Niente di nuovo sul fronte orientale (e sul mantra della guerra)

di Sergio Caldarella*

SE UN AUTISTA MILITARE RUSSO UBRIACO ESCE FUORI STRADA E ABBATTE UN POLLAIO POLACCO, ANCHE QUESTO È CONSIDERABILE COME “ATTACCO” E POSSIAMO METTERCI TUTTI INSIEME A GIOCARE ALLA TERZA GUERRA MONDIALE?

Quando nel 1928 lo scrittore tedesco Erich Maria Remarque (1898-1970) pubblicò il capolavoro letterario Niente di nuovo sul fronte occidentale la frase del titolo venne, in realtà, presa in prestito dai laconici bollettini dell’alto comando tedesco per i quali la morte insensata di Paul Bäumer, il protagonista del romanzo, non rappresentava nulla di nuovo, non era una notizia degna di rilievo.

Nel mezzo dell’orrore assoluto della guerra la morte di un uomo diventava un semplice nulla patito su uno squallido campo di battaglia. Nel contesto della guerra la vita non significa più alcunché e, dunque, neppure la morte che non è necessario riportare come se fosse un evento: niente di nuovo

Questo era, come descritto da Remarque, il fronte occidentale nella Prima guerra mondiale: il luogo dove la carneficina era diventata una nuova normalità. Non è certo un caso che Remarque fosse odiato da nazisti e fascisti i quali pretendevano, invece, che la guerra fosse chissà quale meravigliosa avventura, mentre lo scrittore ne faceva sentire l’intrinseca mostruosità e disumanità.

Con un salto di 104 anni, martedì 15 novembre 2022 un missile lanciato da postazioni ucraine ha colpito il villaggio di Przewodów, al confine polacco, uccidendo due agricoltori: il sessantaduenne Boguslaw Wos, caporeparto di un magazzino di cereali e Bogdan Ciupek, di 60 anni, autista di trattori, entrambe straziati dall’esplosione dell’ordigno.

In un primo momento, credendo che il missile fosse stato lanciato da unità dell’esercito russo, media e politicanti occidentali hanno iniziato a fare la voce grossa e battersi il petto invocando l’attivazione del terrificante art. 5 del trattato di Washington in cui si prevede una difesa collettiva da parte dei Paesi NATO in quanto “un attacco contro un alleato è considerato come un attacco contro tutti gli alleati”.

Evidentemente qui “attacco” significa qualunque cosa: se un autista militare russo ubriaco esce fuori strada e abbatte un pollaio, forse anche questo è ormai considerabile come “attacco” e possiamo metterci tutti insieme a giocare alla Terza guerra mondiale. Nel mezzo di questi preoccupanti strepiti bellicisti nessuno si è premurato a porre domande quali: “cosa significa ‘attacco?’”, oppure “può un errore nel mezzo di un conflitto esser considerato alla stregua di un atto di guerra intenzionale?

Fino a quando si riteneva che il missile fosse stato lanciato dalla Russia il coro del delirio mediatico gridava: “un attacco è un attacco, intenzionale o meno”. Tutti gli eroi con carta e calamaio si dichiaravano unanimi – perché altrimenti non si può far parte della cricca dei venditori di illusioni – per l’attivazione dell’art. 5. Nessuna tra queste teste acute si è però fermata un attimo per porre una domandina facile facile, ossia: “è possibile vincere una guerra contro una superpotenza nucleare senza far distruggere ogni forma di vita sul pianeta?” Oppure i geniacci volevano proprio scatenare un olocausto nucleare e basta? Pensano forse che qualcuno possa proteggerli da un tale evento? Oppure gli è sfuggito che le testate nucleari oggi a disposizione, oltre al loro numero spropositato, sono anche ognuna almeno cento volte più distruttive di quelle utilizzate su Hiroshima e Nagasaki? Ma queste, ai loro occhi rapiti nel furore, sembrano forse quisquilie. Lo scandalo della nostra epoca è proprio quello di trovare questa gente in posizioni che in un mondo civile o normale non potrebbero e non dovrebbero mai ricoprire.

Ma torniamo all’evento del 15 novembre: un attacco c’è stato ed ha provocato due morti ma, dal momento in cui si è acclarato che l’attacco proveniva da parte Ucraina, questo non è più stato considerato come un attacco. Anche qui sembra che non ci si ponga il problema di chiarire cosa significhi “attacco”, oppure l’attacco è solo quello che viene da quelli che chiamiamo cattivi, mentre noi siamo i buoni per antonomasia?

È curioso il livello di falsificazione della realtà che è ormai possibile applicare al mondo: oggi è così, domani è il contrario. Il fatto però continua a rimanere tale perché la realtà è ostinata ed i due agricoltori Boguslaw Wos, che lavorava nell’impianto di lavorazione del grano da 40 anni, e Bogdan Ciupek, che guidava il trattore per una modestissima paga, non ci sono più, straziati da un missile che adesso non è più neppure nemico. Chissà se a loro importa davvero da quale missile sono stati uccisi o se aiuta i familiari nel loro dolore.

Nel frattempo, da febbraio al 20 novembre 2022, alcuni riportano che sono morte, da ambo le parti, oltre 200.000 persone in questo conflitto e la sola cosa che il grande Occidente riesce a fare è recitare il mantra della guerra e non parole di invito alla diplomazia ed alla pace. Ma noi, si sa, siamo i buoni ed i cattivi sono sempre gli altri. E per quanto riguarda Boguslaw e Bogdan, due ennesime “vittime collaterali”, il bollettino di guerra, anche questa volta, può tranquillamente riportare: “niente di nuovo sul fronte orientale…”.

* filosofo della scienza

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