). Pertanto, da queste sintetiche osservazioni, siamo consci che l’impegno culturale è urgente e improrogabile dal momento che il quadro di riferimento nelle scelte delle persone sono enormemente carenti di direttrici valoriali.

L’ultima direttiva culturale evidenziata dal Compendio DSC concerne i mezzi di comunicazione di massa e, considerando i contenuti delle innumerevoli scelte operate dalle persone, esso puntualizzo che tali scelte, «pur variando da gruppo a gruppo e da individuo a individuo, hanno tutte un peso morale e sotto questo profilo devono essere valutate» (n. 560). Si tratta di un assunto riconosciuto anche da un filosofo e sociologo non cristiano come Theodor W. Adorno (1903-1969) che, nel famoso saggio Minima moralia. Meditazioni della vita offesa ha scritto: «non c’è pensiero che è immune dalla sua comunicazione e basta formularlo nella falsa sede e in senso equivocabile per minare la sua verità» (Einaudi, Torino 2015, p. 71).

Questa frase molto attuale ricorda i doveri etici e deontologici dei professionisti dei mezzi di comunicazione sociale che hanno la responsabilità, l’obbligo e la missione di comunicare notizie oggettive e obiettive, attendibili e veritiere, libere da ogni compromesso, condizionamento e opinione personale superando le tentazioni del plagio, della suggestione e del dominio. Di conseguenza, aggiunge il Compendio, «il servizio alla persona mediante l’edificazione di una comunità umana basata sulla solidarietà, sulla giustizia e sull’amore e la diffusione della verità sulla vita umana e sul suo compimento finale in Dio sono le essenziali esigenze etiche dei mezzi di comunicazione sociale» (n. 562).

Il Magistero sociale della Chiesa, comunque, evidenzia anche la responsabilità dei “fruitori” della comunicazione, in primo luogo «nel discernimento e nella selezione» delle fonti informative e delle stesse informazioni che riceve o veicola (cfr. Compendio DSC, n. 562).

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*sacerdote ambrosiano, collaboratore dell’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano e segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia. Cura il blogwww.gianmariacomolli.it.

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