I vescovi e la sfida all’ideologia gender

di Diego Torre

DAI VESCOVI, PASTORI D’ANIME PRONTI A DARE LA VITA PER LE LORO PECORE, CI ATTENDIAMO UN CORAGGIO DA LEONI SULLO SCOTTANTE TEMA DEL GENDER

Mandare messaggi controcorrente implica una certa dose di coraggio. Chi lo fa si espone al linciaggio mediatico, diventa il lupo cattivo di turno e viene iscritto nella lista nera degli esecrabili da parte dei sacerdoti del politicamente corretto. E’ quanto Benedetto XVI aveva ampiamente previsto quando parlava di dittatura del relativismo e che sempre più si va realizzando sotto i nostri occhi. Dai vescovi, dai pastori d’anime pronti a dare la vita per le loro pecore, ci si attende un coraggio da leoni. E recentemente taluni, sullo scottante tema del gender, non hanno deluso le aspettative.

In campagna elettorale per le amministrative a Verona, alla vigilia del ballottaggio finale fra i due candidati, il vescovo locale, Giuseppe Zenti, invitava a “individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta di Dio e non alternata dall’ideologia del gender; al tema dell’aborto e dell’eutanasia».

Non sorprende la dichiarazione di Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, che coraggio ne ha sempre avuto da vendere e che a Pro Vita & Famiglia ha dichiarato: «Vedo purtroppo una prevalenza abusiva e pericolosa di queste teorie nel mondo della scuola e, in generale, in qualunque ambiente. Si tratta di concessioni che vengono pretese da taluni e poi elargite con il contagocce, in una maniera che potrà sembrare quasi innocua ma che, a poco a poco, plasma una mentalità».

Gli organizzatori del pride di Aversa hanno voluto incontrare il vescovo locale, Angelo Spinillo, che ha spiegato come “non credo di poter essere definito omofobo, semplicemente perché ho una visione diversa dalla loro, né credo di aver paura della realtà di persone che vivono o pensano in maniera diversa da quella che io ritengo sia più corretta e più giusta».

Ancora più esplicito, Douglas Regattieri, vescovo di Cesena-Sarsina, che a maggio, in una lettera ai fedeli ammonisce: “L’espressione ‘identità di genere’ mira chiaramente ad annullare la differenza, il dualismo uomo-donna, a vantaggio di un’autopercezione individuale, tesa a cancellare la differenza sessuale, a creare una confusione antropologica che confonde e sicuramente lede il principio di condivisione, reciprocità uomo-donna, su cui si fondano la famiglia e l’educazione. Anche solo a partire da queste poche osservazioni sul DDL Zan non possiamo esprimere che forti perplessità e dubbi”.

Preoccupazioni sul tema hanno espresso ancora Paolo Giulietti, vescovo di Lucca, e Simone Giusti, vescovo di Livorno, raccolte da Provita e Famiglia onlus, che si batte con grande valore da sempre in difesa dei principi non negoziabili.

Apprendiamo pertanto compiaciuti che taluni vescovi esercitano con coraggio e coscienza il mandato ricevuto dalla Chiesa. Ce ne sono stati in passato e ce ne saranno in futuro. Ma la portata catastrofica di quella che il papa chiama colonizzazione ideologica impone uno sforzo di conoscenza ed un serio approfondimento verso questa tematica esiziale. Bisogna coglierne tutta la valenza negativa e denunciarla senza se e senza ma. E’ pronta la Chiesa ad affrontare una simile sfida?

Giovanni D’Ercole, vescovo emerito di Ascoli, ha dichiarato in agosto proprio a Provita&Famiglia: «Ho sempre sostenuto che bisogna lottare e continuerò a farlo, perché credo che il gender rappresenti la distruzione dell’essere umano nella sua struttura più profonda, e che sia un’ingiusta e pericolosa ingerenza nei confronti della famiglia».

L’aspetto che andrebbe appunto approfondito è quello della distruzione dell’essere umano che sfugge ai più. Ma insieme ad esso andrebbe compresa la sfida gnostica a Dio che suona pressappoco così: “Tu hai fatto male l’uomo e noi ora lo rifacciamo a misura del suo capriccio”. Due aspetti degni di un approfondimento molto maggiore da quello consentito dal presente articolo. La Chiesa, madre e maestra, ha il magistero e l’assistenza dello Spirito Santo necessari ad affrontare una simile tematica con l’amore e la sapienza necessari. Il buonismo melenso di taluni ecclesiastici e la riduzione del problema ai soli aspetti morali non aiutano certo a comprenderne la complessità e ad affrontarlo con gli strumenti culturali e spirituali adeguati.

 

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