San Giovanni Bosco e Papa Leone XIII: per un cattolicesimo sociale al servizio della salvezza dell’uomo

di Daniele Trabucco

DON BOSCO E PAPA PECCI VISSERO ENTRAMBI, BENCHÉ DA PROSPETTIVE DIFFERENTI, L’ANTICLERICALISMO RISORGIMENTALE

Scrive Victor Hugo (1802-1885), il «padre del Romanticismo francese»: «c’è uno spettacolo più grandioso del mare, ed è il cielo, c’è uno spettacolo più grandioso del cielo, ed è l’interno di un’anima». È questo il criterio per tentare non di leggere (solo Dio ha questo privilegio), ma semplicemente di abbozzare un aspetto del rapporto intercorrente tra due anime grandi anche se diverse per storia, temperamento, missione: san Giovanni Bosco (1815-1888) e Papa Leone XIII (1810-1903), successore del Beato Pio IX e pontefice della Chiesa universale dal 1878 al 1903.

Don Bosco e Papa Pecci vissero entrambi, benché da prospettive differenti, l’anticlericalismo risorgimentale, accentuatosi dopo la proclamazione del Regno d’Italia nel marzo 1861 e la presa di Roma nel 1870, che riduceva la fede, secondo l’intenzione dei liberali, ad una dimensione puramente intimistica, privata, non idonea ad orientare le scelte delle istituzioni, priva dunque di qualunque influsso sociale e pubblico. C’era, pertanto, la necessità di un cattolicesimo che informasse la vita di ogni donna e di ogni uomo, sia sul piano personale, sia su quello sociale, in grado di migliorare la convivenza civile, nonostante la vigenza del non expedit voluto dal Papa Pio IX, attraverso una rigenerazione morale della società non fine a se stessa, ma funzionale alla salvezza delle anime.

Povertà morale e povertà materiale, le due facce della stessa medaglia che si alimentavano a vicenda precludendo ai giovani l’accesso ad una vita dignitosa. È in questo clima che don Bosco optò per il contrasto aperto alla povertà, non sentita più come destino naturale dell’umanità, ma frutto perverso del peccato dell’ingordigia e di ingiustizia dei pochi verso i molti attraverso l’istruzione, il lavoro, la dignità della condizione umana, come mostra il peso attribuito nella sua visione educativa alla formazione professionale, vista come lo strumento per vincere la povertà attraverso il lavoro. Un messaggio pedagogico, educativo e sociale non disgiunto, per il «padre e maestro della gioventù», ma innervato dall’azione della Chiesa la cui funzione, scriveva proprio Leone III nella Lettera Enciclica Immortale Dei del 1° novembre 1885, è insostituibile nella società, poiché essa ha in sé la potenzialità di programmare una struttura sociale e politica migliore di quella liberale e socialista: «la Chiesa «opera immortale di Dio» è per natura sua ordinata alla salvezza delle anime; essa fonda una vita e delle strutture politiche che servono la libertà dell’uomo e sono espressione autentica delle persone e dei rapporti sociali». Gioacchino Pecci anticipa così i contenuti quello che sarà il documento più importante del suo magistero, l’Enciclica Rerum Novarum del 15 maggio 1891 (tre anni dopo la morte di don Bosco), che diede forte impulso al movimento sociale cattolico proprio sulla base delle esperienze francesi delle Conferenze di san Vincenzo de’ Paoli in Francia fondate a Parigi nel 1833 e degli oratori e delle scuole professionali avviate da don Bosco tra il 1841 ed il 1845.

Anzi, se leggiamo con attenzione il testo, ci rendiamo conto dell’influenza del metodo preventivo salesiano applicato alla sfera dei diritti intrappolati nella dialettica tra il meccanicismo liberale e la visione socialista. Non si può esercitare un diritto, scrive Papa Pecci, se non c’è una previa educazione di colui che ne è il titolare, un’educazione inserita in un contesto di destinazione sociale quale dovere etico. E questo non è forse quell’essere al contempo cristiani ed onesti cittadini? Il punto di contatto, allora, tra la pedagogia di san Giovanni Bosco e Papa Leone XIII sta proprio nel primato della persona quale creatura amata da Dio. L’uomo, in altri termini,è valutato in tutta la sua globalità e non solo come lavoratore o padrone e questo diversamente dai due pensieri politici presenti nella società dell’epoca che avevano una impostazione ideologica intrinsecamente disgregatrice: o l’uomo padroneggia (liberalismo) o è sottomesso (socialismo). Leone cercò in ogni modo di rendere possibile questa restaurazione dell’ordine sociale in Cristo sotto lo stendardo del S. Cuore, affidando proprio a don Bosco, il 05 aprile 1880, la costruzione della omonima Basilica Minore che venne ultimata nel 1887. Un gesto di stima, ammirazione, rispetto. Scrive in una lettera Gioacchino Pecci al santo: «Io avrei paura di andare contro di voi! Voi infatti, con mezzi così esigui, fate opere colossali. Voi, neppure voi, conoscete l’estensione della vostra missione, e il bene che essa può portare in tutta la Chiesa! Voi avete la missione di far vedere al mondo che si può essere buon Cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino; che si può far del gran bene alla povera ed abbandonata gioventù in tutti i tempi, senza urtare con l’andazzo della politica, ma conservandosi tuttora buoni cattolici. Il Papa, la Chiesa, il mondo intero pensa a voi, alla vostra Congregazione e vi ammira. E il mondo, o vi ama, o vi teme. Non siete voi, ma Dio che opera nella vostra Congregazione. I suoi mirabili incrementi, il bene che si fa, non hanno ragione nelle cause umane; Dio stesso guida, sostiene, porta la vostra congregazione. Ditelo, scrivetelo, predicatelo. È questo il segreto che vi ha fatto vincere ogni ostacolo ed ogni nemico».

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