Cerchiamo di “vendere” l’identità italiana vera

di Eugenio Capozzi

QUALE MESSAGGIO IL MINISTERO DEL TURISMO DOVREBBE LANCIARE AI POTENZIALI UTENTI STRANIERI?

In quale senso il Ministero del Turismo dovrebbe incoraggiare il turismo in Italia? Quale messaggio dovrebbe lanciare ai potenziali utenti stranieri?

Se si parte da queste domande non si può non concludere che la campagna promozionale ideata dallo studio Armando Testa su commissione di ministero e Enit è disastrosa e controproducente.

Le principali città e le più note mete d’arte italiane oggi sono invase da un turismo grossolano, indifferenziato, omologato, al punto da creare quasi più problemi di gestione e vivibilità che ricchezza, mentre gran parte del territorio nazionale, altrettanto ricco di bellezze naturali e culturali e infinitamente vario, è ignorato, si spopola, si impoverisce.

Il messaggio della campagna pubblicitaria ministeriale non fa che incoraggiare ulteriormente il turismo usa e getta, calcando ulteriormente sugli stereotipi diffusi nel mondo sul nostro paese – monumenti, moda, cibo a volontà – e riducendo l’Italia a sfondo per selfie di influencer.

Questo incrementerà ulteriormente il disagio delle zone maggiormente sotto pressione, e lascerà ulteriormente abbandonato il resto del paese.

Una campagna di promozione intelligente avrebbe dovuto essere fondata sull’assunto che l’Italia non è solo pizza, Colosseo, Canal grande e simili, ma un territorio ricco di immense bellezze sconosciute.

Avrebbe dovuto incoraggiare i turisti ad esplorare l’Italia interna, di provincia. Ad andare ad Anagni piuttosto che a Roma, ad Asiago e Belluno piuttosto che a Venezia, in Irpinia e nel Sannio piuttosto che a Capri e Sorrento. A incamminarsi sui sentieri appenninici tra Abruzzo e Lazio, sui tratturi molisani, a navigare il Po su una barca piuttosto che andare in piazza Duomo a Milano, a scoprire le dune del litorale ferrarese piuttosto che prendere l’aperitivo sotto il Nettuno a piazza Maggiore a Bologna.

Cercare di “vendere” l’identità italiana vera, quella profonda, potrebbe contribuire a ridare vita a tante parti del paese che stanno letteralmente morendo, economicamente e demograficamente. A convincere gli abitanti a restare. A contrastare lo squilibrio crescente tra aree metropolitane sovradimensionate, congestionate, dai costi proibitivi e il deserto diroccato che le circonda, in cui anche arte, tradizioni e cultura rischiano di deteriorarsi e rapidamente sparire.

 

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