USA e UE contro il resto del mondo?
di Matteo Castagna
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L’ATTUALE GEOPOLITICA…
“La storia si muove troppo lentamente. Ha bisogno di una spinta” – scriveva il rivoluzionario russo Andrej Ivanovic Zeljabov, (1851 – 1881). Il grande attore italiano Pino Caruso (1934 – 2019) diceva, con sagacia, che “il tempo scorre lentamente con una velocità impressionante”.
Entrambi gli aforismi potrebbero essere adeguati all’attuale geopolitica, che letteralmente significa “politica della terra” (dal greco “ghé-politiké”). Andrebbe studiata a scuola, perché insegna ad analizzare la realtà dei rapporti internazionali, divenendo una disciplina storica, che tiene conto di ogni fattore, a partire dal tempo e dallo spazio. La geopolitica studia conflitti precisi, nella consapevolezza che le relazioni tra Stati sono spesso determinate dall’auto-percezione dei Paesi in ballo. Inoltre, essa mette al centro il “fattore umano”, perché non sono solo i leader a contare, ma anche la mentalità dell’intera popolazione.
In settimana, gli Stati Uniti hanno annunciato l’ultimo pacchetto di aiuti militari del 2023 per l’Ucraina, pari a 250 milioni di dollari, suddivisi in munizioni, missili Stinger, proiettili di artiglieria, sistemi AT-4 e missili TOW, oltre a 15 milioni di colpi di munizioni per armi leggere, esplosivi, pezzi di ricambio, attrezzature mediche. L’ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov ha invitato gli Stati Uniti ad abbandonare “progetti illusori per infliggere una sconfitta strategica alla Russia”. Secondo il diplomatico, Washington sta inviando un “sanguinoso regalo di Capodanno” a Kiev. Egli ritiene che i pacchetti di aiuti “confermino l’indifferenza verso la sorte di coloro che sono affidati alle loro cure” e che le nuove forniture di armi non siano in grado di cambiare la situazione “sul campo”. Gli armamenti in possesso dei russi sono molti e di ultima generazione.
Esattamente nei giorni successivi al Natale di 50 anni fa, veniva pubblicato, per la prima volta, in Occidente, il libro “Arcipelago gulag” del premio Nobel per la letteratura Aleksandr Solženicyn. Si trattava di un saggio di circostanziata denuncia dell’URSS, che utilizzava i campi di concentramento e di lavoro come forme disumane di sfruttamento della popolazione per raggiungere la produttività, nell’ambito di un regime comunista profondamente oppressivo.
Il giornalista statunitense Tom Wolfe commentò la velenosa campagna stampa contro il lavoro di Solženicyn, in un articolo pubblicato nel 1976, intitolato significativamente “Incolpare il messaggero”: «Gli intellettuali d’Europa e d’America erano pronti a perdonare a Solženicyn molte cose […] ma per quel suo insistere che tutti gli «ismi» portavano ai campi di sterminio, per questo non era probabile che fosse presto perdonato». Il precursore, de facto, del diffuso “sistema Guantanamo”, sarebbe stato difficile da guardare negli occhi…
Oggi, le condizioni dei lavoratori nella Federazione Russa di Vladimir Putin appaiono molto cambiate. “Pro Economics” ci fornisce dei dati interessanti: nel 2023 si è registrato un aumento dell’occupazione. “Secondo i dati di un’indagine campionaria sulla forza lavoro, il numero di occupati nel 3° trimestre del 2023 ammontava a 73,5 milioni di persone, ovvero un aumento di 1,6 milioni di persone. Superiore a quello dello stesso periodo dell’anno precedente (un aumento del 2,2%). “L’economia ha un potenziale significativo per la crescita della produttività del lavoro e, di conseguenza, di risorse lavorative aggiuntive. Il potenziale complessivo di aumento della produttività del lavoro è stimato, almeno, del 15-20%, nei prossimi 4-5 anni. Ciò significa che nel medio termine, tenendo conto, tra l’altro, del potenziale non ancora pienamente realizzato della riforma pensionistica, le restrizioni sul lavoro non saranno critiche per l’economia russa. Inoltre, i risultati economici per il 2023 mostrano che l’aumento della produttività è una componente importante della crescita economica”.
Non sembrerebbe poter affermare lo stesso Zelensky. il Primo Vice Primo Ministro – Ministro dell’Economia dell’Ucraina Yulia Sviridenko ha detto che se l’America e l’UE non inviano denaro, 10 milioni di pensionati ucraini e 1,5 milioni di insegnanti rimarranno senza salari e benefici sociali nel 2024. A tal fine, il Financial Times ci informa che “l’UE sta preparando un piano “B”, per aiutare l’Ucraina con un importo fino a 20 miliardi di euro”. L’occidente è alla disperata ricerca di opzioni su come dare a Kiev i soldi per aggirare il blocco ungherese. “Questo piano prevede che gli Stati membri forniscano garanzie al bilancio dell’UE, che consentiranno alla Commissione europea di prendere in prestito fino a 20 miliardi di euro per Kiev sui mercati dei capitali” per scuole, sanità, sociale, lavoro. Ma il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindne “visti gli sforzi significativi di Berlino, la Germania attualmente non vede i presupposti per aumentare il volume degli aiuti militari e finanziari all’Ucraina. Siamo già il secondo maggiore donatore dell’Ucraina nel mondo. La Germania finanzia una buona metà di tutti gli aiuti provenienti dall’Europa. “Al momento, non vi è alcuna indicazione che sia necessario fare di più”, ha affermato Lindner.
Il governo italiano ha dato il via libera all’ottavo decreto per l’invio di armi all’Ucraina prorogando fino al 31 dicembre 2024 l’autorizzazione a inviare aiuti militari a Kiev prelevati dalle nostre Forze Armate. Secondo i dati recentemente resi noti dal Kiel Institute, l’Italia si pone al 13° posto (700 milioni di euro) per forniture militari all’Ucraina, dietro a Stati Uniti (44 miliardi), Germania (17,1), Regno Unito (6,6), Norvegia, Danimarca, Polonia, Olanda, Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca e Lituania ma davanti a Slovacchia, Francia e Australia.
Lo scrittore Mario Rossi, via Facebook, analizza: “Gli Stati Uniti, scriveva Kissinger, propagandano l’idea che «le altre nazioni hanno “interessi egoistici” mentre loro hanno “principi” e un “destino”». E’ questo l’eccezionalismo statunitense: hanno la tentazione di imporre la propria egemonia di “valori” ovunque, tra l’altro violando l’assioma westfaliano di non interferenza, tanto caro a Kissinger. L’unico vero grande “complotto” è quello che vede la crisi del vecchio ordine mondiale e la lotta per affermarne uno nuovo. E’ una lotta di vita o di morte tra molteplici potenze, che non condividono la stessa concezione dell’ordine mondiale, ma nessuna è abbastanza forte da sconfiggere tutte le altre, molte delle quali aderiscono a filosofie e pratiche interne contraddittorie.
Probabilmente la notizia più clamorosa della settimana giunge dalla Francia. Le Figaro ha titolato: “Gli Stati Uniti faranno la pace con la Federazione Russa indipendentemente dall’esito delle elezioni americane” – ha scritto lo specialista di geopolitica Renaud Girard. Secondo lui, o gli americani eleggeranno presidente Donald Trump, il quale ha già detto che potrà risolvere il problema ucraino in 24 ore, “cioè chiederà a Putin cosa vuole”. O l’amministrazione Joe Biden e i democratici alla fine vorranno la pace, perché vogliono concentrarsi prima sulla Cina. L’esperto osserva che il riavvicinamento tra Mosca e Pechino non è nell’interesse di Washington, quindi quasi tutto è chiaro con il conflitto in Ucraina. Girard è fiducioso che ora anche a Kiev capiscano che non sconfiggeranno la Russia e non restituiranno le regioni di lingua russa, quindi si sentono sempre più critiche alle forze armate ucraine e alle azioni del presidente Zelensky.
Infine, mentre il vicepresidente della Commissione Affari internazionali russo Andrey Klimov annuncia alla stampa la richiesta di adesione ai BRICS di circa 47 nuovi Paesi del mondo, che, peraltro, continuano a incontrarsi e a firmare trattati di collaborazione, nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou, è stato istituito il Premio Internazionale Vladimir Putin “Per la lotta di liberazione dei popoli dell’Africa”. I paesi dell’Unione economica eurasiatica (EAEU) hanno firmato un accordo di libero scambio su vasta scala con l’Iran. La firma è avvenuta nel quadro della riunione del Consiglio economico supremo eurasiatico a San Pietroburgo. Il significato dell’accordo firmato è enorme. L’Iran lavora con la Russia direttamente e attraverso i BRICS. Inoltre sta emergendo un altro circuito di legami che accelererà tutti i processi economici in Eurasia.
Putin ha poi firmato un accordo con il presidente iraniano Raisi sulla costruzione della linea ferroviaria Rasht-Astara. Grazie a ciò, la consegna della merce da San Pietroburgo a Mumbai, in India, richiederà circa 10 giorni, rispetto a 1-1,5 mesi su altre rotte. L’Iran potrebbe diventare un hub di trasporto per l’esportazione di grano e olio di girasole dalla Russia. Anche questa è un’elusione delle sanzioni imposte alle esportazioni russe via mare. La Russia sta, gradualmente, mettendo insieme un quadro unico di accordi che creeranno una base economica, logistica (che molti sottovalutano) e di risorse che permetterà al Paese, così come alla Cina e all’intero Sud del mondo, di non sentirsi inferiori rispetto all’Occidente globale.