Bisogna invertire la rotta e nazionalizzare le società energetiche

di Daniele Trabucco

HANNO MESSO SUL MERCATO BENI DI PRIMA NECESSITÀ LASCIANDOLI IN MANO ALLE SPECULAZIONI

Nel 1992 il Governo Amato, su insistenza di Mario Draghi, all’epoca direttore generale del Ministero del Tesoro, ha proceduto progressivamente alla privatizzazione dell’INA, dell’ENEL, dell’ENI, dell’IRI e ad oltre mille aziende pubbliche con seicentomila dipendenti finiti sul lastrico.

In altri termini, questi irresponsabili hanno messo sul mercato beni di prima necessità, lasciandoli in mano alle speculazioni. Bisogna invertire la rotta e nazionalizzare (la Francia sta già lavorando in questa direzione con EDF) le nostre società che operano nel settore energetico.

L’art. 43 della Costituzione repubblicana vigente consente allo Stato di intervenire in modo autoritativo nel sistema produttivo, laddove emerga, e la situazione attuale di grave crisi energetica (creata ad hoc) giustifica questa scelta, l’esigenza di perseguire fini di utilità generale: in questo caso imporre prezzi dell’energia calmierati

Anche a livello comunitario non è esclusa la possibilità di nazionalizzare, ma, come avviene nei rapporti tra diritto interno e diritto dell’Unione Europea, l’intervento statale è oggetto di sindacato “nelle sue forme, nella sua ampiezza e nella sua consistenza, nella sua intensità, nella sua efficienza e nella sua efficacia, nella corrispondenza agli obiettivi prefigurati e da perseguire nei suoi limiti e, magari, nelle garanzie comunque da assicurare” (cit. Gabriele).

Da qui, dunque, un motivo ulteriore per esercitare la facoltà di recesso dall’Unione Europea ex art. 50 TUE.

Il “Governo dei migliori peggiori”, sul punto, rimane attendista, limitandosi a indirizzare i “players energetici” (di cui lo Stato possiede ancora piccole quote) con esiti non risolutivi: da una parte l’ENI è stato chiamato a garantire nuove forniture di gas a seguito di accordi con Algeria, Congo ed Angola, ma queste risultano non sufficienti per il fabbisogno nazionale, dall’altra lo SNAM, che controlla i gasdotti nel nostro Paese, è stata coinvolta nell’acquisto di un rigassificatore galleggiante per assorbire una maggiore quantità di gas liquefatto in arrivo dagli Stati Uniti d’America il quale presenta costi superiori al 50% rispetto a quello comprato dalla Federazione Russa.

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