Darya Dugina e il coraggio di un Papa

di Raffaele Iannuzzi

L’APPELLO DI PAPA FRANCESCO DOPO L’ASSASSINIO DELLA FIGLIA DELL’IDEOLOGO RUSSO ALEKSANDR DUGIN

Papa Francesco, ancora una volta, ha sparigliato le carte preparate dall’ideologia dominante. A sei mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, durante l’udienza generale del mercoledì nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre parla, rivolgendo un appello al mondo, segnatamente ai potenti della terra, e le sue parole lasciano il segno: «Rinnovo l’invito a implorare dal Signore la pace per l’amato popolo ucraino che da sei mesi – oggi – patisce l’orrore della guerra. Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia. Porto nel cuore i prigionieri, soprattutto quelli che si trovano in condizioni fragili, e chiedo alle autorità responsabili di adoperarsi per la loro liberazione. […] Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca. Gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti! Pensiamo a questa realtà e diciamoci l’un l’altro: la guerra è una pazzia. E coloro che guadagnano con la guerra e con il commercio delle armi sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità».

La frase incriminata non sfugge a nessuno: “Penso a quella povera ragazza…”. Chi è la “povera ragazza” in questione? Naturalmente Darya Dugina (1992-2022), figlia di Aleksandr Dugin. Quest’ultimo non è affatto l’ideologo di Putin e non è neanche un boss del sistema mediatico-intellettuale russo, tant’è vero che l’Università di Mosca l’ha fatto fuori nel 2014 per le sue posizioni, considerate troppo radicali, sulla prima fase della guerra in Ucraina, iniziata proprio in quell’anno. Dugin è un pensatore, discutibile finché si vuole, ma è pur sempre un uomo libero che pensa con la sua testa, perfino senza allinearsi integralmente con Putin. Uccidere quindi la figlia di quest’uomo è appunto sacrificare un’innocente, una donna altrettanto libera che, insieme al padre, aveva una certa idea della Russia che, come ogni idea, è senz’altro discutibile, ma non deve essere motivo di violenza terroristica e omicida.

A questo punto, viste le reazioni della maggior parte dei giornali occidentali, con la stampa italiana in prima fila, a parte l’eccezione del quotidiano La Verità e poche altre testate, la domanda sorge spontanea: ma dove sono finiti quei liberaloni a ventiquattro carati sempre impegnati per la libertà di opinione? Dove sono gli avvocati del famoso principio, falso, si sa, ma citato a ogni piè sospinto, “non sono d’accordo con le tue idee, ma darei la vita purché tu possa esprimerle liberamente”? E la liberal-democrazia, lo spazio dei diritti individuali, la libertà di espressione? Tutto polverizzato di fronte al Male assoluto, che ora è Dugin, un demonio cresciuto nella pancia del sottosuolo russo, affine a Dostoevskji, indubbiamente razza dannata. Putin è il Male politico, Dugin è il Male ideologico, i due non si possono vedere, ma poco importa, sono russi e patrioti, non chiedono a nessuno, neanche alla Casa Bianca, il permesso di esistere e, di conseguenza, meritano la morte. Appunto, ora siamo arrivati allo scandalo vero e proprio. Questa è la pietra d’inciampo che il Papa ha individuato con rigoroso discernimento: Dugin se l’è cercata, poteva essere liberale, democratico, filo-occidentalista come Pietro il Grande e invece no, è brutto, sporco e cattivo. Merita, dunque, la morte. Non è toccata a lui, è vero, ma, come nella più efferata tradizione terroristico-mafiosa, per educare te, ammazzo tua figlia, così siamo pari.

Chissà cosa sarebbe accaduto se fosse caduta sul campo, in questo modo vile, la figlia di Zelensky, o di qualche pezzo grosso ucraino: apriti cielo, prova provata che la Russia è la sede del terrorismo…

Scopriamo anche un’altra verità di non secondario rilievo: i liberaloni in doppiopetto, anti-Putin e nemici giurati di ogni autocrazia, sono in realtà tutti nipotini di Carl Schmitt. Sì, il giurista “in odor di nazismo”, presentato dal come l’icona dell’anti-liberalismo e dell’anti-democrazia. Chi ragiona in termini di Amico-Nemico non guarda tanto per il sottile e della libertà di opinione non ha cura, figuriamoci poi se si tratta del nemico concreto, quello da abbattere…

E cosa fanno i liberaloni un tanto al chilo, in questo caso? La stessa cosa che farebbero gli allievi del “cattivo maestro” Schmitt, sdoganato, tra l’altro, già negli anni Settanta dal marxista Mario Tronti e dalla scuola dell’autonomia del politico, ma pur sempre anti-liberale di provata fede: eliminare il Nemico.

Il mondo è a una sola dimensione e neanche il Papa può permettersi il lusso di parlare apertamente di “complessità”, come invece ha fatto, lo scorso maggio, in un incontro con i direttori delle riviste culturali europee dei Gesuiti. In tale occasione il Santo Padre ha fra l’altro affermato: «sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli».

La complessità, arma logica e intellettuale della pattuglia dei migliori pensatori liberali, nella crociata contro il riduzionismo rozzo e volgare delle ideologie di ogni ordine e grado, a cominciare dal marxismo (per inciso, un altro prodotto occidentale). Ma questi erano altri tempi, ora la Guerra fredda è un lontano ricordo, e poi è stata vinta dall’Impero del Bene, il blocco occidentale con gli Stati Uniti in testa e, quindi, bando alle ciance e tirare dritto sul Nuovo Ordine Mondiale! Il che, tradotto, vuol dire: asso piglia tutto, il banco vince sempre. Il resto è gioco d’azzardo, punibile anche con la morte.

Con la morte per esempio degli innocenti come Darya Dugina, una “povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca”…

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Se “abbaia” la Nato figuriamoci i suoi cagnolini!

Caro Marco Taradash, suppongo che il genocidio effettuato dal governo ucraino nel Donbass per i passati otto anni quello non sia considerabile “genocidio” vero?

La ringrazio di cuore signor Marcello.