Mondo cattolico, gruppi ecclesiali e unità della Chiesa
di Alvise Parolini
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IPOTESI (FANTA)RELIGIOSA PER IL RIPRISTINO DELL’UNITÀ ECCLESIALE
“Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, a compimento della parola del Signore predetta per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro re di Persia, che fece proclamare per tutto il regno, a voce e per iscritto: «Dice Ciro re di Persia: Il Signore, Dio dei cieli, mi ha consegnato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di costruirgli un tempio in Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e parta!».”
(Secondo Libro delle Cronache 36,22-23)
Nel vasto arcipelago del cattolicesimo tradizionale, prima o poi risulta inevitabile imbattersi in quelle che potremmo definire le grandi prospettive ecclesiali che vivacemente si confrontano in merito alla questione della legittimità all’interno della Chiesa Cattolica.
Come mettere d’accordo i sostenitori della Comunione dei Santi con i proclamatori della Sede Impedita ed i propugnatori dell’Ermeneutica della Rottura? Ciò è forse possibile o si rivela un tentativo di quadratura del cerchio?
Invocando la Stessa Arca della Nuova Alleanza, Maria Santissima Madre e Regina della Divina Volontà, possiamo tentare di abbozzare una traccia, un’idea, un appunto, che consegniamo all’attenzione ed al discernimento dei nostri Pastori aderenti all’Appello per un’Alleanza Antiglobalista Cristiana recentemente lanciato da Mons. Carlo Maria Viganò.
A) LO STATO DELLE COSE
All’interno del variegatissimo sottobosco del mondo cattolico, possono essere individuati vari gruppi ecclesiali.
La prima coppia di gruppi (1 e 2) sostengono la petrinità di Francesco I, come ufficiale 266° successore di Pietro, da una parte, o come pontefice del quale solo Dio conosce la legittimità al quale siamo comunque chiamati a mostrare sincero ossequio, dall’altra.
Altri due gruppi (3 e 4) si rivelano più coesi sulla costante critica al Concilio Vaticano II, rimanendo comunque in un sostanziale rispettoso disaccordo tra di loro in merito alle alleanze politiche più urgenti (non senza la necessaria prudenza, con la Russia di Putin i primi, più o meno schiettamente con gli U.S.A. fedeli a Trump i secondi), mentre ulteriori due (5 e 6) si contrappongono a tutti gli altri con polemiche pastorali e dottrinali sofisticate. Entrambi quest’ultimi, pur sostanzialmente ignorandosi a vicenda, condividono, di fatto ancor più dei gruppi precedenti, la c.d. “ermeneutica della rottura”: il primo gruppo nei confronti del magistero di Francesco I, mentre l’altro nei confronti del Concilio Vaticano II. Al settimo gruppo, quello costituito sia dagli entusiastici che dai tiepidi sostenitori dei diktat del NWO, è infine rivolta una forte e chiara esortazione alla conversione e di coraggiosa defezione dalle associazioni intenzionalmente o di fatto anticlericali: se così faranno, Dio Stesso eserciterà su di loro la Sua Eterna Misericordia ed aprirà anche ad essi gli Infiniti Tesori della Sua Grazie.
A1) Nel primo gruppo abbiamo i mistico-moderati, come i pii ed umili sacerdoti diocesani che rimangono più o meno serenamente sottomessi all’autorità ecclesiastica locale o comunque decidono di lasciarsi crocifiggere dall’obbedienza episcopale. Oltre ad essi, vi sono (escludendo gli eterodossi) i piccoli mistici chiamati dal Cielo da varie parti il mondo, ognuno per una speciale missione che solo un giorno sarà chiara nel complessivo stupendo mosaico della Divina Provvidenza. Essi sono a volte ostacolati da decreti dell’autorità episcopale locale (spesso dei veri e propri “decreti-fuffa”) senza chiari e fondati capi d’accusa contro gli imputati stessi.
A2) All’interno dell’ampia realtà dei liturgico-moderati, abbiamo i gruppi di preghiera legati con particolar devozione ai due magisteri precedenti, come in particolare il Movimento Sacerdotale Mariano fondato dal compianto Don Stefano Gobbi (1930-2011) o alcune congreagzioni come i nuovi rami santi dei Francescani o dei Benedettini dell’Immacolata fedeli allo spirito ed intenzioni del Motu Proprio “Summorum Pontificum” di Papa Benedetto XVI, tutti di indole liturgico-sacramentale ed ascetica.
Gli alti prelati sostenitori di questa certamente benedetta linea ecclesiale sono ad esempio i molto liturgici e coraggiosi Pastori Pro-Vita come Mons. Athanasius Schneider, Mons. Antonio Suetta, Card. Raymond Leo Burke (con Mons. Walter Brandmueller ed il già citato Mons. Schneider uno dei tre firmatari ancora viventi dei famosi Dubia all’Amoris Laetitia nel 2017), Card. Joseph Zen Ze-kiun, Card. Rainer Maria Woelki, Card. Robert Sarah, Card. Gerard Mueller, Mons. Giovanni D’Ercole, Mons. Giampaolo Crepaldi, Mons. Joseph Edward Strickland e non ultimo, insieme a molti altri, il carismatico e filotradizionale Mons. Dominique Rey della diocesi francese di Fréjus-Toulon, di recente ingiustamente commissariata dalla Santa Sede.
A3) Escludendo le sétte ecclesiali come quella palmariana, abbiamo l’interessantissimo sedeplenismo di Mons. Carlo Maria Viganò, supportato anche da Mons. Richard Williamson, Mons. Jean-Michel Faure, Mons. Tomás Aquinas, Mons. Gerardo Zendejas, Mons. Gracida, oltre che gli stessi Domenicani di Avrillé, recentemente indipendenti dall’alveo della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Fondamentalmente polemici sul Concilio Vaticano II, oltre che moderatamente scettici sulla legittimità di Francesco I, possono contare sul particolare status giuridico dello stesso Mons. Viganò, dal 1992 vescovo titolare personale della Diocesi di Ulpiana in Kosovo. Sono disposti, sebbene titubanti a causa del rischio del pericolo di una pubblica scomunica, a convocare un tribunale ecclesiastico speciale per destituire Francesco I dal ruolo di Vescovo di Roma e Papa, qualora fosse dimostrato che tale ruolo sia inficiato da illiceità e gravi irregolarità canoniche.
Possano essi avere il coraggio di andare fino in fondo, per quanto umanamente possibile, nel ristabilimento del diritto e della giustizia nella Chiesa Cattolica di Cristo.
A4) Sempre più nella direzione delle congregazioni conservatrici nate per impulso dall’Enciclica “Ecclesia Dei” di Giovanni Paolo II, abbiamo la Fraternità Sacerdotale San Pio X e le congregazioni religiose vicine a tale impostazione ecclesiale, come per esempio i Cappuccini di Morgon. Essi, similmente ai sedeplenisti, sostengono la critica permanente al Concilio Vaticano II, ma al contempo seguono lo stile pastorale della c.d. “realpolitik” (machiavellica, a detta degli altri gruppi tradizionalisti).
Di loro invenzione, sin dai tempi del fondatore Mons. Marcel Lefebvre, è la saggia pastorale “del setaccio” nel discernimento dei documenti e discorsi ufficiali del postconcilio. Proprio per l’interesse alle questioni di pastorale, possano essi porsi come corpo sacerdotale di rigorizzazione e vaglio mistico – oltre che delle anime già loro affidate – delle comunità carismatiche nate a partire dall’immediato postconcilio ed ancora scarsamente aderenti alla pietà eucaristico-mariana.
A5) Oltre al moderato neosedevacantismo di Don Enrico Roncaglia, dal respiro monastico ma di carattere critico, abbiamo il neosedevacantismo intransigentista del Sodalizio Sacerdotale Mariano, che, sebbene di indole giuridica, catechetica e missionaria, per molto tempo è stato generalmente inficiato da un permanente spirito di autosuggestione vittimistica e da un’errata e piuttosto velenosa concezione dello zelo pastorale, sordo alle esigenze della mortificazione interiore ed esteriore non solo di fronte a Dio, ma anche al prossimo. Nonostante ciò, pare che grazie ad una purificazione permessa da Dio stesso ed attuata da ex sostenitori ora impegnati in un tagliente e satirico contro-apostolato, il carattere kerigmatico del Sodalizio si sia rettificato sull’esempio del vaticanista e fine conoscitore dei codici linguistici Dott. Andrea Cionci, che, a partire dal coraggioso coming out di Don Alessandro Minutella – doppiamente scomunicato e ridotto allo stato laicale, quasi fosse, per la Santa Sede, un novello pericoloso scismatico – e dalla denuncia mossa dal latinista Fra Alexis Bugnolo in merito agli stranamente evidenti e gravi errori grammaticali ed espressivi nella Declaratio dell’11 febbraio 2013 del pur dottissimo Benedetto XVI, ecco che Cionci, per primo, ha proposto un’ermeneutica linguistica del c.d. “Codice Ratzinger” per dimostrare come Benedetto stesso abbia condotto una controffensiva al mondialismo basata sulla sottigliezza linguistica, almeno a partire da quando si è strategicamente ritirato in sede impedita, dopo lo scandaloso ricatto architettato dai suoi nemici quando nel 2013 vennero bloccati i circuiti swift dei conti vaticani.
Per essi risulterebbe congeniale – persistendo in un lungo bagno di umiltà soprattutto per i sacerdoti e le anime sotto il loro vaglio carismatico – la trasformazione del condiviso sentimento di zelo in una militanza compatibile con la fenomenologia ascetica tradizionale cattolica.
A6) Escludendo i sedeprivazionisti legati al Caso Siri, abbiamo due tipi di sedevacantisti classici, dei quali fanno parte anche una ventina di vescovi ordinati con legittima successione apostolica, ma non residenziali, dunque sprovvisti di regolare giurisdizione (non possono consacrare altri vescovi residenziali e nemmeno indire un Concilio Ecumenico, mancando per essi il Papa), ovvero:
A6.1) i non una cum “simpliciter”, che si appoggiano sul can. 188 par. 40 del Codice di Diritto Canonico benedettino del 1917 e constatano la sede vacante ipso facto, senza ulteriori decreti, a motivo dell’apostasia;
A6.2) i non una cum legati all’IMBC (Istituto Mater Boni Consilii presso Verrua Savoia) come Mons. Stuyver, sostenitori dell’utile Teoria del Cassiciacum, la quale afferma che i sacerdoti, i vescovi ed il Papa stesso, dalla riforma delle formule di ordinazione e di consacrazione nell’immediato postconcilio, sono tali solo materialmente e non formalmente. Acquisterebbero la piena giurisdizione solo “sub condicione”, sotto condizione di rinnegare gli errori del Concilio Vaticano II, in particolare il liberalismo e l’ecumenismo, più volti condannati dal Magistero Ufficiale fino al 1958. È bene far notare, diversamente dalla concezione ilemorfica dell’Istituto (che applica i concetti di forma e di materia all’ecclesiologia), che cosa ben diversa è un “Papa materialiter”, ovvero – potremmo dire – un “Papa Conciliare”, da un laico, allo stesso modo in cui la presenza della materia senza forma è ben differente dall’assenza sia della materia che della forma: nel primo caso, infatti, si ha una potenza senza attualità, mentre nel secondo non abbiamo neanche la potenza. Bisogna pertanto concludere che, a rigore, il laico non ha lo stesso status canonico di un Papa Conciliare, il quale, a sua volta, non possiede lo stesso status canonico di un Sommo Pontefice come nel preconcilio.
Auspicabilissimo sarebbe l’esercizio dell’umiltà intellettuale e carità pastorale almeno nei confronti dei sedeplenisti. Risulta assolutamente necessario lavorare in sinergia particolarmente con Mons. Viganò ed i vescovi più in comunione con Sua Eccellenza per l’organizzazione di un Concilio Ecumenico che consenta l’applicazione concreta – non intransigentista alla maniera dei suareziani di fine Ottocento e dello spirito del Denzinger, ma integrista alla maniera del pensiero controrivoluzionario di Mons. Eduard Pie e di San Pio X – ed adeguatamente pubblicizzata del Cassiciacum e del principio del “sub condicione”.
A7) Nell’ultimo gruppo abbiamo i sedicenti cattolici “woke” di centro-sinistra che gli schiettamente sionisti “teocon” di centro-destra, oltre che una buona fetta di consacrati e vescovi associati o comunque aderenti allo spirito della massoneria (rappresentato oggi dal transumanesimo scientista delle Ur-Lodges, del World Economic Forum, del Gruppo Bildelberg, di Scientology e di tutte le logge massoniche e gruppi paramassonici, esoterici e settari), del modernismo (rappresentato oggi dal progressismo teologico della Mafia di San Gallo, delle linee guida sia della didattica nella quasi totalità dei seminari vescovili che delle iniziative pastorali nelle relative diocesi) e del mondialismo (rappresentato oggi dall’orgoglioso neo-nicolaismo relativistico delle lobby LGBT, da tutti i pubblici ufficiali, amministratori, liberi imprenditori e cittadini in aperta opposizione al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, al precedente Presidente degli U.S.A. Donald Trump, al Presidente ungherese Viktor Orban e alcuni altri). Per tutti costoro, fondamentale si rivela il sofferto ma deciso e concreto cammino di conversione, la disponibilità alla penitenza, l’accoglienza della Redenzione, per ottenere una generosa riabilitazione sociale sotto regolare direzione ed obbedienza sacerdotale. Per i casi più gravi sarebbe opportuno applicare sanzioni penali speciali comminate da un Nuovo Tribunale Ecclesiastico composto da degni giudici ed avvocati canonici convocati ad hoc.
Concedendo come assioma la morte di Benedetto XVI, la strategia più interessante per ripristinare l’antica coesione ecclesiale, compresi i cristiani scismatici più ragionevoli, come gli ortodossi ed i protestanti carismatico-conservatori, gli unici vescovi che possono indire un Concilio sono quelli regolarmente incardinati in una diocesi. Ora, la quasi totalità dell’episcopato è in comunione – piena o formale o materiale -, con Francesco I, mentre una manciata di vescovi celebrano senza nominare Francesco (sedevacantisti) oppure senza dichiarare se lo nominano o meno (sedeplenisti).
A questo punto, se si volesse indire un Concilio per dirimere tutti i vari problemi esplosi a partire dalla morte del Venerabile Papa Pio XII, sarebbe necessario, per il Diritto Canonico del 1917 (sebbene riformato sotto Giovanni Paolo II), trovare almeno tre vescovi titolari di diocesi che chiamino tutti i vescovi “materiali” a ricevere l’episcopato “sub condicione” di rinnegare tutto ciò che nei documenti del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi successivi va contro la tradizione attraverso un triplice giuramento: antimassonico, antimodernista ed anche antimondialista. Attualmente l’unico vescovo che abbia la possibilità di dare facilmente il buon esempio è Mons. Viganò, formalmente vescovo titolare.
B) IL FU JOSEPH RATZINGER
Dando credito ai tanti santi profeti del passato – Padre Verdino d’Otranto, San Vincenzo Ferrer, Helena Wallraff, l’Abbé Souffrant, la Beata Anna Katharina Emmerick, la Beata Anna Maria Taigi, San Giovanni Bosco, Papa San Pio X, Marie-Julie Jahenny, Alois Irlmaier, la Beata Elena Aiello, giusto per citarne alcuni – pare che Benedetto XVI sia ancora vivo. Nonostante tale tesi possa sembrare frutto di speculazioni di fantaecclesiologia, essa è oggi supportata da molti laici rimasti scetticamente impressionati dai funerali di Benedetto XVI svoltisi presso la Basilica di San Pietro il 5 gennaio 2023, oltre che da diversi particolari del presunto corpo di Ratzinger fotografato poco tempo dopo l’annunciata morte, denunciando gravi incorrispondenze con i tratti osservabili in altre recenti foto di Benedetto ancora in vita.
Qualora egli si trovasse oggi, come profetizza Marie-Julie, in un “secondo esilio”, dopo un falso funerale (un po’ nella condizione di un pirandelliano Mattia Pascal), e poi venisse aiutato a completare la sua conversione intellettuale con un pubblico mea culpa, potrebbe poi trovarsi nella condizione – sostenuto da un esemplare precedente atto di coraggio di Mons. Viganò – di essere universalmente confermato Vescovo di Roma, e dunque Papa – ora anche dai sedevacantisti che possono così annunciare la sede ripristinata – , e dunque ordinare egli l’indizione di un Concilio che rappresenti oggi un Nuovo Tridentino. Avrebbe anche il potere di convocare gli ortodossi come veri vescovi ufficiali. Ricordiamo che anche per i sedevacantisti essi hanno l’apostolicità, sebbene siano dichiarati eretici e scismatici dal tradizionalismo più stretto.
Ma c’è un ulteriore problema: qualora ci fossero prove reali della sua sopravvivenza, potrebbe darsi che la sua condizione, come afferma Andrea Cionci nel suo libro-inchiesta “Codice Ratzinger”, possa presentarsi come una vera e propria prigionia politica e dunque egli fosse ricattato a tal punto da non riuscire a muoversi o comunque ad uscire da tale condizione.
A tali condizioni, è chiaro che il Concilio potrebbe paradossalmente essere indetto, oltre che da Mons. Viganò, solo da regolari vescovi ortodossi con sede titolare, compresi gli uniati cattolici sedevacantisti della Chiesa Cattolica Greco-Ortodossa Ucraina (COGCU o Patriarcato Cattolico Bizantino), dichiaratamente non in comunione né con Francesco I che con Benedetto XVI e scomunicati dalla Congregazione per la Dottrina della Vera Fede nel 2012.
C) CONCILIO TRIDENTINO SECONDO E TRIONFO DELLA CHIESA
Chiaramente in estremissima minoranza nel mondo ortodosso, il Patriarca Elia ed i membri della COGCU non potrebbero porre le condizioni di partecipazione per gli ortodossi al Concilio alla maniera dei sedevacantisti dell’IMBC. Dunque, l’unico modo per riuscire nell’intento di ricollegare, come direbbe Giovanni Paolo II, i due polmoni della cristianità sarebbe quello di consentire la possibilità agli ortodossi di porre un veto ai cattolici romani nell’elezione del prossimo Papa. Questo a patto di diventare tutti almeno uniati, cioè di accettare definitivamente il Concilio di Ferrara-Firenze, utilizzando gli scritti della Serva di Dio e terziaria domenicana Luisa Piccarreta – applauditi dal suo stesso confessore straordinario Sant’Annibale Maria di Francia, lo stesso Papa San Pio X (nel 1914 disse che “L’Orologio della Passione” della Piccarreta era da dare subito alle stampe e da leggere in ginocchio), San Padre Pio, il Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo e molti altri – come ponte teologico tra il tomismo classico cattolico e la patristica ortodossa. Ma per giungere a ciò, risulta logicamente necessario che Benedetto XVI sia sopravvissuto.
Per quanto riguarda il Messale, al di fuori del canone del cattolicesimo romano (perennemente intoccabile per decreto di San Pio V – dunque i sacerdoti quando celebrano in rito romano possono usare il Messale riformato dal Venerabile Papa Pio XII e non quello di Giovanni XXIII), rimane sempre la possibilità, ove non ci fosse veto, della riforma delle liturgie alternative già approvate nel preconcilio, abolendo ufficialmente il divieto di intercomunione tra cattolici ed ortodossi.
Nel frattempo, in sessioni dedicate ai cattolici romani, i vescovi conciliari che vogliono rientrare dall’apostasia accettano di ricevere la consacrazione formale e sostanziale ed a volte anche l’ordinazione (se sono più giovani), che per i sedevacantisti sono invalide (a parte il battesimo).
Un esempio sarà, a detta di molte anime mistiche, lo stesso Francesco I, che, come Sant’Ippolito, se con umiltà accetterà di essere deposto dal seggio petrino – con la promessa della massima tutela da ulteriore fango mediatico – in quanto canonicamente antipapa oltre che secondo la “Universis Dominici Gregis” di Giovanni Paolo II, soprattutto secondo la bolla “Cum Ex Apostolatus Officio” di Papa Paolo IV -, potrà chiedere di ricevere nuovamente l’ordinazione sacerdotale ed episcopale, sebbene non della sede romana se non come vescovo ausiliare del legittimo Papa sia a motivo delle irregolarità canoniche nel Conclave del 2013 che nell’eventualità che Benedetto XVI sia ancora vivo e che venga, a diritto – dopo aver compiuto il pubblico mea culpa -, ristabilito come Vescovo di Roma e Sommo Pontefice, come richiesto dalla Tesi del Cassiciacum.
Intanto procederebbero i lavori perché le varie dispute su Filioque, purgatorio ed altri teologumeni (opinioni teologiche storicamente diverse) siano risolte.
Infine, il problema della comunione durante il canone della Messa, finché non sarà veramente morto Benedetto XVI, non sussisterebbe. Marie-Julie porta ad intendere che egli non scapperà da Roma prima della metà dell’anno 83, ove la critica profetica fa coincidere l’inizio della computazione degli anni dalla data della morte della stigmatizzata bretone, ovvero il 1941, facendoci presumibilmente giungere a primavera 2024.
Il problema dell’una cum sussisterebbe invece dall’eventuale successiva e documentata morte di Benedetto XVI, qualora – nel conclave nel quale gli ortodossi che potranno porre il veto sulla prima elezione ai cattolici romani -, venga eletto un antipapa, sebbene buono e santo a detta di alcune importanti rivelazioni private (cfr. Beata Katharina Emmerick). Marie-Julie parla invece di lunghi mesi di sede vacante. Una volta morto anche questo (anti)papa uniato – detto “secondo legame della fede” (probabilmente martire, come dice Marie-Julie), ecco che se i nuovi uniati non si decideranno a rispettare l’accordo sull’esclusività dell’applicabilità del veto al solo primo concistoro e non ai successivi, pare – in particolare secondo la Beata Anna Maria Taigi – che interverrà “lo sdegno di Dio Padre Onnipotente e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo”, i quali, con somma sorpresa dei cardinali elettori, sceglieranno essi stessi il degno e sospirato Pontefice Santo – detto Angelico -, che completerà, in tempi di grande tribolazione, la dolorosa opera di riunificazione dell’Orbe Cristiano sotto un solo Pastore e Vicario di Cristo, facendo approvare l’ultimo dogma mariano – proclamante Maria come Corredentrice, Mediatrice e Avvocata – richiesto dalla Signora di Tutti i Popoli ad Amsterdam in un appello alla veggente Ida Peerdeman (1905-1996), consacrando definitivamente la Russia al Cuore Immacolato di Maria e morendo, insieme al Re di Francia, martire a Gerusalemme durante l’ultima Crociata che egli stesso indirà contro il falso profeta e la bestia apocalittica, per poi gloriosamente risorgere ed ottenere la vittoria e la pace per tutti i superstiti.
“Io dico a Ciro: «Mio pastore»; ed egli soddisferà tutti i Miei desideri, dicendo a Gerusalemme: «Sarai riedificata»; e al Tempio: «Sarai riedificato dalle fondamenta».”
(Libro di Isaia 44,28)