Friedrich Nietzsche, il Cristianesimo e Gesù

di Francesco Bellanti

PER IL FILOSOFO TEDESCO GESÙ È “L’UNICO CRISTIANO VERAMENTE ESISTITO”

L’ultimo interessante articolo dello scrittore e docente Alessandro Puma su Nietzsche (Per un’interpretazione cristiana del pensiero di Friedrich Nietzsche, del 14/04/2023) mi è stato di grande stimolo per una mia interpretazione – di letterato, non di filosofo – del pensiero del grande filosofo tedesco a proposito sul Cristianesimo. Questa mia riflessione è tratta da un capitolo di un libro pubblicato anni fa, Lettere d’amore a Constance. Pubblico, riadattandola per questo articolo, la parte che riguarda il pensiero di Nietzsche sul Cristianesimo.

Apollineo e dionisiaco

Tutto comincia da lì, da quella confusione, l’apollineo e il dionisiaco. Prima di lui, tutti credevano che esistesse solo l’apollineo nell’antica Grecia, l’armonia, la nobile semplicità e la calma grandezza, il mondo sereno, l’equilibrio solare. Winckelmann, Goethe: l’errore. Tutti dimenticavano che esisteva anche il dionisiaco, l’ebbrezza, il vino, l’euforia: lo spirito originario della civiltà greca. È il momento in cui si tocca più da vicino la volontà di vivere, si supera il senso de limite. La musica che ci rapisce a noi stessi. Lo ha detto nella Nascita della tragedia: Dioniso è il dio della notte, in cui tutto è indistinto, non c’è separazione fra le cose. È il dio della musica: la musica ci rapisce a noi stessi, implica un superamento dei confini dell’individuo, l’uomo si sente riconciliato con l’uomo, con sé stesso, con il tutto. Cantando e danzando, l’uomo si manifesta come membro di una comunità superiore: ha disimparato a camminare e a parlare ed è sul punto di volarsene in cielo danzando. Dai suoi gesti parla l’incantesimo. Il carro di Dioniso, fiori e ghirlande, la misteriosa unità originaria.

Nell’uomo greco, nella civiltà greca ci sono tutte e due le componenti. L’individuazione e la rottura dell’individuazione, il solare e il notturno, l’arte figurativa, ma anche la musica, Apollo, ma anche Dioniso. Eschilo e Sofocle, con le loro tragedie, sono la più alta espressione di questo equilibrio tra apollineo e dionisiaco. Poi viene Socrate a rompere questo equilibrio: Socrate che con la sua continua critica influenza la tragedia di Euripide, i cui personaggi non fanno altro che cavillare, discutere, ragionare. E si rompe l’armonia di apollineo e dionisiaco della tragedia greca, dell’uomo greco. L’uomo non vive più in modo immediato, sanguigno, com’era al momento delle origini, il momento della notte, del vigore, del sangue, della forza. La Grecia arcaica contro quella classica. E poi viene Platone. Platone con il suo falso mondo delle idee, Platone che sovrappone il mondo ideale al mondo sensibile, Platone che svaluta il mondo reale. Il platonismo è il vero ostacolo alla realizzazione dell’uomo. Per Platone, le idee, i valori sono esclusi dalla realtà sensibile, che è un mondo imperfetto dal quale bisogna fuggire. Il corpo è il carcere dell’anima, e l’anima è superiore al corpo.

Copertina del libro di Francesco Bellanti, “Lettere d’amore a Constance” (Lulu, New York 2019)

 

Il Cristianesimo

E il platonismo poi passa nel Cristianesimo. Il rifiuto del corpo, la priorità assegnata al trascendente.

Il Cristianesimo, dice Nietzsche, è la filiazione più robusta del platonismo, è la svalutazione del corpo, della materia, del mondo terreno. Il Cristianesimo predica che bisogna vivere di rinuncia, che la felicità è nel trascendente, svaluta il mondo della carne, dell’energia, della forza. È una morale rinunciataria, una morale da schiavi. Lui guarda con altezzoso disdegno al Cristianesimo, alle virtù degli sconfitti, alla debolezza, alla negazione della potenza. Il Cristianesimo è la morale inventata dagli ultimi, dagli sconfitti, da chi ha perduto, da chi non è riuscito a raggiungere la potenza e la ricchezza, è il risentimento dei deboli, degli sconfitti. Il Cristianesimo, come il Buddismo, è il capovolgimento dei veri valori – i valori aristocratici dell’affermazione di sé stessi, questa è la virtù. Lui parla del Cristianesimo, non di Cristo, che come Buddha è il profeta dell’innocenza, dell’amore.

Nietzsche non ha mai odiato Gesù di Nazareth, ma la morale del Cristianesimo fondata da Paolo, il suo atteggiamento giudicatorio nei confronti della vita, la sua costruzione dogmatica, il suo rifiuto radicale della vita. Gesù è l’unico cristiano veramente esistito. Il Cristianesimo ha vinto sul paganesimo e sull’Ellenismo non perché rappresentava un rinnovamento a opera di forze nuove rispetto a una civiltà decadente, ma perché ha diffuso, portandolo alle estreme conseguenze, il nichilismo della filosofia greca post-socratica. Il Cristianesimo è un ostacolo a ogni forma di rinnovamento. La Chiesa è esattamente ciò contro cui Gesù predicò e contro cui insegnò ai suoi discepoli a combattere. Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare, disse.

Dio è morto!, dice Nietzsche, Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come possiamo consolarci noi, gli assassini di tutti gli assassini? Ciò che di più santo e più potente possedette finora il mondo fu dissanguato dai nostri coltelli. Chi cancella da noi questo sangue? Con quale acqua potremo purificarci? Quali solenni espiazioni, quali giochi sacri dovremo inventare? La grandezza di questo fatto non è troppo vasta per noi? Non dobbiamo noi stessi diventare Dei, per sembrare degni di quella grandezza? Non ci fu mai un fatto più grande, e chi nascerà dopo di noi apparterrà, a causa di quel fatto, ad una storia più grande di quanto sia stata fatta finora, qualsiasi storia! La differenza fondamentale tra le due religioni della décadence: il Buddismo non promette, ma mantiene; il Cristianesimo promette tutto e non mantiene nulla.

Nessuna religione ha mai finora contenuto, né direttamente né indirettamente, né come dogma né come allegoria, una verità. Poiché ciascuna è nata dalla paura e dal bisogno, e si è insinuata nell’esistenza fondandosi su errori della ragione. Per quanto riguarda il Cristianesimo, quando in un mattino di domenica sentiamo rimbombare le vecchie campane, ci chiediamo: ma è mai possibile! Ciò si fa per un ebreo crocifisso duemila anni fa che diceva di essere il Figlio di Dio. La prova di una tale asserzione manca. Sicuramente nei nostri tempi, la religione cristiana è un’antichità emergente da epoche remotissime, e che si creda a quell’asserzione – mentre per il resto si è così rigorosi nell’esaminare…

Queste, più o meno, le parole del filosofo sul Cristianesimo. Dio dov’è, allora? Nietzsche dice che potrebbe credere solo in un dio dionisiaco, un dio che sapesse danzare. Il Cristianesimo, no. Non è la danza. Quando, un mattino di domenica, sentiamo rimbombare le vecchie campane, egli dice, ci chiediamo: ma è mai possibile? Ciò si fa per un ebreo crocifisso duemila anni fa, che diceva di essere il Figlio di Dio. Io odio tutto ciò che è cristiano. Cristiano è l’odio contro lo spirito, contro l’orgoglio, il coraggio, la libertà, il libertinage dello spirito; cristiano è l’odio contro i sensi, contro le gioie dei sensi, contro la gioia in generale.  Il Cristianesimo è l’unica grande maledizione, l’unica grande e più intima depravazione, l’unico grande istinto della vendetta, per il quale nessun mezzo è abbastanza velenoso, furtivo, sotterraneo, meschino – l’unica immortale macchia d’infamia dell’umanità.

Io odio il Cristianesimo democratico, il veleno della dottrina dei “diritti uguali per tutti”, che è stato diffuso dal Cristianesimo nel modo più sistematico. Procedendo dagli angoli più segreti degli istinti cattivi, il Cristianesimo ha fatto una guerra mortale a ogni senso di venerazione e di distanza fra uomo e uomo, cioè al presupposto di ogni elevazione, di ogni sviluppo della cultura – con il risentimento delle masse si è fabbricato la sua arma principale contro di noi, contro tutto quanto v’è di nobile, di lieto, di magnanimo sulla terra, contro la nostra felicità sulla terra. Il Cristianesimo è il platonismo per il popolo.

Sì, promette l’immortalità. Ma concedere l’immortalità a ogni Pietro e Paolo è stato fino a oggi il più grande e il più maligno attentato all’umanità nobile. E non sottovalutiamo la sorte funesta che dal Cristianesimo si è insinuata fin nella politica! Nessuno oggi ha più il coraggio di vantare diritti particolari, diritti di supremazia, un sentimento di rispetto dinanzi a sé e ai suoi pari – un pathos della distanza … La nostra politica è malata di questa mancanza di coraggio! L’aristocraticità del modo di sentire venne scalzata dalle più sotterranee fondamenta mercé questa menzogna dell’eguaglianza delle anime. Il Cristianesimo è una rivolta di tutto quanto striscia sul terreno contro ciò che possiede un’altezza: il Vangelo degli “umili” rende umili e bassi… E poi la castità. La predica della castità è un pubblico incitamento alla contro-natura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni insozzamento della medesima mediante il concetto di “impuro” è il vero e proprio peccato contro lo spirito santo della vita…

Io sono ateo, dice Nietzsche. Sono troppo curioso, troppo incredulo, troppo insolente per accontentarmi di una risposta così grossolana. Dio è una risposta grossolana.

La volontà di potenza

L’ateismo ci porta alla volontà di potenza. Che cos’è la volontà di potenza? La volontà di potenza è l’accettazione della volontà di vivere, è l’istinto, la natura, i sensi. L’uomo reso forte dal pericolo e dal dolore. L’uomo non schiacciato dalla morale, dai falsi valori, cioè i grandi valori della cultura occidentale, come la verità, la scienza, il progresso, la religione, che non hanno fondamento. La forza vitale, la creazione di nuove tavole di valori attraverso la trasvalutazione. La volontà di potenza è il superuomo. L’uomo che s’illude di dare un senso a un’esistenza che non ha nessun senso cederà il posto all’uomo che non ha paura della verità, e cioè del fatto che Dio è morto e il mondo è un caos irrazionale. È il superuomo in grado di sopportare l’idea che l’universo non ha senso, che non ha paura di questo senso di vuoto e che non ha bisogno dei falsi valori idolatrici come lo Stato, il denaro, la scienza, che possano rimpiazzare il vecchio Dio.

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