Il prof. Bellavite: “l’obbligo vaccinale è la tomba della medicina e dell’etica medica”

di Paola Bertolazzo e Matteo Orlando 

CICLO DI INCONTRI A VERONA SU COME LA FEDE CRISTIANA PUÒ INCIDERE SU TEMATICHE DI STRETTA ATTUALITÀ. L’EMATOLOGO PAOLO BELLAVITE:SERVONO STUDI SULLE ‘NORMALI’ VACCINAZIONI PEDIATRICHE, CHE PAIONO QUASI DIMENTICATE”

Le unità pastorali di Montorio e Mizzole di Verona, hanno organizzato un ciclo di incontri serali di ampio respiro dal titolo “Fede e ragione, le sfide dei nostri tempi”.

A partire dal 26 gennaio 2023, per cinque incontri a cadenza mensile, sempre di giovedì, si succederanno relatori conosciuti nell’ambito nazionale italiano, per esplicitare come la fede cristiana dia forma e incida su tematiche di urgente attualità.

Secondo gli organizzatori è un percorso che vuole stimolare a riflettere sull’impegno e il ruolo dei Cristiani nei vari contesti della nostra società.

Gli incontri, in particolare, sono rivolti ai giovani per una presa di coscienza delle sfide culturali dell’immediato e prossimo futuro.

Il primo incontro avrà luogo presso il teatro di Mizzole, gli altri nella chiesa di Montorio, con orario 20,45 – 22,30 circa.

I nomi dei partecipanti sono noti a livello nazionale. Si tratta dei dottori Paolo Bellavite e Riccardo Ortolani (che parleranno, il 26 gennaio, del tema “La vita nella fede in un ambiente scientifico: la testimonianza di due medici”), di Alberto D’Auria (che parlerà il 23 febbraio del potere terapeutico del perdono”), di Costanza Miriano (sul tema “La Bibbia: il libro che ci legge” che affronterà il 30 marzo), di Andrea Zambrano (che parlerà di “Libertà e libertà di informazione tra fede e ragione” il 27 aprile), di Gianfranco Amato (che, il 25 maggio, affronterà il tema “Magnificat: Il canto della gioia e della vita”).

Informazione Cattolica ha intervistato uno dei prestigiosi relatori, il professor Paolo Bellavite. Specializzato in Ematologia Clinica e di Laboratorio, Master in Biotecnologie a Cranfield (UK), diploma di perfezionamento in Statistica sanitaria ed epidemiologia, il professor Bellavite ha insegnato Patologia Generale presso le università di Padova (sede di Verona) e poi di Verona dal 1980 al 2017 e di Ngozi (Burundi) dal 2010 al 2019, in quest’ultima come volontario nell’ambito di progetti di cooperazione.

Il professor Bellavite fino al giugno 2021 ha continuato una collaborazione di ricerca con Università di Verona come cultore della materia in Patologia Generale. I principali filoni di studio, suoi e del suo gruppo di ricerca, hanno riguardato gli aspetti molecolari e cellulari dell’infiammazione e la messa a punto di metodi di laboratorio per leucociti, piastrine e plasma. Si è occupato anche di medicine complementari, nutraceutica, bioetica e, più recentemente, vaccinologia.

Prof. Bellavite, durante il periodo della pandemia abbiamo assistito a programmi radio-tv-web che, quasi all’unisono, raccontavano una ipotetica verità che poi si è scoperto essere approssimativa, se non manipolata. A suo giudizio quali sono i più gravi errori commessi durante la gestione del Covid in Italia e quali le principali falsità diffuse?

Dal mio punto di vista, gli errori più gravi sono stati: a) aver dichiarato il “lock-down” troppo tardi (quando l’epidemia in Italia era iniziata da settimane) e averlo chiuso troppo tardi (facendo danni all’economia quando si era capito da un pezzo che non vi sarebbe stato il “collasso” degli ospedali, unico argomento apparentemente valido a sostegno delle restrizioni così drastiche); b) aver sconsigliato (il che da noi equivale praticamente al vietato) le autopsie, cosa che ritardò la comprensione del meccanismo fondamentale della fisiopatologia della COVID-19; c) aver consigliato “vigile attesa e paracetamolo” e sconsigliato le terapie diverse dal protocollo, invece di permetterle e incentivarle, pur in un controllo scientifico centrale, che è mancato nonostante le richieste dei medici che lavoravano sul campo; d) aver reso obbligatori i “vaccini” per vasti strati della popolazione col ricatto del “green pass”, che si è rivelato addirittura controproducente perché di fatto ha permesso a persone portatrici inconsapevoli di virus di andare in luoghi pubblici e persino negli ospedali; e) aver diviso la popolazione in “buoni” e “cattivi” sulla base dell’adesione o meno ad un protocollo sperimentale dai dubbi risultati. Questi due ultimi punti rappresentano anche una grave responsabilità delle gerarchie ecclesiastiche, mi dispiace dirlo ma è così. Aggiungo che con un gruppo di medici cattolici il 5 giugno 2021 scrivemmo pure una lettera a Papa Francesco e alle gerarchie vaticane, cui seguì un incontro in teleconferenza col Cardinal Peter Turkson, allora prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Nonostante li avessimo messi in guardia rispetto alle storture dell’approccio ufficiale e statalista, poco cambiò e ancora recentemente (autunno 2022) la commissione COVID-19 del Vaticano ha diffuso un video propagandistico col Papa che ripeteva la tanto famosa, quanto infondata opinione, che “i vaccini sono un atto di amore”.

Professore, secondo lei alcune scelte del governo possono essere state condizionate da conflitti di interesse?

La questione dei conflitti di interesse è molto vasta in medicina. In un certo senso è inevitabile che ci sia una influenza della economia sulla medicina, come è sempre stato. Ma gli interessi più pericolosi e subdoli sono quelli non dichiarati. Ora nel caso della pandemia è chiaro che vi sono stati dei pesanti condizionamenti delle case farmaceutiche sugli Stati e sull’intera Europa. Alcuni scandali sono già alla ribalta, come quello dei messaggini scambiati dalla Von der Lyen con Albert Bourla, capo della Pfizer e in affari con suo marito, ma ci sarebbe da indagare anche sui contratti stipulati dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza per centinaia e centinaia di milioni, che persino l’ex premier Mario Draghi disse erano stati fatti male. Per il resto, sarebbe da capire perché in RAI-TV, e nelle principali reti private, chiamano sempre e solo certe “virostar” che propagandano i sacri inoculi, e quanti soldi costoro intascano.

Oggi quale potrebbe essere, a suo parere, una soluzione per cercare di far luce su tutta la gestione della pandemia? Basta una Commissione di inchiesta parlamentare, come quella proposta da Fratelli d’Italia?

Intanto vediamo se alle dichiarazioni elettorali seguiranno i fatti. La Commissione di inchiesta parlamentare potrebbe andare bene, se fosse efficiente e agile (cioè non un carrozzone inutile che si trascina all’infinito), ma soprattutto se tutti i membri fossero esenti da accuse concernenti errori (o addirittura crimini) commessi. Bisognerebbe che fossero stabiliti a priori dei criteri di trasparenza tali per cui eventuali candidati a far parte della commissione dichiarino, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi in condizione di potenziali indagati. D’altra parte, oggi è facilissimo capire chi ha sostenuto certe politiche o certe strategie fallimentari o ha fatto determinate dichiarazioni che possano essere eventualmente considerate imputabili come cause del disastro italiano. Tanto per fare un esempio, non dovrebbe entrare nella Commissione di inchiesta chi ha sostenuto, direttamente o indirettamente, le scelte del Ministero della Salute o dell’AIFA, o chi ha sponsorizzato il cosiddetto “vaccino italiano” che tra il 2020 e il 2021 fu un pozzo mangiasoldi di propaganda politica, senza ottenere alcun risultato pratico. E neppure chi promosse l’acquisto dei “banchi a rotelle” che ancora giacciono in qualche magazzino delle scuole pubbliche italiane. E via dicendo.

Cosa pensa dell’obbligo vaccinale surrettizio (attraverso le sospensioni dal lavoro e le restrizioni alle libertà personali) che abbiamo avuto in Italia?

Dell’obbligo vaccinale, di qualsiasi tipo, penso malissimo! Non solo perché l’obbligo, o ricatto vaccinale, inevitabilmente porta a far inoculare dei cittadini con un prodotto comunque pericoloso e spesso inutile. Dal mio punto di vista, l’ho detto spesso, sin dai tempi della Lorenzin (Ministro della salute dal 28 aprile 2013 al 1º giugno 2018 nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, attualmente senatrice della Repubblica per il Partito Democratico, ndr.), l’obbligo vaccinale è la tomba della medicina e dell’etica medica, perché trasforma il medico, che dovrebbe essere un consigliere del paziente, basandosi su “scienza e coscienza”, in un funzionario dello Stato che applica leggi e protocolli.

Cosa pensa della sentenza della Corte Costituzionale in materia di obbligo vaccinale?

La sentenza della Corte Costituzionale a mio giudizio è sbagliata perché non tiene conto della realtà scientifica e tecnica, che ha dimostrato ampiamente che questi prodotti non servono a prevenire le infezioni e causano molti morti. Tradisce l’articolo 32 della stessa Costituzione secondo diversi profili, sia perché privilegia il supposto interesse pubblico alla libertà di cura della singola persona, sia perché l’inoculo di sostanze potenzialmente mortali tradisce l’ultimo capoverso dell’articolo citato laddove si dice che “in nessun caso” la legge può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Dopo un celebre intervento televisivo su LA7 lei è stato discriminato e attaccato da molti. Ci può raccontare sinteticamente la sua vicenda?

Nella trasmissione “DiMartedì”, andata in onda su La7 il 4 maggio 2021, il conduttore Giovanni Floris mi chiese: “Professore buonasera. Senta, alcuni italiani hanno dubbi sui vaccini e temono che facciano male. Hanno ragione?”. La mia risposta era stata: “Beh, la paura certamente c’è e credo che abbiano ragione, in un certo senso. In quale senso? Il punto fondamentale è che non abbiamo molte certezze su quella che è la vera relazione tra un beneficio e il rischio. Dal punto di vista dei rischi, dobbiamo sapere che siamo ancora in una vera e propria sperimentazione. Le sperimentazioni di fase 2/3 finiranno nel 2022. La sperimentazione di fase 4, quella che si dice “post marketing”, è in piena attività, però purtroppo viene fatta anche male. I dati che ci vengono riferiti per quanto riguarda l’incidenza degli effetti avversi non sono molto affidabili perché sono basati quasi tutti sulla cosiddetta sorveglianza passiva, ovvero quella per cui viene segnalato un caso di reazioni avverse soltanto se viene preso in mano da qualcuno, che si occupa poi di segnalarlo. E questo sappiamo per certo che è un modo inefficace. Le posso fare un esempio: Nell’ultimo rapporto AIFA si parla di 40 casi di reazioni avverse gravi ogni 100.000 dosi di iniettate. In realtà, negli studi di sorveglianza attiva, che sono stati fatti già in fase sperimentale e stanno uscendo adesso in fase osservazionale, si parla di qualcosa come il 4% di reazioni gravi dopo la dose di vaccino. Questo significa 4.000 su 100.000. Non è 40 su 100.000, è 4.000 su 100.000. Questo si dovrebbe sapere…”.

Cosa accadde in seguito a tale sua dichiarazione?

Il Rettore dell’Università di Verona emise un comunicato stampa per prendere le distanze dal sottoscritto, dicendo che parlavo a tiolo personale. Poi, in data 7 giugno 2021, ricevetti una raccomandata del Dipartimento di Medicina, in cui si revocava il titolo di “Cultore della Materia” che ricoprivo presso la stessa Università dal giugno del 2017, vale a dire dal momento del pensionamento (avevo servito come professore a Verona dal 1984). La motivazione del mio “siluramento” era testualmente “le recenti esternazioni pubbliche del prof. Paolo Bellavite in merito alla vaccinazione anti-COVID, tenuto anche conto del conseguente comunicato dell’Ateneo a firma del Rettore” e “la valutazione di merito circa la divergenza tra la posizione recentemente sostenuta dal professore e l’indirizzo scientifico su tali ambiti assunto dal Dipartimento e dall’Ateneo”. È evidente che la censura e l’espulsione dal corpo accademico era la divergenza di vedute sulla campagna vaccinale e in particolare le critiche concernenti l’affidabilità dei risultati della farmacovigilanza passiva rispetto a quella attiva. Quanto questa decisione del Dipartimento sia sostenibile scientificamente, eticamente e giuridicamente non spetta a me discutere. Posso dire che sul piano scientifico avevo totalmente ragione io e il seguito ha addirittura rafforzato le preoccupazioni da me espresse.

I “vaccini” sono stati farmaci “sperimentati” o li dobbiamo considerare “sperimentati” dopo che milioni di persone, più o meno consapevolmente, li hanno usati? Ha senso parlare, nel gennaio 2023, ancora di quarta dose vaccinale consigliata?

Ormai possiamo dire che le sperimentazioni di fase 3 dei cosiddetti vaccini oggi in commercio sono finite. Fatte male, ma finite. Certamente ne stanno sperimentando altri in giro per il mondo. Abbiamo anche tanti risultati delle sperimentazioni di fase 4 (“Post-marketing”) che hanno evidenziato molti segnali di pericolo ignorati dalla fase 3. Non mi pronuncio sulla quarta dose, forse a qualcuno che fa parte delle categorie cosiddette “fragili” potrebbe anche essere utile, ma dopo attenta valutazione del rapporto tra beneficio e rischio. Ma chi fa la valutazione oggettiva? Questo è il problema principale. Pertanto non credo sia corretto che io mi pronunci in generale se la quarta dose va fatta o meno. Una cosa è certa, posso certo dire che io stesso, nelle condizioni della mia salute che conosco, non mi faccio inoculare né la quarta dose, né la terza. Anche perché, per fare quelle, dovrei fare prima le prime due! Cedo volentieri la mia dose ai bisognosi e volontari, se ben consigliati da un medico onesto e competente. Comunque, anche per aver fatto questo gesto di generosità, mi rifiuto di pagare qualsiasi multa per inottemperanza di una prescrizione di Draghi e Speranza folle, pericolosa e ingiusta, sia ben chiaro.

Per due anni ci hanno raccontato che esistevano solo la tachipirina e la vigile attesa. Perché non si è data la possibilità di poter ricorrere alle cure tradizionali, arrivando in alcuni casi a ritirare alcuni farmaci dal mercato o inibendo l’assunzione di altri?

Per una malintesa idea di una “medicina di Stato”, uno “Stato etico”, paternalista, e padrone, oltre che ignorante. L’intervento massivo e violento dello Stato sulla operatività del medico è da intendersi non come un progresso ma come la tomba della Medicina ippocratica e come la palude della corruzione farmaceutica. Ho avuto già occasione di citare un pensiero di Guglielmo Hufeland (C.W. Hufeland, System Der Praktischen Heilkunde, 1830), un insigne medico tedesco dell’Ottocento e prendo qui l’occasione di rifarlo: “La soppressione ed il dispotismo nella scienza mi ripugnano; qui l’unica regola dovrebbe essere la libertà di spirito, la ricerca fondamentale, la confutazione delle ipotesi, il confronto delle osservazioni, l’aderenza ai fatti e non alle personalità. “Prova tutto e trattieni ciò che è buono”: questo è e rimane il primo comandamento della scienza. La Medicina è scienza dell’esperienza, è pratica, è continuo esperimento… e l’esperimento non è mai concluso. Libertà di pensiero, libertà di scienza, questo è il nostro più alto baluardo e così deve rimanere se vogliamo progredire. Nessun tipo di dispotismo, nessuna regola unica, nessuna soppressione del pensiero. Persino il governo dovrebbe astenersi dall’invadere il campo della scienza o dal favorire o danneggiare una certa opinione; ciò ha sempre danneggiato, come l’esperienza insegna, la ricerca della verità. Solo l’esperimento, la discussione e la contro-discussione, il continuo e libero studio ed il tempo potranno separare il vero dal falso, l’utile dall’inutile”.

Qualche mese fa “The Lancet” ha affermato che gli anti-infiammatori avrebbe potuto evitare l’ospedalizzazione al 90% dei ricoverati. Come commenta?

Vero, se dati precocemente. Ma non lo ha detto solo “The Lancet”, lo avevano detto altri ricercatori già nel 2021 e lo abbiamo osservato anche noi (il professor Fazio, io, Elisabetta Zanolin, Peter McCullough, Sergio Pandolfi e Flora Affuso) con una pubblicazione uscita su Medical Science Monitor nel Dicembre del 2021 (leggibile integralmente in https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8725339/). Devo precisare che, nella nostra esperienza, la cura della COVID-19 si fa con gli anti-infiammatori più comuni (se dati nelle dosi giuste e tempestivamente) ma in particolare con l’indometacina, più aspirinetta, omeprazolo, più un integratore a base di flavonoidi (esperidina, quercetina) e vitamina C che contribuisce alla normale funzione del sistema sistema immunitario.

Ci sono studi attendibili riguardo la vaccinazione covid nei bambini? e le donne incinte?

No, se si parla di un’attendibile e sistematica valutazione del rapporto tra benefici e costi. Ci sono (pochi) studi che dimostrano efficacia transitoria nel proteggere dalle malattie COVID-19 nelle forme più gravi; ma il problema non è questo, è che le forme gravi sono rarissime in queste fasce di età e, viste le incertezze della farmacovigilanza, è estremamente dubbio se valga la pena inoculare questi prodotti in bambini sani e donne incinte, e per lo più così frequentemente come richiesto da prodotti che scadono dopo pochi mesi. Approfitto per spendere una parola anche per le “normali” vaccinazioni pediatriche, che paiono quasi dimenticate ma la cui utilità dovrebbe essere continuamente revisionata sulla base di studi scientificamente corretti. Ad esempio, io e il dottor Donzelli abbiamo pubblicato, nel 2020, uno studio di re-analisi dei dati dell’osservatorio epidemiologico della Puglia, da cui si evidenza come le reazioni avverse gravi del vaccino “Morbillo-parotite-rosolia-varicella” siano molto più frequenti di quanto dichiarato dai rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità. Un’altra questione riguarda l’utilità del vaccino contro l’epatite virale B, malattia quasi inesistente nell’infanzia (si consegue con trasfusioni o contatti sessuali): Perché obbligare gli infanti di due mesi a farsi iniettare sostanze comunque reattogeniche, quindi potenzialmente pericolose per il rischio di encefaliti e reazioni autoimmuni, se non ce n’è affatto bisogno? E perché, nonostante si sia accertato che la vaccinazione contro l’epatite B fu resa obbligatoria a seguito di vicende poco chiare legale al ministro della sanità De Lorenzo, l’obbligo è ancora vigente? E perché, nonostante si sappia che il vaccino antipolio iniettivo non impedisce la trasmissione dei virus, esso è ancora obbligatorio? E perché, nonostante la difterite sia scomparsa (non per merito dei vaccini) e comunque la vaccinazione non impedisce affatto i contagi, l’inoculo della sua tossina su particelle di alluminio è ancora obbligatorio? Se la classe medica fosse veramente in buona fede e competente, queste domande dovrebbero trovare una risposta, o almeno indurre alla prudenza, perché qui si tratta della salute dei nostri bambini.

Lei è cattolico. Quali figure di medici santi l’hanno ispirata nella sua pluridecennale attività? 

Il primo è Giuseppe Moscati, che fra l’altro era un universitario, uno scienziato, oltre che un santo! Ho avuto l’occasione di pregare sulla sua tomba alla chiesa del Gesù Nuovo a Napoli e di visitare l’ospedale degli Incurabili dove lavorava. Era un grande che lottò per la verità e la scienza, oltre che operare con carità e compassione umana per gli indigenti. Dal processo di beatificazione si legge, tra l’altro, che subiva la lotta di tutti i medici iscritti alla massoneria per la sua aperta professione cristiana ed anche da parte di quelli che vedevano in lui un competitore valentissimo, benché di giovane età. Il secondo è Riccardo Pampuri, che mi fu indicato come santo da stimare e pregare da Don Giussani. Pampuri era un religioso e medico dei Fatebenefratelli, esercitò umilmente il suo servizio a Trivolzio. Più volte sono andato a visitare la sua salma e lo prego in casi di malattie impegnative di amici e conoscenti. Inoltre, sono stato molto ispirato dalla figura e dagli scritti di Ildegarda di Bingen (il 10 maggio 2012 papa Benedetto XVI, recentemente scomparso, ne estese il culto liturgico che durava da secoli alla Chiesa Universale, attraverso quella che viene chiamata canonizzazione equipollente, il successivo 7 ottobre 2012 lo stesso papa Benedetto XVI la proclamò Dottore della Chiesa universale mentre il 25 gennaio 2021 papa Francesco ne ha istituito la memoria facoltativa per tutta la Chiesa universale, fissandola al 17 settembre) una monaca, mistica e teologa, guaritrice, erborista, naturalista, musicista, vissuta tra il XI e XII secolo, considerata la prima “donna medico”. A seguito di una conferenza che feci qualche anno fa, pubblicai un video su YouTube. Infine, sono devoto a Santa Rita da Cascia per ragioni personali ma anche per una curiosa evenienza che racconto come aneddoto: quando non riuscivo a farmi accettare delle pubblicazioni scientifiche un po’ “contro-corrente” nel campo della cura della COVID-19, ho pregato Santa Rita perché si dice che a Lei ci si rivolge quando i problemi sono di soluzione quasi impossibile. Ho chiesto a Lei, se ciò fosse stata la volontà di Dio, che si superassero gli ostacoli alle pubblicazioni. Alla fine tutto è andato liscio!

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Le affermazioni del prof. Bellavite sono un balsamo per il cuore e uno stimolo per la mente.