Pinocchio: l’ultima versione Disney non convince…

di Franco Olearo*

IL CLASSICO DI TUTTI I TEMPI, RIPRESENTATO IN UNA VERSIONE IN “LIVE ACTION”, NON TIENE IL CONFRONTO CON LE TRASPOSIZIONI PRECEDENTI, NONOSTANTE LE SUE PECULIARITÀ

La Walt Disney ha prodotto la versione live action del suo omonimo grande successo in 2D del 1940. Ed è disponibile sulla piattaforma Disney+. È mai possibile? Ancora una versione dopo il bel cartone animato del 1940? Il film del 2019 di Matteo Garrone con Roberto Benigni come Geppetto sembrava aver messo, almeno per noi italiani, una parola definitiva ma la proposta Disney con un regista come Robert Zemeckis e un attore come Tom Hanks appare di tutto rispetto. Si può addirittura ipotizzare un’uscita molto probabilmente frettolosa, perché per Natale arriva un altro Pinocchio, su Netflix, realizzato dal regista premio Oscar Guillermo del Toro. Potrà ancora interessare la storia di un burattino che diventa bambino perché è stato bravo?

Il Pinocchio di Collodi è un racconto di formazione con grande varietà di componenti ideologiche e formali che può essere letto a vari livelli, per i bambini come per gli adulti (in effetti ogni autore ha cercato di proporre la sua personale interpretazione). La lettura più accreditata è quella di un Pinocchio che matura sbagliando, seguendo la figura di un padre lavoratore onesto (Geppetto) e di una mamma amorevole pronta a curarlo (la Fata Turchina) con l’aiuto della voce della coscienza e sotto il controllo costante della legge (i carabinieri). Quanto ci ha voluto dire Collodi è in linea con la morale della società borghese e industriale di fine Ottocento.

La versione del 1940, sicuramente notevole a quel tempo per i progressi raggiunti nell’animazione, aveva già depurato, rispetto al testo originale, tutti gli aspetti più violenti (Pinocchio non schiaccia il grillo parlante uccidendolo, lui stesso non viene impiccato) ma soprattutto non era più un monello dispettoso ma piuttosto un ingenuo bambino inesperto della vita. Questa versione del 2022 è fedele a questo modello fino a riprodurre in buona parte le stesse sequenze e a far dire ai protagonisti le stesse frasi. Ma questa nuova versione è stata realizzata in peggio. C’è un problema di ritmo (tutta la prima parte, la vita di Geppetto all’interno della sua bottega, è inutilmente lunga e dettagliata). I vari personaggi appaiono e poi si dileguano senza approfondimenti (la fata turchina appare solo all’inizio, per dar vita al burattino; il gatto e la volpe fanno il loro mestiere di truffatori di Pinocchio ma poi non si vedono più). Le arie che vengono cantate non hanno nulla di memorabile. Pinocchio ha un solo schema mentale che ripete ossessivamente: fare contento suo padre; peccato che si lasci sempre imbrogliare. Almeno gli aspetti morali sono stati diligentemente conservati: il grillo diventa “ministro della conoscenza del bene e del male di Pinocchio e suo consigliere nei momenti della tentazione”.

L’iniziativa di produrre una versione live action, buona o cattiva che sia, va inquadrata, più banalmente, all’interno del progetto più ampio della Disney di conservare, attraverso versioni con attori in carne ed ossa, il copyright sui propri classici ma c’è dell’altro. È proprio verso il finale che si intravede una sostanziale novità rispetto al testo originale e a qualsiasi altra versione precedente. In fondo, analizzando le ultime produzioni Disney, potevamo aspettarcelo: anche in questo lavoro viene posta particolare attenzione verso il “diverso”. Geppetto è riconoscente per essere stato salvato da Pinocchio, lo ama per quello che è, non occorre che venga trasformato in un bambino in carne ed ossa. Come questa prospettiva è molto probabile che venga prodotto un sequel.

*redattore/editore del portale FamilyCinemaTv

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