Settimana da incubo per gli pseudo-progressisti italici

di Dalila di Dio

LA PRIMA RIUNIONE DI CAMERA E SENATO HA SEGNATO IL MOMENTO APICALE, FINO AD ORA, DEL PIAGNISTEO ININTERROTTO CHE HA ACCOMPAGNATO L’ESITO DELLE ELEZIONI POLITICHE

Settimana da incubo per i progressisti italici: la prima riunione di Camera e Senato ha segnato il momento apicale, fino ad ora, del piagnisteo ininterrotto con cui i vari Scanzi, Gruber, Merlino e Mentana hanno accompagnato l’esito delle elezioni politiche dello scorso 25 settembre.

Dopo due settimane a dover letteralmente inventare notizie – speculando persino sui colpi di tosse di una Giorgia Meloni che, magistralmente, li ha lasciati a bocca asciutta chiudendosi in un silenzio tanto istituzionale quanto furbo e avveduto – finalmente, giovedì, con il primo atto ufficiale della diciannovesima legislatura, le prefiche di Mario Draghi e del Governo dei migliori hanno avuto qualcosa di concreto di cui parlare: Ignazio Benito Maria La Russa da Paternò è stato eletto, con ampia maggioranza, Presidente del Senato della Repubblica. 

Un uomo del Movimento Sociale Italiano assurge, così, al ruolo di seconda carica dello Stato: inaccettabile per lor signori. E il modo ancor li offende. Sì, perché ancor più dell’elezione in sé, in qualche modo preannunciata nei giorni precedenti, il vero scandalo è che il temibile La Russa sia stato eletto senza i voti di Forza Italia – pare, per i capricci della cacciatrice di novax Licia Ronzulli – ma con il soccorso rosso di non meglio identificate frange dell’opposizione (chi pensa a Renzi Matteo Senatore di Rignano fa peccato ma, probabilmente, indovina).

Eppure, il povero Corrado Formigli, che a poche ore dall’elezione di La Russa si stracciava le vesti, continuando a ripetere ossessivamente “Ignazio Maria Benito…” con lo sguardo fisso nel vuoto, durante quella che è parsa una seduta di terapia di gruppo con Giovanni Floris ed Ezio Mauro, non poteva immaginare cosa sarebbe successo il giorno dopo: venerdì mattina, infatti, alla quarta votazione la Camera dei Deputati eleggeva alla presidenza il Leghista Lorenzo Fontana, scatenando le ire di Boldrini, Zan e Cirinnà assortiti. 

Fontana, tre lauree, già ministro della Famiglia del Governo Conte 1 e ed ex eurodeputato, sarebbe colpevole di essere un simpatizzante di Putin, ma soprattutto di essere cattolico – “ultracattolico”, qualunque cosa voglia dire – nonché un pericoloso omofobo per aver sostenuto che i bambini debbano avere una mamma e un papà ed essere stato tra i promotori del Family day di Verona in cui – udite, udite! – fu diffuso un piccolo feto di plastica, giusto dimostrare che sembianze abbia, in realtà, quello che gli abortisti chiamano grumo di cellule per mondarsi la coscienza.

La Russa e Fontana: una provocazione inaccettabile per quelli che pensavano che sarebbe andata come a febbraio, quando Salvini e Berlusconi sabotarono letteralmente ogni possibilità di portare una personalità di area al Quirinale, determinando la rielezione del riluttante – per finta – Sergio Mattarella. Ora, vedere l’intero mainstream dimenarsi in preda alla disperazione e annegare in un mare di impotenza è certamente qualcosa che riempie il cuore.

Da giorni, a sinistra, giornalisti, politici e sedicenti intellettuali latrano contro la seconda e terza carica dello Stato: per Letta, la decisione assunta a maggioranza dagli esponenti delle Camere sarebbe uno “sfregio” all’Italia. Secondo Calenda, il Parlamento che liberamente si è espresso avrebbe mancato di rispetto alle istituzioni eleggendo persone non adatte a rappresentarle. Rula Jebreal, non paga di aver vinto una querela per diffamazione da parte di Giorgia Meloni, continua a diffondere per il globo terraqueo le sue impagabili perle: Fontana e La Russa – due persone pericolosissime – sarebbero stati nominati dal Primo Ministro Giorgia Meloni.

Ignoranza e malafede allo stato puro, ma se glielo fai notare sei sessista, misogino e vuoi intimidirla. Niente che non ci aspettassimo. D’altronde non abbiamo mai avuto motivo di credere che a sinistra avrebbero semplicemente accettato la sconfitta, lo spettacolo a cui stiamo assistendo era ampiamente preventivato.

Tuttavia, al di là del fastidioso frignare sinistro, nell’elezione di La Russa e Fontana possiamo scorgere un segnale di svolta che fa sperare in una inversione di tendenza nella condotta della destra parlamentare: sembra che, per la prima volta, la metà sbagliata dell’arco costituzionale, quella sempre bisognevole di qualche legittimazione da parte di coloro che piacciono alla gente che piace, abbia deciso di smettere di cercare patenti di agibilità politica da parte della sinistra.

Pare che, finalmente, a destra abbiano deciso di infischiarsene di cosa Letta & Co. considerino presentabile, accettabile o ricevibile determinandosi a fare esattamente quello che il PD fa da decenni: colonizzare le istituzioni senza curarsi troppo di quel galateo che a sinistra invocano solo quando a decidere sono i nemici.

Subire le decisioni di una maggioranza democraticamente eletta è un’esperienza inedita per i progressisti, totalmente incapaci di accettare l’esito di libere elezioni e lo svolgersi del iter costituzionale senza strepitare; le cose sono sfuggite dal loro controllo, massimamente per loro responsabilità, e non sanno darsi pace. E il fatto che la destra abbia indicato due figure dall’identità ben delineata, portatori di una storia e di una visione capace di far esplodere i loro teneri e delicati fegati li riempie di indignazione.

Fontana e La Russa sono figure controverse, pericolose, divisive. Tutto questo è inaccettabile. Parola di quelli che, per citare solo l’ultimo decennio, hanno messo gente come Giorgio Napolitano al Quirinale e Laura Boldrini sullo scranno più alto di Montecitorio.

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