Migranti, rinfreschiamo la memoria
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LE INTERVISTE AGLI IRREGOLARI DANNO RAGIONE A CHI VUOLE FERMARE L’INVASIONE
Con la bella stagione aumenta il traffico illegale di esseri umani nel Mediterraneo e con esso arrivano inevitabili anche i naufragi, che ormai sono i soli eventi che riportano all’attenzione dell’opinione pubblica un fenomeno al quale ormai ci siamo assuefatti.
Grazie anche alla propaganda asfissiante e martellante degli anni passati ormai nessuno osa più puntare il dito sulla moderna tratta di carne umana che, complici le Ong, oltre a somigliare in maniera imbarazzante al commercio di schiavi di qualche secolo fa rappresenta un pericolo enorme per la tenuta e la sopravvivenza delle nostre società italiana ed europea.
E’ allora il caso di ricordare uno studio del 2020 di Global Initiative, una organizzazione non governativa con sede a Ginevra che ha come missione la denuncia e la lotta contro il crimine organizzato transnazionale, la quale ha intervistato 1.600 emigranti illegali lungo le rotte migratorie tracciate dai contrabbandieri di uomini.
Si stima che circa il 90 per cento degli emigranti illegali ricorra a una organizzazione per raggiungere la destinazione scelta. Viaggiare clandestinamente è difficile: bisogna sapere come muoversi, quali itinerari scegliere, come procurarsi documenti falsi e come aggirare i controlli di frontiera e quelli delle forze di sicurezza dei paesi che si attraversano, dove alloggiare, quali mezzi di trasporto utilizzare.
Ovvio che nessuno sarebbe in grado, da solo, di superare queste difficoltà, da qui la scelta di affidarsi ai contrabbandieri, i quali si fanno pagare da alcune migliaia di dollari a decine di migliaia. Il prezzo varia in funzione della distanza da percorrere, delle difficoltà da affrontare, del tipo di trasporto scelto, dei documenti necessari. Va da se che chi è i grado di pagare simili cifre non è un povero derelitto, secondo la vulgata buonista.
A questo si aggiunge lo studio dell’Undp, il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, commissionato per accertare quali siano i motivi reali che hanno portato in Europa centinaia di migliaia di emigranti irregolari africani, pubblicato nel 2019. col titolo “The Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe”.
Questa volta le interviste sono state 1.970 a persone in 13 stati europei, originarie di 39 paesi africani. Anche qui le risposte smentiscono quanto comunemente si sostiene a proposito dell’emigrazione irregolare dall’Africa all’Europa poichè tutti gli intervistati hanno dichiarato di aver viaggiato servendosi di canali irregolari, in altre parole affidandosi a organizzazioni di contrabbandieri di uomini, e di averlo fatto non perché spinti dalla necessità di chiedere asilo; il che è sorprendente anche per chi sa che la maggior parte delle richieste di asilo sono prive di fondamento e vengono respinte.
Molti emigranti non erano affatto poveri in patria e non avevano un basso livello di istruzione, sempre secondo il rapporto. Che i poveri non possano sostenere il costo elevato di un viaggio clandestino è stato accertato da tempo ma lo studio dell’Undp dice di più: 9 intervistati su cento andavano a scuola al momento della partenza; 49 su cento avevano un lavoro e in media avevano frequentato la scuola per almeno tre anni più dei loro coetanei. Inoltre, per quanto circa il 50 per cento abbia detto di non guadagnare abbastanza, quasi tutti percepivano in patria una buona retribuzione, superiore alla media.
La molla che li ha spinti a emigrare è molto forte dal momento che Il 41 per cento degli intervistati ha dichiarato che niente li avrebbe dissuasi dal partire e 93 su cento hanno raccontato di aver corso dei rischi durante il viaggio, ma solo 2 su cento hanno detto che se avessero saputo che cosa li aspettava avrebbero rinunciato al progetto di emigrare irregolarmente. Molti oltre alle motivazioni di carattere economico hanno aggiunto il disagio dovuto a governi ingiusti e corrotti, il senso di impotenza a fronte di sistemi politici che non creano sviluppo, che mantengono la gente nella povertà.
Fa riflettere che se non tutti gli interpellati desideravano vivere definitivamente in Europa, due fattori li inducevano a restare. Tra quelli che hanno trovato una occupazione, alcuni spedivano a casa del denaro: meno di un terzo di quel che guadagnavano, ma equivalente a circa l’85 per cento di quel che guadagnavano in patria. Tornare a casa farebbe venire meno questo contributo ai famigliari, considerata la difficoltà di reinserimento nella vita economica e sociale soprattutto per chi torna senza risorse.
Nel caso di chi non ha un lavoro la vergogna di aver fallito, di non aver realizzato il progetto di inviare rimesse alle famiglie e alle comunità rappresenta il principale fattore che impedisce di rientrare in patria. Vale soprattutto per il 53 per cento degli intervistati che dicono di aver ricevuto qualche forma di aiuto finanziario da parenti e amici per sostenere le spese del viaggio in Europa. Per non parlare di quelli che pur di raggiungere il loro Eldorado hanno derubato i propri familiari.
In conclusione I risultati delle due indagini danno ragione chi vuole fermare gli emigranti irregolari anche perchè quelli di loro che trovano un lavoro regolare danneggiano coloro che invece prova a emigrare seguendo regole e percorsi legali alimentando una tratta ormai saldamente in mano alle mafie che traggono dal turpe traffico miliardi di dollari.