Racconto di un viaggio in un Paese rimasto cattolico

di Gianmaria Spagnoletti

LA “MIA” POLONIA: UNA TERRA CHE HA BEN PRESENTE LA PROPRIA STORIA E LA PROPRIA IDENTITÀ CULTURALE E RELIGIOSA

Quest’estate, volendo trascorrere delle vacanze un po’ “alternative”, ho scelto di recarmi in Polonia. Oltre alla necessità di sfuggire al caldo soffocante dell’Italia ero curioso di vedere un Paese europeo che non conoscevo e che non avevo mai visitato prima d’ora.

Detto, fatto. Dopo aver prenotato i voli e il soggiorno in un bed & breakfast ho selezionato le cose da vedere con l’aiuto di una guida turistica. Destinazione: il tratto di costa baltica dove sorgono Gdynia, Danzica e Sopot, che praticamente fanno parte di un unico agglomerato urbano chiamato anche “Trojmiasto” (la Triplice Città).

Si tratta solo di una parte di Polonia, che tuttavia colpisce subito per la sua bellezza. Pur essendo nell’Europa del Nord ho trovato bel tempo, caldo (ma sempre meno che da noi), mare e luoghi ricchi di storia. Basti pensare che Danzica fu il luogo da cui partì la Seconda guerra mondiale: infatti i primi colpi vennero scambiati presso la base di Westerplatte, che ne porta ancora vistose tracce sui muri.

Tuttavia, le cose che mi hanno colpito di più sono altre: innanzitutto, un grande numero di adolescenti e giovani. Non solo giovani “tout court”, ma anche giovani coppie, giovani mamme in attesa e giovani famiglie con bimbi piccoli, tanti da far apparire l’Italia come desolatamente agée e spopolata a confronto.

Un’altra cosa è la relativa quiete che ho notato, tanto che è possibile prendere tranquillamente i mezzi pubblici (treni e bus) anche a tarda sera, non come nelle nostre grandi città, dove bisogna “stare all’occhio” per non essere aggrediti.

Ma se ormai noi non facciamo più caso alla “normale” microcriminalità, visitare la Polonia è un sano bagno di realismo: è vero che anche laggiù ci sono gli sterpi che crescono sul marciapiede e la sporcizia abbandonata per strada, ma mai quanto come nelle nostre città! E questo fa pensare che il caos polacco sia a un livello accettabile, mentre invece ci sembra proprio che l’Italia sia allo sbando. Questo è qualcosa su cui meditare in vista delle prossime elezioni del 25 settembre.

In Polonia ho poi notato che i giovani sono meglio disposti a comunicare con i turisti, dato che conoscono l’inglese in maniera almeno sufficiente.

I meno giovani invece parlano solo polacco e con loro è molto difficile intendersi, se non forse a gesti e con l’aiuto di qualche parola essenziale.

La più grossa sorpresa è stato vedere segni di devozione cattolica ovunque. Non solo le semplici chiese o edicole (a pari merito con l’Italia), ma anche cartellonistica di grandi dimensioni dedicata alla Vergine Maria, a Cristo Re o anche a Medjugorje, oltre alle onnipresenti statue dedicate a Giovanni Paolo II, ma anche a sacerdoti come il Beato Jerzy Popieluszko o Hilary Jastak (cappellano della Resistenza e in seguito di Solidarnosc).

Mi è capitato di pensare che questo tipo di cartelloni pubblicitari ci vorrebbe anche in Italia, anche se con ogni probabilità ci sarebbe subito una levata di scudi in nome della “laicità” (o sarebbe meglio dire “laicismo”). Il fatto è che la Polonia ha molto ben presente la propria storia e la propria identità (culturale e religiosa) perché sono il collante della nazione scomparsa quattro volte dalla carta geografica (quattro spartizioni del 1772, 1793, 1795 e 1939) che ha subito due occupazioni (russa e tedesca) durante la Seconda guerra mondiale e una dittatura militare (1981-83).

Di sicuro anche questo Paese è esposto alla distruzione culturale propugnata da mass media e social, ma rispetto a noi è molto più marcata l’attenzione al “passaggio del testimone” alle giovani generazioni.

 

(la seconda parte dell’articolo uscirà domani)

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